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Toni Servillo: la grande bellezza del raccontare il Novecento italiano

5 ruoli iconici di Servillo in personaggi realmente esistiti

“Mi interessa sempre centrare la cifra simbolica di un personaggio. È quello che ho provato a fare con Andreotti per Sorrentino e con il Papa per Bellocchio: mettere al servizio di un’impalcatura drammaturgica importante, che racconta un periodo storico, un personaggio che abbia soprattutto una forte valenza di tipo simbolico.”

 

–Toni Servillo

Un vassoio per la colazione con frittelle, salsa e una tazza su un letto disordinato in una stanza d'albergo a luce soffusa; lampada sul comodino, loghi a destra. Hotel d'Inghilterra Roma, Starhotels Collezione - Vassoio per la colazione con pancake, sciroppo e frutti di bosco su un letto stropicciato in una camera elegante.

È il 25 novembre del 2020: il New York Times stila la lista dei più grandi attori del ventunesimo secolo: all’appello un solo italiano posizionato al settimo posto, Toni Servillo. Nella motivazione si legge che l’attore è stato “l’avatar centrale nell’indagine di Sorrentino della corruzione e dell’ipocrisia, ma anche dell’improbabile gloria e dell’assurda resilienza dell’Italia moderna.” Si loda, soprattutto, la sua capacità di aver incarnato due leader politici estremamente diversi come Giulio Andreotti nello scabroso e satirico Il Divo e Silvio Berlusconi nell’epico e stranamente tenero Loro. Come un attore shakespeariano, Servillo è stato in grado di catturare perfettamente tutte le sfumature di personaggi reali o di fantasia, attingendo dalla sua lunga esperienza di regista e attore teatrale. La sua voce, il suo sguardo, il suo eloquio, il suo fascino e la sua credibilità in qualsiasi ruolo interpreti sono gli elementi che ne han fatto il più ambito tra gli attori italiani contemporanei. Oltretutto, la sua straordinaria abilità mimetica, con la quale entra nel mondo dei suoi personaggi, rappresenta probabilmente la ragione per cui è stato spesso scelto per interpretare personaggi realmente esistiti.

Non potendo raccontarvi tutti i suoi ruoli più iconici sul grande schermo, abbiamo deciso di focalizzare la nostra attenzione proprio su cinque interpretazioni di altrettanti fondamentali personaggi sulla scena italiana del Novecento. Il duplice intento è quello di restituire visibilità a titoli “meno noti” (perlomeno se comparati con il Premio Oscar La Grande Bellezza o il candidato agli Oscar E’ stata la mano di Dio) e celebrare la sua capacità di interpretare al meglio personaggi realmente esistiti.

1. Eduardo Scarpetta (Napoli, 1853-1925)

Qui rido io (2021) di Mario Martone

Eduardo Scarpetta fu probabilmente il più importante attore teatrale operante a Napoli a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Toni Servillo lo omaggia magistralmente in “Qui rido io” di Mario Martone, regista al quale lo lega un rapporto privilegiato in ambito teatrale, ancor prima che cinematografico. Lo Scarpetta di Servillo è un patriarca amorale, capostipite di una famiglia-tribù di attori e attrici: tra i suoi figli illegittimi Eduardo, Peppino e Titina De Filippo che, eredi di un patrimonio creativo inestimabile, inizieranno a muovere i primi passi nel teatro proprio accanto a Scarpetta. Il biopic racconta il successo e il declino di questo carismatico commediografo, la cui grandezza rischiò di essere compromessa dalla battaglia legale che gli intentò Gabriele D’Annunzio, a seguito della parodia della sua La figlia di Iorio (1904). Il racconto di colui che diventerà Eduardo De Filippo serve altresì ad illustrare il cruciale passaggio da una forma più tradizionale di intrattenimento teatrale alla più sofisticata concezione contemporanea.

“Io ho immaginato Scarpetta come un animale. Gli animali predano ma non predano a caso, tracciano i contorni di un limite nel quale stabiliscono di fare la loro caccia. Le sue prede sono le donne, il teatro, le città, le tournee, i testi in uno scambio straordinario di vita e palcoscenico. Quest’affresco ci dimostra di quanta vita sia fatto il teatro e quanto teatro ci sia nella vita.”

Con queste parole Servillo sintetizza l’essenza della sua interpretazione. Toni ha qui l’occasione magnifica per un attore di raccontare un altro attore, intento a celebrare la vita proprio nell’atto di svolgere il suo mestiere. Servillo diventa così al contempo narratore (e sostanzialmente) autore di un personaggio che, a sua volta, narra e scrive, dando forma ad un prisma meta-teatrale che strega e affascina. 

Rome where La Grande Bellezza was filmed

2. Luigi Pirandello (Agrigento, 1867 – Roma, 1936)

La stranezza (2022) di Roberto Andò

Ne La stranezza, Servillo migra verso un cinema più popolare interpretando un altro autore fondamentale del teatro italiano seppur di tutt’altra natura: Luigi Pirandello. 

