Quando avevo undici anni, io, mio fratello e mia madre abbiamo visitato la Reggia di Caserta – una residenza reale che storicamente apparteneva ai Borbone delle Due Sicilie e che è anche conosciuta come la Versailles d’Italia. Dopo aver ispezionato attentamente le stanze e essermi assicurata che tutto fosse di mio gradimento, ho detto a mia mamma: “Quando sarò grande, voglio una casa come questa.” Ovviamente, come in ogni importante storia umana, il destino mi ha riservato qualcos’altro: dall’alloggio universitario con un solo bagno (condiviso con altre sei ragazze!) a un buco senza ascensore né aria condizionata, ma con un geco domestico di nome Sauro.
Quella passione per la grandezza e la maestosità, però, è ancora dentro di me. Da allora, ho sempre preferito spazi ariosi pieni d’arte, storia e bellezza. Ne ho trovata una di queste perle nella poco battuta zona del Vallo di Diano, un fertile bacino in Campania al confine con la Basilicata. Proprio qui, a Padula (in provincia di Salerno), sorge la Certosa di San Lorenzo, dichiarata Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 1998.
Come suggerisce il nome stesso, la Certosa di San Lorenzo è un complesso che fu costruito per l’ordine religioso dei Certosini, uno degli ordini monastici più rigorosi della Chiesa Cattolica, votato alla solitudine e al silenzio. La Certosa di San Lorenzo, la Certosa di San Martino a Napoli e quella di San Giacomo a Capri sono le uniche tre certose in Campania. La Certosa di Padula, però, è la più grande d’Italia e una delle più grandi d’Europa.
Prima ancora di mettere piede nella Certosa, queste dimensioni considerevoli avevano già soddisfatto la maggior parte delle mie aspirazioni e preferenze personali. Scoprire che è arricchita da circa trecentocinquanta stanze (!) e dal chiostro più grande del mondo mi ha fatto sentire di nuovo come una bambina con quella meravigliosa purezza della scoperta.
Più che un semplice complesso monastico, la Certosa è una piccola città che prese vita nel lontano 1306. Secoli e secoli di avventure e cambi di mano hanno creato questo luogo pieno di fascino che vediamo oggi.
Forse questi ultimi anni hanno lasciato una profonda frattura in ognuno di noi o forse perché non mi sono mai piaciute le folle (e perché il cibo della zona è così buono), la Certosa di Padula è un vero rifugio per quelli come me che cercano pace, un respiro ampio e lento. Bisogna essere davvero pazienti per visitarla, perché è facile perdersi qualcosa nei suoi 51.000 metri quadrati. I Certosini (e l’ordine femminile delle Certosine) sapevano cosa stavano facendo, tanto da ottenere un aggettivo specifico nel vocabolario. È un ordine resiliente, molto austero, forse il più severo e contemplativo di tutti. Secondo le loro regole ben codificate, anche il luogo da loro scelto deve riflettere il loro stile di vita. Così la struttura della Certosa di Padula è divisa in due grandi aree funzionali: la dòmus infèrior, o “la casa bassa”, con spazi dedicati al lavoro, come l’orto, la farmacia, la biblioteca, le stalle, i granai e le cucine; e la dòmus supèrior, “la casa alta”, con spazi dedicati alla contemplazione e le residenze dei Padri (“i Padri”) – un regno di silenzio e isolamento.

Poiché la Certosa si trova in Campania, ogni dettaglio porta il segno e la testimonianza di appartenere a un luogo eccezionale: il pavimento della biblioteca è ricoperto di mattonelle di Vietri (piastrelle dipinte a mano in sfumature di blu); la chiesa ha stucchi (“stucco”), pavimenti in maiolica e altari marmorei tipici del Barocco Napoletano; e la scala ellittica, sul lato occidentale del complesso, è interamente realizzata in pietra di Padula, una pietra tipica della zona del Cilento ampiamente utilizzata in scultura e architettura. Questa costruzione monumentale è stata uno dei motivi specifici per cui ho visitato la Certosa. In effetti, chiamarla scala non le rende giustizia: ha una doppia rampa, costruita nello stile vanvitelliano– uno stile barocco molto ricco e maestoso – per collegare i due livelli del chiostro. Guardandola da vicino ti fa sentire davvero piccolo. Sembra un po’ quelle scale delle fiabe Disney, solo che è più aperta: ci sono sette enormi finestre che si affacciano su un giardino all’italiana, rendendo questo posto incredibile ancora più etereo e incantato.
