Taranto non è la Puglia romantica che i visitatori hanno cercato negli ultimi anni. Ma è una città in fiore con il potenziale per diventare una capitale creativa del sud Italia, se le si danno le giuste energie e investimenti.
La Città dei Due Mari – chiamata così perché si affaccia sia sul Mar Ionio (il Mare Grande) che su un corpo d’acqua interno (il Mar Piccolo), separati da un canale su cui è costruito un ponte girevole – è stata afflitta da una narrazione unilaterale che l’ha vista solo come la casa dell’Ilva, una volta il più grande stabilimento siderurgico d’Europa. Fondata nel 1961, questa acciaieria a ciclo completo continua a coprire le aree circostanti con un sottile strato di polvere rossa di minerale di ferro, rende le acque vicine inadatte all’allevamento di frutti di mare e ha dato alla città tassi di cancro tra i peggiori al mondo. Qui, ampie viste sul mare (che non hanno nulla da invidiare ai vicini Porto Cesareo o Gallipoli) creano un contrasto visivo particolarmente stimolante con gli altiforni e le strutture della fabbrica – un’immagine quasi distopica.
Eppure chi vive a Taranto e conosce meglio la città sa che non è solo l’Ilva. La città di 200.000 abitanti è un posto vivace e vibrante, pieno di iniziative contemporanee soprattutto nel campo delle arti visive, e dal 2019 è stata inclusa nell’elenco delle Città d’Arte italiane, un altro passo per superare il suo stereotipo.
Taranto, insieme ad altre città simili con un vasto potenziale inutilizzato, è un esempio perfetto di terreno fertile per lo sviluppo – poco consumato dalla frenesia della globalizzazione, dalla fretta e dagli alti costi della vita. È in posti contraddittori come questi che fiorisce un senso di comunità e nuove iniziative danno nuova vita. E, mentre sempre più giovani scelgono la città per la sua convenienza, Taranto sta sicuramente iniziando un nuovo capitolo, incanalando le sue energie verso la promozione delle attività creative.
IL DNA DI TARANTO
Il DNA stesso di Taranto parla da sé. Pensa, ad esempio, alle attrazioni storiche nel centro storico: la Cattedrale barocca di San Cataldo regge il confronto con le chiese più famose di Lecce, Bari o Trani. Il Castello Aragonese, noto anche come Castel Sant’Angelo, che si trova al bordo del centro storico, di fronte al Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTa), offre una passeggiata suggestiva sulla piccola isola collegata alla terraferma da un ponte girevole e dal Ponte di Porta Nuova. Numerosi sono anche i palazzi storici – vedi Palazzo Pantaleo, Palazzo Brasini e Palazzo de Beaumont Bonelli – e le gallerie d’arte.
Alcuni potrebbero paragonare la città pugliese a Napoli, sia per l’atmosfera che per le somiglianze architettoniche e storiche: l’Ilva trova il suo corrispettivo campano nel sito dismesso di Bagnoli. In Taranto there is, as in the capital of Campania, an excavated hypogea, underground rooms used as places of worship or burial. In the Cathedral of San Cataldo, you can admire the Chapel of the Blessed Sacrament in which several sculptures by Giuseppe Sammartino, the artist of the Veiled Christ of Cappella Sansevero in Naples, find their home. Taranto too links its history with mythology and mermaids: for Naples, it’s Partenope; for Taranto, Skuma, a beautiful local girl whose name translates to “foam” in dialect. The legend tells of a fisherman’s wife, who, in a moment of weakness, betrays her husband. He throws her into the sea in a fit of rage, but she’s saved by the mermaids, who, fascinated by her otherworldly beauty, crown her their queen and name her Skuma because she was carried by the waves.
E anche se molti conoscono le isole di Napoli – Ischia, Capri e Procida – pochi conoscono le tre di Taranto, le cosiddette Isole Cheradi – San Paolo, San Pietro e San Nicolicchio. Quest’ultima era chiamata u’ squegghie (lo scoglio) dai pescatori e un tempo ospitava un’abbazia di rito greco dedicata a San Nicola di Myra; l’isola, tuttavia, è stata demolita con l’espansione del porto commerciale.