Nel film Pirandello è in Sicilia per festeggiare gli ottant’anni di Giovanni Verga, ma percepisce dentro di sé “la stranezza”, una strana forma di crisi creativa in cui i suoi stessi personaggi iniziano a popolare i suoi giorni. Ecco che, nuovamente, lo spazio della vita e quello del teatro si intersecano e si confondono. Da questa “stranezza” che, in fondo, è vivido straniamento, prodromico di creatività, vedrà la luce Sei personaggi in cerca d’autore, una delle opere più rivoluzionarie nella storia del teatro mondiale.  Similmente all’opera pirandelliana dell’assurdo, La Stranezza è una fantasia sull’atto creativo, sull’ispirazione: un viaggio sospeso tra la vita reale dello scrittore e l’invenzione fantastica.

“In un anno e mezzo, non avrei mai immaginato di fare due film sul teatro con due registi a me cari che, come me, sono uomini di teatro. Qui rido io e La stranezza sono due film diversi tra loro che vanno ben oltre l’omaggio al mondo teatrale. Parlano della gioia della vita, la celebrano in tutti i suoi aspetti”.

Così Servillo commenta un’interpretazione che, seppur molto diversa dalla precedente, non può prescindere da una comparazione. Ciò che più si apprezza, anche in questa sede, è la straordinaria capacità dell’attore di mostrare l’uomo accanto all’artista: un uomo inquieto, fragile e in ascolto della sensibilità popolare, dunque lontano dalla tipica immagine monumentale di persona schiva e distaccata. Nel film osserviamo il drammaturgo partecipare alla vita sociale di Girgenti e intrattenersi in spassose conversazioni sul teatro con Nofrio e Bastiano, due attori amatoriali interpretati dal meraviglioso duo comico di Ficarra e Picone. Non sarebbe fuorviante affermare che la scelta di far incontrare nello stesso film Servillo e il duo siciliano abbia rappresentato essa stessa un tentativo di riconciliare Pirandello (e Servillo) con un gusto più popolare, nella migliore accezione del termine (è stato il miglior film italiano al box office nel 2022, contro ogni più rosea aspettativa).

Il regista Roberto Andò considera La stranezza un film per un “pubblico in cerca d’autore” ed è proprio attraverso gli occhi e i gesti di Servillo che noi spettatori riusciamo a restituire vitalità e umanità ad un autore tanto determinante per la letteratura italiana.

3. Pope Paul VI (Concesio, 1897 – Castel Gandolfo, 1978)

Esterno Notte (2022) di Marco Bellocchio

Dopo i palcoscenici teatrali, Servillo entra poi addirittura nelle stanze papali di San Pietro attraverso il cardinal Montini, Papa Paolo VI. A dirigerlo ancora un grande maestro del cinema italiano come Marco Bellocchio. Qui il regista estende il suo discorso, iniziato con il film Buongiorno, notte (2003), sul rapimento di Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana, partito più importante nell’Italia del dopoguerra. Quando fu chiaro che una “via politica” al rilascio di Moro non sarebbe stata efficace, Paolo VI, come Papa e come amico dell’onorevole, tentò una “via Vaticana”. Purtroppo, il politico verrà ritrovato morto il 9 maggio del 1978.

Al contrario dei casi precedenti, Servillo ha qui l’incombenza di dover restituire credibilità ad un personaggio che i mezzi televisivi hanno visto in azione e che probabilmente qualcuno ancora ricorda. Nuovamente, però, ci viene mostrato soprattutto il dietro le quinte di un uomo tanto in vista a livello politico oltre che ecclesiastico. Nello sguardo perso nel vuoto di Servillo, scrutiamo un uomo che soffre un po’ del dover essere non solo persona ma anche personaggio, in virtù del ruolo del quale è stato investito (ritornano echi pirandelliani). Questo Paolo VI è un uomo provato dalla sofferenza fisica per via delle sue difficoltà respiratorie che, nel tentativo di salvare il suo amico, affronta anch’egli, come il politico, una sua personale Via Crucis. Nessuno potrà mai sapere se la morte di Moro abbia potuto peggiorare il suo stato di salute, ma è un fatto che il Papa morirà per un edema polmonare appena tre mesi dopo il leader politico.

Come spiega Servillo: ““Marco Bellocchio regala un’avventura conoscitiva. Paolo VI ricorda figure importanti della drammaturgia: deve sopportare il conflitto tra il senso della responsabilità e la misericordia.” Nei suoi incontri risulta alquanto imperturbabile, ma serba nel cuore il travaglio della solitudine e la consapevolezza di non poter contare sull’appoggio delle forze politiche (in primis del Presidente Andreotti di cui parleremo a breve). Con poche parole Servillo cattura a meraviglia l’estrema difficoltà del Papa nel dover raggiungere persone lontanissime da lui, trovando il giusto linguaggio per penetrare i loro cuori. 

