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Basilicata

Silenzio e Spiriti della Basilicata Orientale

Arrivare all'Isola che non c'è

“[…] il tempo in Basilicata non corre, la gente vive lentamente, e non c’è bisogno del tipo di discoteche che puoi trovare lungo la costa pugliese. La gente in Basilicata respira profondamente.”

Un vassoio per la colazione con frittelle, salsa e una tazza su un letto disordinato in una stanza d'albergo a luce soffusa; lampada sul comodino, loghi a destra. Hotel d'Inghilterra Roma, Starhotels Collezione - Vassoio per la colazione con pancake, sciroppo e frutti di bosco su un letto stropicciato in una camera elegante.

Viaggiare in Basilicata in estate è come raggiungere la fine del mondo. La scrittrice materana Mariolina Venezia ha scritto che “La Basilicata è lunatica. Non lunare, lunatica. D’inverno è tutta gelata e malinconica, e non fai in tempo a riprendere fiato che la trovi gialla e bruciata come l’inferno, cupa per troppa luce e sole cocente.” L’esploratore ideale di questa regione – stretta tra Puglia, Campania e Calabria e sconosciuta al resto d’Italia nonostante si trovi nel cuore pulsante del sud – dev’essere almeno tanto umorale quanto lei.

Ci è voluto un altro scrittore, questo dal Piemonte, per descrivere la sua solitudine nel titolo del suo libro/diario ambientato in Basilicata: Cristo si è fermato a Eboli. Eboli, l’ultima città della Campania, porta d’accesso a un mondo dove tutto sembra indefinito, i treni svaniscono e il tempo gocciola come rivoli d’acqua nelle chiese rupestri di Matera. Per questo, i backpacker la trovano magnifica. Se uno lascia Matera e guida verso la piana metapontina e il Mar Ionio, il paesaggio davanti è un set naturale a cielo aperto. Vagare per le strade provinciali che salgono verso i paesi, isolati sulle colline dai tempi di Federico II e anche prima dei coloni greci, è il modo perfetto per perdersi e ritrovarsi in sintonia con il vento e la natura.

Il caldo di agosto non dà tregua, ma è il momento migliore per assaporare un’insolita estate italiana. A pochi chilometri di distanza, la Puglia con Bari e il Salento pullula di turisti. Su una mappa qualsiasi, la Basilicata semplicemente non esiste. Come ha argutamente fatto notare la giornalista italiana Simonetta Sciandivasci in un longform per il quotidiano italiano Repubblica, nonostante il successo dei film 007 o La Passione, la Basilicata rimane ancora il posto perfetto per un’apocalisse (la morte di Cristo o le esplosioni impressionanti in No Time to Die). Questo perché il tempo in Basilicata non corre, la gente vive lentamente, e non c’è bisogno del tipo di discoteche che si possono trovare lungo la costa pugliese. La gente in Basilicata respira profondamente.

La zona di Matera, invece, respira vita a seconda del tempo. Nel film del 1963 I Basilischi (Le lucertole), la regista Lina Wertmüller racconta un pomeriggio in un piccolo paese lucano (Lucania è l’altro nome della Basilicata, che ricorda la regione dell’Impero Romano) nei primi anni ’60 – il tempo di Morfeo, la dea pagana del sonno, che svuota le strade e lascia i cani raggomitolati lungo le vie ombreggiate. I lucani chiamano questo tempo sospeso controra.

Ancora oggi, i paesi della zona di Matera si addormentano nel pomeriggio per risvegliarsi al tramonto, quando l’aria fresca che soffia dal mare riporta la vita, alza le saracinesche dei negozi chiusi e apre la notte stellata. Proprio perché è poco popolata, la Basilicata è una regione dove di notte basta alzare la testa al cielo e vedere la Via Lattea nei minimi dettagli con le sue stelle e comete – altrove un evento raro grazie all’inquinamento luminoso. Basta una semplice terrazza, come quella che si sporge nel centro storico di Pisticci, per ammirare il firmamento e in lontananza il mare, illuminato dalla luna come se fosse una striscia al neon.

Tutta l’area di Matera, dalla Murgia alla costa ionica, è un patchwork di colline sormontate da piccoli paesi. Alcuni portano nomi greci (Pisticci) e altri medievali (Ferrandina). Sotto il regno di Federico II, la Basilicata si è riempita di castelli da cui i signori locali dominavano la campagna. Non c’è paese che non abbia il suo castello. Quello di Policoro è già visibile dalla strada provinciale, mentre altri si aprono come gemme di pietra tra i tornanti, come se emergessero dalla terra. Lo si vede chiaramente a Craco, un paese abbandonato a causa di una frana negli anni ’60 e ridotto a città fantasma. Oggi, questa Pompei medievale rimane una fortezza vuota arpionata sui crinali di roccia argillosa; si possono ancora vedere la cupola della chiesa di San Nicola, fatta di tegole che sembrano squame, e la grande torre dove i merli gracchiano. Non a caso, il regista e attore Mel Gibson l’ha usata come sfondo in La Passione, un film di culto cristiano degli anni 2000.

La provincia di Matera sorprende il viaggiatore lento, come i fichi pieni di polpa che scoppiano sui rami degli alberi lungo le strade: ti rendi conto che aspettavano la tua mano per essere raccolti dopo aver camminato per miglia sotto le ombre striate dei pini e con il canto delle cicale a conciliare la pennichella pomeridiana. Inaspettata è Tursi, un paesino che conserva un quartiere arabo: la Rabatána (dall’arabo rabad = sobborgo), con il suo piccolo castello in disuso e antichi edifici dai portoni semiaperti. Nel IX secolo, il paesino fu occupato dai Saraceni musulmani. Oggi, i campanili sembrano minareti, e le stradine strette della città vecchia sono un pizzo intessuto dalla pietra locale. Arrivare a Pisticci è come celebrare un allunaggio contemporaneo. Il paese è in cima a una collina d’argilla circondato da calanchi, un terreno secco di rocce sedimentarie simile a quello della luna. In una notte di luna piena nei calanchi, i visitatori possono sperimentare cosa si prova a far parte di una scena di fantascienza o di una storia di streghe: nessuna luce artificiale, solo il potere dell’essenziale, la natura viva.

Nel paese di Pisticci, il labirinto di strade che si snodano attorno a un pugno di case bianche, il cosiddetto Dirupo quartiere, è la metafora perfetta del labirinto che è la tua vita quando, una volta perso, lo sconforto passa e inizi ad amare dove sei perché sei vivo. Solo allora ti capita di vedere una porta aperta, nerissima nel bianco accecante di un muro, e una vecchietta che offre un bicchiere di limonata o una frisella (pane raffermo con olio e pomodoro) al viaggiatore stanco. Succede a tutti in Basilicata. Perché capisci che l’uomo non vive di solo pane, ma anche di luoghi.