Credo di aver passato quasi mezz’ora a contemplare questo posto e il suo panorama, ed è stato proprio in quel momento che ho capito perché i Certosini sono così inflessibili nei loro obblighi monastici. Il loro motto latino “stat crux dum volvitur orbis” significa “la croce sta ferma mentre il mondo gira”. Guardare il mondo attraverso quelle finestre mi ha dato l’impressione di essere dentro qualcosa di immobile, imperturbabile, ignaro di ciò che accade al di fuori delle sue mura secolari.
Mentre fissavo i giardini, mi sono trovato un po’ invidioso dei Certosini, proprio come, all’età di undici anni, invidiavo i re e le regine napoletani che vivevano nella Reggia di Caserta: vivere in questi posti non deve essere stato per niente spiacevole, nonostante le privazioni. Anche se i Certosini sono dediti al silenzio, a rinunciare al mondo e a ogni vanità, riescono comunque a vivere in pace, accettando la rinuncia con maturità e gioia. Tra le mura della Certosa si respira un senso di serenità davvero raro, ma sono i piccoli giardini a regalare le emozioni più vive. E quello del priore, tra tutti, ti fa tornare indietro di quattro secoli. Il giardino privato, ad uso esclusivo del priore della Certosa, è accessibile direttamente dal suo quarto (“alloggio”). Potrebbe essere definito più di un giardino: forse un vero e proprio chiostro su cui si affacciano alcune delle celle dei Certosini. Camminare in questo posto, ammirando la loggia dipinta con scene bucoliche e di vita marina, è la cosa più vicina a un sogno che ci possa essere: il fruscio degli alberi, il volo di qualche rondine e un intenso profumo di fiori antichi.
Sono un po’ triste che la Certosa di Padula non sia più attiva. Ci sono solo 24 certose nel mondo ancora abitate dai Certosini, di cui solo quattro in Italia: due ordini maschili (la Certosa di Serra San Bruno in provincia di Vibo Valentia e la Certosa di Farneta in provincia di Lucca) e due ordini femminili (la Certosa di Vedana vicino a Belluno e la Certosa della Trinità in provincia di Savona). Qualcuno potrebbe chiedersi quale sia lo scopo dell’esistenza imperterrita del loro ordine al giorno d’oggi, ma visitare una di queste meraviglie toglie ogni dubbio. La contemplazione e la meditazione non sono l’antitesi della bellezza: anzi, si nutrono e si arricchiscono a vicenda.
Trovo estremamente affascinante che “noi” siamo così tanti, un po’ alla deriva in questo mondo pazzo, e “loro” siano così pochi, raccolti nel silenzio, scegliendo una vita solitaria. Forse, proprio per questo, i Certosini esistono coraggiosamente nel mondo moderno: fanno scelte controcorrente, lontane da ciò che la maggior parte delle persone cerca. Prendono la forte decisione di vivere secondo regole che potrebbero sembrarci incomprensibili e obsolete – noi che siamo presi dalla modernità, seguendo le mode a ogni costo, correndo per stare al passo coi tempi, togliendo tempo a ciò che è veramente importante, cioè noi stessi e il valore dei legami umani.
Eppure, visitando la Certosa di Padula, nulla sembrava obsoleto. Mi sono ritrovato a camminare lungo il portico del grande chiostro, chiedendomi come sarebbe vivere una vita fatta di giorni tranquilli, tutti uguali, senza quegli obblighi impellenti a cui tutti sono sottoposti quotidianamente. Per un lungo momento, ho dimenticato lo splendore della Reggia di Caserta e il mio desiderio infantile di essere “importante”, e sono rimasto sorpreso nel realizzare che forse, dico forse, la vera fortuna sta nella semplicità di una vita modesta.
Avrei voluto incontrare uno dei Certosini per chiedergli perché, come, dove. Anche se il fascino di questi luoghi sta probabilmente nella consapevolezza e nella testimonianza di un passato glorioso che è quasi scomparso, ma non per questo meno importante.
Se stai programmando una visita, ti consiglio di approfittare dei periodi in cui non c’è folla – primavera o autunno. Secondo la mia esperienza, il momento migliore della giornata per godersi appieno la meravigliosa luce che filtra attraverso i giardini è il tardo pomeriggio. Dopo la tua visita, per coronare il tutto, dirigiti verso il Fattoria Alvaneta, a pochi chilometri dalla Certosa: cenerai immerso nel verde e ammirerai un panorama mozzafiato.