Lungo il cristallino Adriatico, in provincia di Chieti, le onde si infrangono su un tratto d’Abruzzo peculiare, selvaggio e affascinante, conosciuto come Costa dei Trabocchi, che inizia nel caratteristico borgo marinaro di Ortona e attraversa San Vito Chietino e Fossacesia fino a raggiungere Vasto e la meravigliosa Riserva Naturale di Punta Aderci. Ma non è il possente castello aragonese del primo né le tranquille praterie del secondo a essere i simboli più emblematici del litorale. Piuttosto, sono i trabocchi a dare a questa parte dell’Abruzzo il suo carattere e il suo nome.
Simili alle creature fantastiche e insettiformi di Tim Burton (aka i ragni), queste antiche macchine da pesca si estendono sul mare, avanzando lentamente lungo un tratto di costa di 54 chilometri. Nonostante la loro rozza forma di palafitta sia rimasta immutata nei secoli, i trabocchi abruzzesi hanno subito negli anni diverse metamorfosi fino a diventare, nella loro forma più attuale, ristoranti di successo.

La costruzione per mano di agricoltori e non marinai
I trabocchi sono realizzati in acacia spinosa, un legno estremamente elastico e resistente alla salsedine, e la struttura è costituita da una piattaforma sospesa sul mare, ancorata alla costa rocciosa tramite una passerella di assi fissate saldamente tramite picchetti conficcati nelle rocce. Bracci di legno, detti “antenne”, sostengono le reti, mentre, al centro, c’è un argano ricavato da un tronco d’albero. Sebbene la configurazione a forma di ragno sembri affidarsi all’equilibrio e alla fortuna, i sostegni sono attentamente progettati per mantenere il trabocco in piedi, ma abbastanza flessibili da seguire le correnti marine e resistere alla loro forza senza crollare. Dietro la loro ingegneria c’è un assemblaggio ingegnoso attentamente concepito dai primi “traboccanti”, quei pionieri contadino-marinari che racchiusero la resilienza di un popolo all’interno di strutture in legno.
L’origine dei primi trabocchi è ancora incerta: alcune fonti sostengono che risalgono al 1200, mentre altre, tra cui lo studioso e abruzzese Pietro Cupido, ipotizzano che le prime strutture siano apparse intorno al 1627. La versione più accreditata, invece, propone che i primi trabocchi furono costruiti tra il XVIII e il XIX secolo e, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, per uno scopo molto diverso dalla pesca.
All’inizio del secolo, i governanti borbonici della regione lanciarono una massiccia campagna per disboscare e coltivare i terreni per l’agricoltura nell’Italia centrale, portando a un eccesso di legname e altri materiali per il commercio. Gli studi suggeriscono che la mancanza di strade a lunga percorrenza lungo la costa adriatica abbia spinto alla costruzione di queste piattaforme, utilizzate per l’attracco delle navi mercantili costiere che poi trasportavano il legname e altri prodotti agricoli ai mercati della Dalmazia, del Regno di Napoli e la Repubblica di Venezia. Pertanto i primi trabocchi furono eretti non da marinai ma da contadini, spinti inizialmente dalla necessità di creare un magazzino per il legname in eccesso derivante dai lavori di bonifica. Successivamente, quando gli stessi contadini desiderarono una fonte di reddito alternativa durante i periodi di inattività nei campi, i manufatti trovarono un altro scopo: la pesca.
Ed è questo che amo della storia delle origini del trabocco: i suoi primi costruttori non furono marinai, né pescatori esperti, ma piuttosto agricoltori, uomini della terra, che, spinti dalla necessità, ebbero il coraggio e l’ingegno di reinventarsi, trovando il modo di sopravvivere attraverso la pesca evitando i pericoli del mare aperto (secondo le tradizioni locali, molti di questi contadini non sapevano nemmeno nuotare!).
Nacque così il ruolo del “traboccante”, colui che presidiava il trabocco. Il ruolo principale del traboccante era certamente la pratica della pesca, con un metodo detto a vista, caratterizzato dall’osservazione e dallo studio diretto dei pesci e del mare. Guardando dall’alto del trabocco, il pescatore identificava i banchi di pesci, valutava le correnti marine e prendeva decisioni oculate su dove posizionare le reti. Questi traboccanti originari vantavano una profonda conoscenza delle acque locali, delle abitudini dei pesci e delle mutevoli condizioni dei venti e delle maree, senza che fosse necessaria una sosta in mare. E il loro lavoro non finiva qui: i trabocchi diventavano una seconda casa, e mantenerli e prendersene cura era fondamentale.

