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Quando la musica era medicina: La storia femminile della tarantella

“È molto probabile che i sintomi non fossero quelli di un morso di ragno, ma delle condizioni di vita disumane e della repressione di una società patriarcale che le povere contadine erano costrette a subire.”

ὕβρις. È uno dei termini più ricorrenti della letteratura greca, soprattutto nei testi delle tragedie. Letteralmente tradotto come orgoglio, arroganza o insolenza, ὕβρις è più spesso associato a coloro che osano sfidare gli dei, commettendo il peccato di ὕβρις contro di loro. La giovane plebea Aracne, come racconta Ovidio nelle Metamorfosi, si credeva migliore delle divinità, specialmente nell’arte di tessere la lana. Atena, infuriata dalla vanità di Aracne, la sfidò a una gara di tessitura. L’arazzo di Atena raffigurava scene degli dei nella loro gloria, mentre quello di Aracne mostrava le malefatte e le indiscrezioni degli dei, in particolare quelle di Zeus, e Atena, in un accesso di rabbia, distrusse l’arazzo e il telaio della talentuosa tessitrice. Aracne tentò di impiccarsi, ma Atena ebbe ‘pietà’ e la trasformò in un ragno, condannandola a tessere per sempre.

È da lei, la povera Aracne, che viene l’idea del tarantismo. Gli antenati pugliesi credevano che quando la tarantola locale, nota come Latrodectus tredecimguttatus o la Lycosa tarantulaspinge, mordeva le sue vittime – infettandole con il tarantismo – l’unica cura fosse un preciso rituale di musica e danza.

È un fenomeno che trova le sue radici nella zona del Salento già nell’XI secolo, ma che non è decollato sul serio fino al XV secolo circa, quando le donne lavoravano nei campi durante l’estate. Le donne salentine giocavano un ruolo cruciale nell’attività agricola come raccoglitrici, soprattutto negli uliveti e nei campi di tabacco, e spesso venivano morse dai ragni mentre lavoravano.

I sintomi iniziali della malattia ritenuta letale includevano letargia, indifferenza e malessere. Mentre una donna iniziava a sprofondare in una condizione catatonica, l’unico rimedio che poteva impedirle di cadere vittima della tossina era la musica.

Per cercare di guarire le donne, le tarantole venivano raccolte il 28 giugno, e al ritmo di tamburello e fisarmonica, con fazzoletti rossi, verdi o blu (che ricordavano le sfumature dell’addome del ragno), le vittime si dimenavano in danze spasmodiche senza freni, rotolandosi a terra su lenzuola stese; il tempo accelerava, la musica raggiungeva un crescendo, e le donne saltavano su e agitavano convulsamente le loro membra. Tutti i vicini accorrevano a guardare, ipnotizzati da una danza erotica e sensuale come nessun’altra.

Lo scopo era sottomettere simbolicamente e fisicamente il ragno, schiacciandolo per liberarsi. Per farlo, tutti i comportamenti imposti moralmente potevano essere abbandonati, e spesso capitava che le donne simulassero rapporti sessuali. Il rituale, che poteva durare fino a 24 ore, finiva una volta che si riusciva ad avere la meglio sull’insetto, schiacciandolo a terra e uccidendolo.

Il tutto era una sorta di esorcismo, e avveniva sotto lo sguardo benevolo delle immagini votive dei Santi Pietro e Paolo. Era una mescolanza di sacro e profano. La danza, però, non funzionava necessariamente; alcune donne non guarivano mai, o alcune che lo facevano venivano sistematicamente morse ogni anno.

Quello che quei paesani pugliesi non sapevano – e noi ora sappiamo – è che il morso della tarantola Lycosa ha tanto veleno quanto una puntura d’ape. È molto probabile che i sintomi non fossero quelli di un morso di ragno, ma delle condizioni di vita disumane, e della repressione di una società patriarcale, che le povere contadine erano costrette a vivere. Nella danza, trovavano la forza di rinascere, la libertà di superare i limiti imposti dagli altri, e uno sfogo per le loro inclinazioni sessuali. Battersi il petto e contorcersi diventava lo strumento espressivo perfetto per lasciarsi andare; movimento spontaneo senza scrupoli, guidato dal ritmo e da una forza che sembrava venire dalle viscere della terra.

La musica e la danza – la prescrizione del tarantismo – furono alla fine codificate in quella che oggi conosciamo come tarantella. I ballerini fanno passi veloci e agili, spesso con rapidi movimenti dal tallone alla punta, giri veloci e salti, e il lavoro dei piedi è altamente ritmico e sincopato, seguendo il tempo veloce di 6/8 della musica. La tarantella ha anche dato origine alla simile pizzica, solitamente eseguita in coppia.

La Notte delle Taranta è un festival che, dal 1998, ha continuato la tradizione. Ad agosto, migliaia di persone da tutto il paese raggiungono il Salento con qualsiasi mezzo disponibile per ballare e ascoltare i suoni della pizzica e della tarantella. Il festival culmina in un grande concerto a Melpignano, Lecce, con artisti italiani e internazionali famosi. A dominare il palco c’è l’emblematico ragno: Aracne.

La pizzica la trovi anche alla Festa di San Rocco a Torrepaduli, una frazione in provincia di Lecce, dove ogni anno la notte del 15 agosto, gli uomini si sfidano nella pizzica-scherma: due sfidanti, guidati dal suono dei tamburelli, simulano un duello con le mani come se avessero delle armi. I musicisti si dispongono in cerchio intorno a loro e aumentano il ritmo della musica mentre la danza si svolge. Se uno di loro viene toccato, deve prendere il posto e continuare il duello. Ogni movimento corrisponde a un codice preciso, niente è lasciato al caso, e pochi conoscono i segreti di questo rituale. Questo tipo particolare di pizzica ha avuto origine negli ambienti malavitosi, essendo stato usato inizialmente come una specie di rito di iniziazione in prigione. (Altri festival da non perdere sono BALLATI! Festa della Tradinnovazione, che mira a sperimentare nuovi tipi di suoni, e il TamTam Tamburreddhu Festival, a Lecce e dintorni, che si concentra sul tamburello.)

Sembra che il Salento non smetterà mai di ballare, quindi, se hai la febbre del boogie, ora sai di sicuro dove andare.