“Signurì, il Napoli ha vinto, la Juve ha perso, il sangue di San Gennaro si è squagliato: questo caffè lo offro io!”
(“Signurì, il Napoli ha vinto, la Juve ha perso, il sangue di San Gennaro si è sciolto; questo caffè lo offro io!”)
Il barista di Attanasio, in piedi dietro il bancone, mi sorride. La vecchia vetrina a specchio dietro di lui – piena zeppa di bottiglie di amari, graziosi ninnoli e improbabili testimonianze di devozione alla squadra di calcio di Napoli – mi fa pensare al ‘Bar delle Folies Bergère’ di Manet, ma la domanda successiva “riccia o frolla signurì?” mi riporta subito a Napoli. Una profumata sfogliatella a forma di conchiglia, insieme a un espresso, mi viene servita proprio davanti.
Napoli, la mia città, è fondata su leggende di sirene e galanteria stracciona, astuzia esasperante e gentilezza disinteressata, vicoli fuligginosi e luce dorata barocca.
Napoli, con i suoi maestosi palazzi nobiliari erosi dal disordine della strada; Napoli, dove il profumo frizzante del golfo incontra l’odore appiccicoso delle fritture all’aperto; Napoli, nei cui chiostri silenziosi le grida dei ragazzi riecheggiano e vengono portate in strada dal vento.
Per vivere veramente Napoli, bisogna partire dalle sue glorie originarie: il Museo Archeologico Nazionale nel Palazzo degli Studi del XVI secolo e, con vista sulla città e sul Mar Mediterraneo, l’imponente Palazzo Reale di Capodimonte. Perditi nelle loro stanze fresche in riverente riflessione per ore, osservando magnifici frammenti di civiltà cristallizzata.
Poco più in giù, l’arteria pulsante della città, le strade basse chiamate Spaccanapoli dai locali, si snoda davanti a noi.
Palcoscenico sia della grandezza che della miseria cittadina, Spaccanapoli, come una goccia d’ambra, racchiude l’anima di Napoli: la chiesa del Gesù – ex Palazzo Sanseverino – con la sua maestosa facciata in bugnato; la Basilica di Santa Chiara del XIV secolo, austero sepolcro della famiglia Angiò; la “rivale” Basilica di San Domenico Maggiore, enclave dorata della nobiltà aragonese; e il sinuoso mistero del Cristo Velato – conservato tra degni contrappunti come gli orripilanti esperimenti alchemici del Principe di Sansevero, l’anima nera del popolo.
Ma si trovano anche il Bar Nilo, con il suo altare al neon per il “Pibe de Oro” Diego Armando Maradona; la caleidoscopica Via di San Gregorio Armeno, dove i virtuosi del presepe gareggiano tra il sacro e il profano con Bergoglio e Ciro Immobile; e Michele ai Tribunali, dove sotto un arco annerito, per non più di 5 euro, puoi ricevere quello che i locali chiamano “le 3 C: Comm Cazz Coce”: crocchè, frittate, baccalà e verdure, avvolti in carta oleata, fritti al momento e, va da sé, bollenti.
A pochi passi da lì, veniamo accolti dal Pio Monte della Misericordia, custode di uno dei grandi capolavori dell’arte moderna, che per stile e soggetto ben si adatta alla nostra città: Le Sette Opere di Misericordia del Caravaggio.
L’eterogeneità di Napoli si manifesta anche in cucina: dalla Pescheria Azzurra al Mercato della Pignasecca, dove tra un pescivendolo rivale e l’altro, è possibile, su tavoli traballanti e con l’odore di acqua salmastra, gustare un fantastico “cuoppo di mare” (un capolavoro dello street food napoletano), così come spaghetti alle vongole e tarallo sbriciolato (il parmigiano dei poveri!); da Concettina ai Tre Santi, il patron Ciro Oliva sta rivoluzionando il mondo della pizza; alla Taverna dell’Arte, dove i napoletani più importanti pranzano, il ragù genovese e napoletano sono rivoluzionati dal tocco dello chef Marco di Martino.
Se alla fine della giornata ti va uno spritz, l’anima di Napoli ti accoglie: arriviamo al Borgo Marinari, l’antico ghetto dei pescatori che sorge ai piedi di Castel dell’Ovo. Qui, tra i ristoranti turistici, il Barcadero Cafè riposa ancora in quella che una volta era una grotta per gozzi. È qui – dietro le chiacchiere dei pescatori che riparano amorevolmente le loro reti a fine giornata e un piccolo altarino votivo di Santa Lucia interamente costruito di conchiglie – che il dondolio delle barche e il tramonto rosa ci accompagnano nella serata.
(E se hai bisogno di un posto dove stare, Casa D’Anna ai Cristallini, Primo Piano Posillipo, Atelier Inès e Artemisia Domus sono quattro opzioni fantastiche.)