D’Annunzio e i traboccanti di ieri e di oggi
“Dall’estrema punta del promontorio destro, sopra un gruppo di scogli, si protendeva un trabocco, una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simile a un ragno colossale.”
–Trionfo della Morte, Gabriele D’Annunzio
Nell’estate del 1889 soggiornò a San Vito Chietino il celebre poeta e abruzzese Gabriele D’Annunzio. Lì, tra il sussurro delle onde e le ombre proiettate dai trabocchi sul mare, nacque una delle sue opere più illustri: “Trionfo della Morte”, 1894. Nel romanzo parla del Trabocco Turchino e del suo primo traboccante e, grazie anche alla prosa del poeta, questo trabocco è diventato un emblema della costa e motivo di orgoglio per la comunità locale.
“Il Trabocco Turchino è il nostro tesoro, il nostro onore e la nostra responsabilità”, dichiara Rosalinda Flamminio, assessore al turismo di San Vito Chietino, unico comune della costa a possedere un trabocco di proprietà pubblica. “È un frammento della nostra cultura e tradizione. Preservarlo, difenderlo e raccontarne la storia è nostro dovere”, prosegue, spiegando la scelta dell’amministrazione di investire nel suo mantenimento. Il Trabocco Turchino viene mantenuto nella sua forma originaria grazie anche ai fondi nazionali del FAI – Fondo Ambiente Italiano – e utilizzato per eventi, visite guidate e attività di divulgazione storica e promozione del turismo locale. I trabocchi si trovano anche in Molise e nel Gargano, in Puglia, (dove vengono chiamati “trabucchi”), ma l’Abruzzo è l’unica regione con una legge che ne regola l’utilizzo come attività di ristorazione.
Comprendere l’origine e la storia dei trabocchi è fondamentale, così come riconoscerne l’evoluzione nel tempo. In passato un singolo trabocco poteva rappresentare l’unica fonte di sostentamento per più nuclei familiari. Eppure, a causa dei profondi cambiamenti dei fondali e delle variazioni climatiche avvenute nel corso degli anni, si è verificata una notevole diminuzione del numero dei pesci di barriera e, di conseguenza, delle catture ottenute sui trabocchi. In quanto tali, le strutture non sono più economicamente sostenibili, incapaci di sostenere le famiglie che prima dipendevano interamente da loro.
Gli antichi guardiani del mare in legno hanno quindi assunto una nuova vocazione: questa volta come ristoranti. Pochissimi di questi ristoranti sui trabocchi sono ancora gestiti da famiglie che discendono dai traboccanti originari; la maggior parte è gestita da nuovi proprietari che hanno acquistato i diritti sulla struttura o sul suo funzionamento. Ciononostante, la loro riemersione nella cultura abruzzese ha permesso alle strutture di essere riscoperte da un pubblico più vasto, e il trabocco, nella sua veste moderna, assume una duplice identità: da un lato attrazione turistica, dall’altro ristorante, popolare sia tra la gente del posto che tra i turisti.
“Ho creduto in questa idea fin dall’inizio”, afferma con orgoglio Gabriele Nardone, titolare del ristorante Trabocco Punta Fornace, famoso per i suoi deliziosi scialatielli allo scoglio e la frittura di paranza. “Nonostante la sfida di gestire un ristorante su un trabocco, esposto alle intemperie e alle mutevoli condizioni meteorologiche, oltre che a una burocrazia non sempre ben definita, ne vale la pena ogni giorno”, mi dice, “sono gratificato dalla curiosità dei turisti che, dopo aver assaggiato i nostri piatti locali, spesso chiedono di conoscere la storia dei trabocchi, della nostra costa e della nostra terra”.
La soddisfazione qui è duplice: Nardone è in grado di offrire un’esperienza culinaria unica nel suo genere e allo stesso tempo contribuisce alla preservazione della storia e del patrimonio culturale dell’Abruzzo, perché il trabocco chiude i battenti del ristorante e riapre come macchina da pesca durante l’inverno.

Courtesy of Trabocco Punta Fornace
Sebbene la maggior parte dei trabocchi lungo la costa siano stati trasformati in punti di riferimento culinari, è ancora possibile trovare alcune strutture di proprietà privata, oltre al già citato Trabocco Turchino di proprietà pubblica.
Mario Altobelli, quarantunenne – custode e manutentore ufficiale del Trabocco Turchino dal 2017 – racconta con nostalgia: “Sono cresciuto guardando i traboccanti al lavoro. Ricordo che mia madre ci chiamava la domenica mattina per raggiungerla sul trabocco, dove lei aveva preparato il pranzo con amici e parenti, mentre noi bambini facevamo le bizze perché volevamo restare a giocare in spiaggia…e pensare che adesso, incredibile, paghiamo per cenare su un trabocco!”
Mario parla con passione di quella che la sua compagna chiama scherzosamente la sua “amante”: il trabocco che da sei anni è sotto le sue cure.
“Tutto quello che so, l’ho imparato con l’esperienza. Non esistono manuali, quindi è fondamentale continuare a parlare dei trabocchi, a divulgarne la storia e ad insegnare ad altri come prendersene cura. La vecchia generazione di traboccanti sta lentamente scomparendo, anche tra la gente della mia età,” condivide Mario. Dice che non appena sarà abbastanza grande trasmetterà l’arte del trabocco a suo figlio, in quello che ritiene sia un passo cruciale nell’obiettivo di preservare e condividere l’identità dei trabocchi.

Trabocco Punta Rocciosa
La Costa: Non Solo Trabocchi
Per chi desidera esplorare ulteriormente la Costa dei Trabocchi, tra pittoresche scogliere e spiagge dorate, da non perdere è la “Via Verde”. Questa pista ciclabile, realizzata lungo un ex tracciato ferroviario in riva al mare, offre panorami mozzafiato sul mare e sui trabocchi lungo un percorso di circa 42 chilometri; nel 2023 per la partenza del Giro d’Italia è stato scelto il tratto da Ortona a Fossacesia.
Al di là della ricca storia dei traboccanti e del loro mare, chiunque arrivi qui troverà una terra che da tempo merita di stare sotto i riflettori, una terra che racchiude segreti, leggende e tradizioni che echeggiano attraverso gli stretti vicoli dei villaggi di pescatori e le spiagge assolate. Ci sono deliziosi frutti di mare e vini locali, ulivi secolari e la gente abruzzese: genuina, accogliente, forte e gentile.

Via Verde