Photography by Gina Spinelli

4. Giulio Andreotti (Roma, 1919 – 2013)

Il Divo (2008) di Paolo Sorrentino

“Un regista freddo, impenetrabile, senza dubbi, senza palpiti, senza mai un momento di pietà umana. Indifferente, livido, assente, chiuso nel suo cupo sogno di gloria. Ha conquistato il potere per fare il male come sempre ha fatto il male nella sua vita.” Queste le dure parole tratte dai memoriali di Aldo Moro a proposito dell’onorevole Giulio Andreotti, Presidente del Consiglio all’epoca del suo rapimento e protagonista del capolavoro Il Divo di Paolo Sorrentino. È l’uomo che a Giovanni XXIII, predecessore di Paolo VI, pare ebbe a dire: “mi permetta, Santità, ma lei non conosce il Vaticano”. Non sono note le circostanze in cui queste parole vennero proferite, ma ciò alimenta ulteriormente l’aura di mistero e la leggendarietà da cui, a distanza di anni, è ancora circonfuso il politico italiano.

È questo probabilmente il ruolo che, complice la presentazione a Cannes, rese lo stesso Servillo un divo della cinematografia mondiale, ancor prima de La Grande Bellezza. Sorrentino realizza un film vistoso su un uomo sobrio e ombroso ed è proprio Servillo ad incarnare, con la sua forza mimetica, il carattere ondivago del film e del personaggio che interpreta. Si potrebbe dire ritragga Andreotti come un uomo in bianco e nero che, dietro l’apparenza di qualcuno che non colora la vita del Paese, ne traccia in realtà ogni minimo e apparentemente insignificante dettaglio. Sebbene sia stato coinvolto in un elevatissima quantità di processi, incluso quello “del Secolo” per collaborazione mafiosa, Andreotti non si può dire abbia mai incontrato ostacoli nella sua ascesa politica, rivestendo il ruolo di Presidente del Consiglio per ben sette mandati.

 Il giornalista Indro Montanelli avrà a dire di Andreotti: “delle due l’una: o lei è il più grande, scaltro criminale di questo Paese, perché l’ha sempre fatta franca; oppure è il più grande perseguitato della storia d’Italia”. Nelle vesti di Servillo, trasfigurato ma fortemente espressivo, si manifesta tutta questa contraddizione: c’è, infatti, intorno a lui l’aura di un personaggio quasi mefistofelico nella sua proverbiale misteriosità. Servillo è a tal punto Andreotti che si avverte quasi la tentazione di raggiungerlo per strappare tutte le confessioni alle quali il politico seppe resistere fino alla morte.

5. Silvio Berlusconi (Milano, 1936 – )

Loro (2018) di Paolo Sorrentino

“Prima di questo film, con Paolo ho avuto la fortuna di fare Il Divo, e quindi ho avuto la possibilità di mettere continuamente a confronto l’uno con l’altro, visto che anche qui si trattava di interpretare un personaggio reale, nonché un politico controverso. Quell’Andreotti era un personaggio introverso e segreto che si muoveva quasi solo nei palazzi della politica. Questo Berlusconi, invece, è un divo opposto, estroverso, che con la sua presenza occupa in maniera ossessiva l’interiorità di chi tenta affannosamente di imitare il modello con le azioni senza riuscirci”.

Il film ci riporta al 2007, quel momento in cui l’istrionico Cavaliere era stato sconfitto alle elezioni politiche per una manciata di voti e, da questa sorta di Eden-mausoleo in Sardegna, voleva ritornare nei palazzi del potere. Per far ciò dovette “convincere” sei senatori non appartenenti alla sua coalizione politica a passare dalla sua parte, così da far cadere il Governo e ritornare al potere. Non è una coincidenza che, in una scena in cui vuol testare la sua capacità oratoria, orgogliosamente dichiara “Io conosco il copione della vita”.

Per quanto possa risultare paradossale, il personaggio incarnato da Servillo è qui più facilmente accostabile a Scarpetta che non ad Andreotti: Berlusconi è un istrione, un attore capacissimo in attesa del suo rientro trionfale in palcoscenico. 

Partendo dall’assunto che su Berlusconi si sia già detto tutto, Sorrentino ne indaga qui, attraverso Servillo, le più recondite paure, tra cui l’invecchiare, il morire e il non essere restituito all’immortalità che auspicherebbe per se stesso. Silvio è un personaggio buffonesco che si aspettava di poter essere l’uomo più ricco d’Italia, di fare il premier e che anche tutti lo amassero alla follia. Come già accaduto con Andreotti, Servillo imita voce e movimenti facciali del politico, per restituire lo spirito edonistico di questo uomo pateticamente carismatico.

È una storia tutta italiana, dopotutto, anche la sorte del film, oggi sparito dalla circolazione: già assente su tutte le piattaforme streaming, non è mai stata pubblicata in Italia un’edizione home-video. Pensate che nel film l’ex moglie Veronica Lario (una superba Elena Sofia Ricci) rinfaccia al politico: “Non ti è mai interessato degli italiani: ti è sempre interessato solo di te stesso. Arrivato al governo hai svenduto la cultura, le speranze della gente, la dignità delle donne. Sei solo una lunghissima e ininterrotta messa in scena”. C’è chi, dunque, ha avuto interesse a far sparire dalla mente e dai ricordi quest’opera: riuscite a immaginare chi possa essere stato?

Castel Gandolfo