“Milano è positiva, ottimista, efficiente” (“Milano è positiva, ottimista, efficiente”), mormora raucamente una voce maschile, su un collage video saturo del set più yuppie di Milano. Questa, sussurra la voce, è una città che ” rinasce ogni mattina, pulsa come un cuore” (“rinasce ogni mattina, pulsa come un cuore”). Dimentica il vivere lento della ” dolce vita” italiana, qui ci mostrano il ruggito del traffico, le luci technicolor, il clamore di uomini e donne d’affari in bar affollati. Questa è una città nel bel mezzo di un boom economico, una città dove la gente lavora sodo e si diverte ancora di più. “Milano“, continua la voce, “è da vivere, sognare, e godere” (“da vivere, sognare e godere”). La telecamera si allarga su uno scorcio dello skyline di Milano, con i grattacieli in bella mostra. Dal bagliore pulsante emerge una bottiglia di Amaro Ramazzotti. “Milano da bere“, conclude la voce, con quello slogan ormai famigerato che lampeggia sullo schermo.
La pubblicità del 1985 per l’Amaro Ramazzotti, il liquore amaro milanese che è uno dei più antichi d’Italia, è emblematica della “Milano che swinga” degli anni ’80, un’epoca definita dal desiderio collettivo di arrampicarsi lontano dagli orrori degli anni del piombo degli anni ’70 e perseguire la ripresa socio-economica. E la speranza riposta in questo nuovo decennio si è concretizzata: gli anni ’80 a Milano sono stati caratterizzati dalla prosperità finanziaria, dalla mobilità sociale verso l’alto e da un desiderio sfrenato di vivere la ritrovata bella vita. La pubblicità mostra Milano come la vedeva il resto d’Italia all’epoca, ma anche come i milanesi vedevano sé stessi: gran lavoratori e networker, che difendevano edonismo e ambizione in egual misura. Non sorprende che, in un contesto sociale in pieno boom dove il passaggio dall’ufficio al bar era ben lubrificato dal cocktail più vicino, la pubblicità riveli che un drink sia al centro della città. E non un drink qualsiasi, ma un Amaro.
Milano da Bere è rapidamente diventata un’espressione usata per riassumere lo spirito del tempo e, sebbene il drink amaro fosse la stella splendente della Milano degli anni ’80, il rapporto della città con gli “Amari” e i bitter risale a ben oltre un secolo fa, ai primi anni dell’800.
Queste due bevande differiscono: “amaro” si riferisce a un tipo di liquore a base di erbe che tradizionalmente viene servito come digestivo dopo un pasto, mentre i “bitter” vengono solitamente aggiunti a un cocktail, bevuti prima di un pasto nella tradizione dell’aperitivo. L’Italia è rinomata per la qualità e la varietà sia degli amari che dei bitter, vantando la più ampia selezione di queste bevande disponibili in commercio. La popolarità di drink amari come lo Aperol Spritz, il Campari Spritz e il Negroni significa che l’uso dei bitter in particolare si è diffuso ben oltre le sue origini nel Nord Italia, insieme all’aperitivo stesso, quella tradizione tanto amata che si ritiene abbia avuto origine a Torino alla fine del XVIII secolo, portata dalla crescente popolarità del Vermouth appena inventato. Eppure, mentre l’aperitivo può essere nato a Torino, è cresciuto a Milano.

1985 advertisement for Amaro Ramazzotti
I primi Amari di Milano: Ramazzotti, Rabarbaro e Fernet
La reputazione di Milano come capitale dell’aperitivo e il suo legame di lunga data con l’aperitivo amaro nasce in parte dalla ricchezza di drink amari che la città ha prodotto. La popolarità del Vermouth in Piemonte è stata rapidamente seguita dall’invenzione dell’Amaro Ramazzotti a Milano nel 1815, dal farmacista e erborista bolognese Ausano Ramazzotti. Si era trasferito a Milano all’inizio del 1800 e aveva avviato un piccolo laboratorio dove sperimentava la miscela di ingredienti esotici e inebrianti, volendo distillare la storia dell’Italia con l’erboristeria in un drink che potesse essere gustato in qualsiasi momento della giornata. I dettagli esatti della pozione rimangono un segreto di famiglia, anche se si sa che combina 33 spezie, erbe, fiori e frutti, e include scorza d’arancia siciliana, anice stellato, cardamomo e chiodi di garofano. Qualche decennio dopo, nel 1848, Ramazzotti aprì un bar in Via Canonica, dove era noto per offrire l'”amaro” ai clienti invece del caffè. La sua popolarità esplose; l’azienda di famiglia Ramazzotti Fratelli fu fondata 10 anni dopo, quasi un secolo prima che una pubblicità sancisse il destino dell’amaro come per sempre sinonimo di un’epoca iconica della storia di Milano.
