Quale ragazza straniera non vorrebbe essere strapazzata da uno stallone italiano al suo arrivo in Italia? La mia memoria ricorda un maestro pastaio del mio appartamento Airbnb che ci diceva di tirare le fettuccine come fossero capelli. Questo è un Paese che grida passione, non si tratta di raccontare tattiche amorose in cui si evita di mandare doppi messaggi e si finge di essere occupati.
Quando sono arrivata a Firenze per un master, pensavo di potermi lasciare il peggio alle spalle, ovvero il periodo del Covid in cui tutti noi eravamo intrappolati nei nostri appartamenti e frequentavamo solo le nostre quattro mura.
La mia caccia è iniziata sulle app di incontri. Ovviamente ho risposto sì al primo candidato, Lorenzo, e alla sua sognante proposta di una gita sulle colline di Fiesole. L’intesa è precipitata con l’invio di una foto della sua targa a un mio amico che lavora nella sicurezza e con una conversazione mediocre su sua nonna mentre guardavamo goffamente il paesaggio collinare. Sono passata oltre sulla sua ostentazione di spese non richieste (tesoro, è disgustoso e insostenibile che tu abbia comprato cinque jeans Levi’s e un mucchio di scarpe da ginnastica) e sul suo invito ad andare a casa sua rigorosamente a metà pomeriggio, quando i suoi genitori non c’erano. Mamma mia.
Pensavo che le cose sarebbero state più promettenti con Matteo, lo skater. Volarono scintille mentre passeggiavamo lungo l’Arno e ci sedevamo per uno spritzino. Ha insistito con forza perché mangiassi anch’io un panino e, mentre iniziavo a raccontare qualcosa di me, si è alzato a metà frase per dirmi che dovevamo continuare la nostra passeggiata. Un po’ prepotente.
A questo punto cercavo un po’ di relax, più tranquillità e qualche stimolo intellettuale. Ho incontrato un architetto svizzero per un caffè sulla terrazza di C.Bio. L’equazione sole, scambio di opinioni e idee era promettente, ma non riuscivo a entrare in sintonia con la sua giacca, il maglione e la sciarpa nel caldo torrido di quei 30 gradi. La mia disperazione ha fatto sì che l’appuntamento con lui finisse.
Ci siamo rivisti di nuovo nel corso della settimana successiva per studiarci a vicenda, ma sono rimasta turbata dal fatto che lui fosse vestito allo stesso modo. Quando mi sono seduta, gli ho fatto scherzosamente notare il suo abbigliamento, ma ho ricevuto un’occhiata di disagio. Abbiamo finito il caffè e sono uscita di corsa da quel cortile per non sapere mai cosa nascondeva sotto gli strati dei vestiti, nel bene e nel male.
Credo di aver provato ogni tipo di uomo infantile, poi però ho incontrato Riccardo. Affascinata dal suo umorismo e dal suo talento per il cinema, ho avuto un fantastico primo appuntamento in giro per le colline di Firenze – e sì, mi sono goduta completamente lo stereotipo. A Cesare quel che è di Cesare. Non appena ci siamo separati non abbiamo più smesso di mandarci messaggi. La mia eccitazione è però scemata quando lui ha continuato a rimandare il nostro secondo incontro. Essendo una persona super empatica per via dei miei problemi di salute cronici, mi sono rassicurata quando la sua motivazione apparentemente sincera è stata “un libro caduto in testa che ha scatenato sintomi di vertigine”. Chi l’avrebbe mai detto? Verso la fine del nostro secondo appuntamento, un mese dopo, ho provato a baciarlo. Un bacio con le vertigini non è stato proprio il massimo, ma ci siamo passati oltre. Dopo innumerevoli scuse di indisponibilità e malattie non comuni, non mi è più venuto incontro. Era chiaro che era lì per divertirsi (e soffrire di vertigini), non per stare a lungo.
Così ho lasciato perdere per quell’estate e mi sono presa una pausa dall’andare di fiore in fiore…finché non ho aperto il primo dei tanti link inviati da mia madre buddista: si trattava di una meditazione guidata per favorire l’armonia interna femminile e maschile. Voilà. Forse è stato quello, forse l’accurata sessione di pianto: in ogni caso, quella è stata la mia ricetta per incontrare finalmente qualcuno di speciale.