L’AVVENTO DELL’INDUSTRIA
Ovviamente, una città come Taranto non può esimersi dalla sua storia industriale: l’acciaieria fu ufficialmente aperta nel 1965 e, come nel caso di Bagnoli a Napoli, fornì lavoro a una percentuale notevole di residenti e non residenti; al suo apice, la fabbrica impiegava più di 10.000 persone. Era uno dei gioielli della corona del boom economico del dopoguerra, rifornendo non solo l’Italia settentrionale ma metà dell’Europa di ferro e acciaio – portando con sé, però, il rovescio della medaglia. I pugliesi conoscono certamente il disastro ambientale causato dallo stabilimento e il conseguente numero di morti e malattie: a causa dell’esposizione dei lavoratori all’amianto e dei cittadini alla tossicità dei rifiuti nell’aria e nel mare, Taranto ha visto un aumento dei decessi per cancro, cancro ai polmoni e cancro cerebrovascolare; i tassi di mortalità per cancro ai polmoni qui sono del 30% superiori alla media e quelli per malattie respiratorie raggiungono addirittura il 50% sopra la media.
Nel 2012, l’Ilva è stata sequestrata dalla magistratura per “gravi violazioni ambientali”, ma è stato un po’ un sequestro finto perché tutti sapevano, e sapevano da anni, dei problemi causati dallo stabilimento. Il governo e i giornali l’hanno chiamato “un casino all’italiana”.
Oggi l’Ilva mica è chiusa, ma ha ridotto un sacco la produzione; dei cinque altiforni che c’erano all’inizio, ne funziona solo uno adesso. È nella merda, ma la fabbrica è troppo importante e strategica per lasciarla fallire, quindi è in un limbo politico e burocratico. Da una parte, la gente vorrebbe che fosse smantellata, come è successo a Bagnoli, dall’altra ci sono troppi interessi in ballo, soprattutto a livello politico ed economico – per non parlare del fatto che smantellare un posto del genere costerebbe un botto di soldi.
Ci sono stato in fabbrica un paio di anni fa, e la sua dimensione enorme, i colori rossastri e gli altiforni sono davvero impressionanti – ti fa sentire come se stessi attraversando un mondo parallelo, una specie di metaverso distopico senza tempo né luogo.

OLTRE GLI ALTIFORNI: UNO SGUARDO AL FUTURO
Negli ultimi anni, la città si sta dando un gran da fare per staccarsi dall’idea che sia un posto pericoloso, pieno di criminalità, trascuratezza e degrado. E quale modo migliore se non dedicarsi all’arte?
Chi viene a Taranto deve assolutamente andare al Museo Archeologico di cui ti parlavo prima, uno dei più importanti e ricchi di tutto il sud Italia, e anche al MoSa, la mostra storica dell’artigianato nell’Arsenale Militare Marittimo. Poi ci sono le gallerie d’arte. La Saletta dell’Arte è una galleria d’arte moderna che ha ospitato pezzi importanti di artisti come Kristina Milakovic e Mario Schifano, mentre GATA, gestita dai fratelli Domenico e Andrea Sciroccale, è una galleria d’arte contemporanea, residenza, B&B e bar. Art House Action è sia una galleria d’arte moderna e contemporanea che una casa d’aste, e Galleria Margherita è specializzata in arte moderna e antiquariato. Sono tutte raccolte nella parte sud-est della città.
Le iniziative legate alla produzione artistica e alla sua promozione sul territorio non sono da meno: a luglio 2023, la città è diventata un'”isola delle arti” grazie all’evento eyeLAND promosso da Phest, un’associazione culturale che organizza da otto anni il Festival Internazionale di Fotografia e Arte a Monopoli, in collaborazione con il Comune di Taranto. Il festival, durato quasi due mesi, ha visto le strade della città arricchirsi di opere di street art, progetti fotografici e di design, e suoni raccolti dalle strade trasformati in musica, poesia, arte contemporanea e teatro.
Taranto è anche il palcoscenico della Mas Week, che nel 2023 ha avuto la sua quarta edizione: il festival di Architettura, Design e Arte Contemporanea organizzato dallo studio di architettura e ingegneria Modern Apulian Style, dal Comune di Taranto e da Ella APS.
Qui si tiene anche il Festival MAP sulla musica e l’architettura, il Taranto Jazz Festival, il Festival dei Giardini d’Estate, I Due Mari Winefest – insomma, così tanti eventi che Taranto si è guadagnata un altro soprannome: “la città dei festival”.
Taranto si dimostra una città viva, con un potenziale che, se espresso, la renderebbe una delle città più visitate della Puglia, se non del Sud Italia. C’è il potenziale per rendere giustizia alla sua bellezza senza fermarsi solo alle glorie oscure del suo passato industriale. Molti hanno paura di investire in un posto così inquinato e, certo, ignorare quello che è stata e ancora è sarebbe ingiusto, ma questo non significa che la città non possa liberarsi e andare oltre, verso un futuro meno bloccato nella stantia dicotomia Taranto-Ilva.

La Cattedrale di San Cataldo