L’Amaro Ramazzotti fu un successone, e quello era solo l’inizio. Nel 1845, il farmacista Ettore Zucca stava sperimentando con ingredienti a base di erbe nel tentativo di rimediare ai problemi digestivi di sua moglie. Piacevolmente sorpreso dal gusto distintivo della bevanda, così chiamata “Rabarbaro” per il suo aroma di rabarbaro cinese, Ettore decise di aggiungere alcol e offrire la pozione fatta in casa ai suoi amici. Quello che iniziò come una cura sperimentale per tutti i mali divenne rapidamente un Amaro popolare nella società milanese, e il figlio di Ettore, Carlo, riuscì a stabilire la bevanda come attività commerciale, ulteriormente espansa in territorio nazionale e internazionale dai nipoti Emilio e Gerolamo. L’ubiquità della bevanda tra i bar di Milano è racchiusa nel gioco di parole del suo forse più noto slogan: “Il Rabarbaro Zucca si trova nel bar come il ‘bar’ si trova nel RaBARbaro.” (“Il Rabarbaro Zucca si trova nel bar proprio come ‘bar’ si trova in RaBARbaro.”)

Nora Ariffin in a vintage advertisement for Rabarbaro Zucca Milano
Ehi, sai che questa sperimentazione di nuovi rimedi medicinali era una cosa tipica per i liquori alle erbe? Prendi il Fernet-Branca, un amaro fatto con 27 erbe e spezie, creato da Bernardino Branca nello stesso anno. Questo tizio, che era un erborista autodidatta, smanettava con rimedi medicinali nel suo laboratorio-distilleria a Porta Nuova. All’inizio vendeva la bevanda come una specie di energizzante: un tonico per stare bene in generale, ma anche per curare febbre, colera e dolori mestruali. Sai com’è, i dottori del posto l’hanno elogiato e boom, è diventato super popolare. Nel 1905 gli hanno dato quel logo art-nouveau fichissimo: un’aquila che stringe la bottiglia con gli artigli, e sotto c’è il globo che sembra quasi di poterlo afferrare. Il globo ci sta un sacco, perché questa roba la bevono soprattutto all’estero. In Argentina va forte con la Cola, mentre a San Francisco i baristi se lo bevono come una specie di rito di solidarietà, lo chiamano “stretta di mano del barista”. Anche questa ricetta è un segreto di famiglia, con tutta quell’atmosfera da farmacista dei vecchi tempi che rende la formula ancora più intrigante. Dicono che sia tenuta in una cassaforte dell’azienda a cui può accedere solo il presidente. Nel 2009 hanno aperto il Museo Collezione Branca nella vecchia fabbrica di Milano, è proprio una testimonianza dell’importanza del marchio nella storia di Milano e dell’Italia.

