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Radicali fiorentini: Il Superstudio e la città

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“Con una semplicità e una particolarità lapalissiana, sorprendentemente plausibili, proponevano piani per prosciugare i canali di Venezia, seppellire Roma sotto un cumulo archeologico, trasformare Napoli in un parco a tema, inclinare tutto a Pisa, ingabbiare Milano e, proposta controversa, allagare Firenze.”

Un vassoio per la colazione con frittelle, salsa e una tazza su un letto disordinato in una stanza d'albergo a luce soffusa; lampada sul comodino, loghi a destra. Hotel d'Inghilterra Roma, Starhotels Collezione - Vassoio per la colazione con pancake, sciroppo e frutti di bosco su un letto stropicciato in una camera elegante.

Nel 1965, Le Corbusier annegò mentre nuotava in Costa Azzurra. Il 5 novembre dell’anno successivo, la città di Firenze fu sommersa dall’alluvione dell’Arno. Il modernismo stava morendo, l’architettura boccheggiava, e mentre l’alluvione del 1966 fu una catastrofe per la città, per altri si rivelò liberatoria; un catalizzatore per i radicali che registrarono un’opportunità di cambiamento nella massa gonfia del fiume. Nelle biblioteche centrali della città, il pugno stretto della storia allentò la sua presa mentre i libri si gonfiavano e si distorcevano, le pagine liberate dai loro blocchi si riorganizzavano, fissandosi alle pareti e ai soffitti in una mappatura del sapere e del tempo caotico. In piazza Santa Croce, l’imponente statua marmorea di Dante si era arenata in un vortice di auto e detriti, mentre l’acqua gli lambiva i piedi. Negli archivi di Stato, i certificati di nascita, matrimonio e morte, i registri di polizia e i documenti amministrativi si erano liquefatti. Intere vite si consolidavano nuovamente con l’acqua da cui provenivano, i documenti si trasformavano in cefalopodi in fuga dal corpo molle che sanguinavano cortine fumogene di inchiostro nero.

Erano le 17.00 quando l’acqua raggiunse lo studio di Cristiano Toraldo di Francia, che aveva trascorso la giornata lavorando al primo Manifesto del Superstudio, beatamente ignaro di ciò che stava accadendo all’esterno. Ideato insieme al compagno di corso Adolfo Natalini, e a cui si unirono in seguito Alessandro e Roberto Magris e Piero Frassinelli, il Superstudio era un collettivo di architettura d’avanguardia unito da una comune disillusione nei confronti delle ortodossie moderniste. Il gruppo voleva ampliare la definizione di ciò che poteva essere l’architettura o, secondo Natalini, “dimostrare che il design e l’architettura potevano essere attività filosofiche, teoriche e provocare una nuova coscienza”. Fin dalla loro prima mostra, questo è esattamente ciò che hanno fatto.

 

Cristiano Toraldo di Francia, Adolfo Natalini, and the Superstudio team

Inaugurata nel dicembre 1966, la Superarchitettura ha contribuito ad affermare la città come fucina di avanguardie. In una mostra congiunta con il collettivo fiorentino Archizoom, essi attinsero dalle frustrazioni dei giovani creativi della città, già radicalizzati dai rapidi sconvolgimenti sociali, economici e ora anche ambientali. “La superarchitettura”, sostenevano, in quella che sarebbe diventata la loro caratteristica voce parodica, “è l’architettura della superproduzione, del superconsumo, della superinduzione al superconsumo, del supermercato, del superuomo e della superbenzina”. La mostra, che si è svolta presso la galleria Jolly 2 di Pistoia, è stata un tripudio di sfarzo dal sapore pop, con sedute astratte e lampade scultoree che fungevano da ibridi tra architettura e arredamento. Si trattava anche di un atto di deliberata inosservanza dell’assioma modernista “la forma segue la funzione”. Negli anni successivi, il gruppo partecipò raramente all’architettura costruita, utilizzando invece disegni, collage, film e mobili per avanzare proposte psichedeliche che mettevano in discussione la natura stessa del design, una sorta di anti-architettura che traeva spunto dai romanzi di fantascienza americani e dalle scosse politiche degli anni Sessanta.

By Garuwastaken - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=121118425

Nelle loro bizzarre derive tra finzione e fantasia, i Superstudio mettono in guardia da un futuro di blanda uniformità globale, immaginando una struttura monolitica a griglia bianca che abbracci il mondo intero. Così come l’alluvione aveva trasformato Firenze in una superficie liquefatta da cui emergevano le cupole e le guglie della città, “The Continuous Monument” è un orizzonte privo di caratteristiche che auspica un “ordine cosmico sulla terra”, un ampio default architettonico con l’infinità clinica di un pulsante di reset. Nata da un disastro naturale, la produzione del gruppo ha spesso funzionato in questo modo: come monito contro lo sviluppo dilagante, l’entropia estetica e il progresso incontrollato. Altri loro lavori hanno concepito dodici visioni di distopia, trasformando, ad esempio, New York in un cubo gigante in cui dieci milioni di cervelli umani coscienti fluttuano per la città in contenitori liquidi, o speculando su un’idea di futuro da trascorrere su ruote nello spazio esterno.

Superstudio, 1970-72; Photo by

Elegante ristorante dalle pareti blu con sedie arancioni, tovaglie bianche, opere d'arte, specchio dorato e vista sul bar. Arredamento caldo e classico. Elegante sala da pranzo con pareti blu, specchio dorato e poster d'epoca. Sedie arancioni su tavoli rivestiti di bianco. Presenti i loghi Helvetia e Bristol.