Fernet-Branca; image from the History of Medicine (IHM) and contributed by Fratelli Branca distillerie
Arriva il Campari e l’Aperitivo a Base di Amari Esplode
Mentre l’invenzione dell’Amaro Ramazzotti, del Fernet-Branca e del Rabarbaro Zucca ha sicuramente piazzato Milano come una città di amari, è stata con la nascita del Campari che il suo status di capitale dell’aperitivo è veramente decollato. La bevanda rosso gioiello, il cui colore una volta derivava da insetti cocciniglia schiacciati, è stata inventata nel 1860 da Gaspare Campari, che possedeva un caffè in una piccola città chiamata Navaro vicino a Milano; era il primo del suo genere. Gaspare era noto per giocare regolarmente con combinazioni di sapori, servendo bevande uniche ai suoi clienti. Una bevanda, inizialmente chiamata ‘Bitter all’uso d’Hollanda’, un omaggio al bitter olandese che lo aveva ispirato, divenne particolarmente popolare. Il nome non proprio accattivante fu rapidamente abbandonato, e la bevanda fu affettuosamente ribattezzata ‘il bitter del signor Campari’, poi abbreviato nel semplice, illustre ‘Campari’. La sua popolarità permise a Gaspare di trasferirsi a Milano nel 1867, aprendo un bar nella Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, il nuovo centro sociale e culturale della città. La nascita del Caffè Campari fu seguita poco dopo dalla nascita del figlio di Gaspare, Davide, che fece la storia come il primo cittadino a nascere mai nella Galleria. Gaspare continuò a sperimentare con la miscelazione di bevande dietro il bancone, ma era il suo Campari che aveva iniziato ad attirare le folle.
Gaspare morì nel 1882, ma Campari continuò a crescere sotto lo sguardo attento di Davide. Le vendite in crescita fecero sì che nel 1892 fosse aperta la prima fabbrica Campari a Milano, e nel 1915, Davide aprì il bar Camparino nella Galleria Vittorio Emanuele II, un omaggio alle origini del marchio. Il bar era il fratellino più nuovo e più figo del Caffè Campari, ed era dotato di un sistema di acqua gassata; un’aggiunta innovativa che significava che il Campari e soda poteva essere servito come un drink misto perfettamente freddo ai clienti desiderosi. La svolta moderna sul classico popolare portò il concetto del drink misto, da gustare prima di cena, nel mainstream.
Il Camparino divenne il punto caldo dell’aperitivo della città, e il culto del cocktail prese Milano d’assalto. Il Campari divenne un componente chiave di nuovi, glamour cocktail come l’Americano e il Negroni. (Quest’ultimo fu descritto da Orson Welles nel 1947 come un ‘nuovo drink’ in cui ‘i bitter fanno bene al fegato, il gin fa male. Si bilanciano a vicenda.’) Il Negroni Sbagliato, una variante successiva del cocktail originale, fu inventato nel Bar Basso di Milano nel 1972, quando al barista Mirko Stocchetto fu chiesto di fare un Negroni, e per errore aggiunse prosecco invece del gin.
Solo un decennio dopo, ‘Milano da bere’ entrò con vigore, inaugurando un periodo che non solo era emblematico della storia innovativa di Milano con l’alcol, ma anche distingueva nettamente la città dall’Italia come esisteva nell’immaginario nazionale. In un paese dove ‘il dolce far niente’ è lo status quo, gli Swinging 80s di Milano rivelarono che i milanesi erano fatti di una pasta diversa: qui, il tempo era denaro, e il denaro era piacere.

Milano da Bere, Oggi come Ieri
A Milano ora, il Bar Basso e il Camparino rimangono i luoghi più famosi per l’aperitivo della città, servendo debitamente i classici per coloro che cercano un assaggio del passato di Milano. Il quartiere Navigli promette una destinazione per bere più contemporanea, dove i canali sono fiancheggiati da bar vivaci e i camerieri barcollano con vassoi carichi di drink luminosi e colorati come insetti. Immergiti a Milano in una serata mite, e la città è illuminata dal suono delle voci, dal tintinnio dei cubetti di ghiaccio e dei bicchieri. Sono passati più di 40 anni da quando uscì la famigerata pubblicità di Ramazzotti, e il Nord Italia è lontano dal vivere il boom finanziario degli anni ’80. Eppure, questa continua ad essere una città che ha un ritmo simile a un battito cardiaco, che non esiste in un facile torpore, ma rinasce con nuova vitalità ogni mattina. Questa è ancora la città dove le persone ‘vivono, sognano, giocano’, e, al calare della sera, dove bevono.
Clicca qui per una guida completa al bere a Milano, con posti sia vecchia scuola che nuovi dove sorseggiare i migliori cocktail della città.