Portofino è un’immagine da cartolina. C’è chi ci viene per un pranzo vista mare o un aperitivo nella celebre Piazzetta, la maggior parte migliaia di croceristi al giorno giusto il tempo per scattare una foto e ripartire. In pochi camminano oltre il minuscolo dedalo di vie del centro. Una delle località più rinomate, visitate e affollate d’Italia è infatti anche una delle meno vissute, oltre la facciata delle casette colorate sul porto. Si riempie alle 10, all’ora di cena è il deserto e basta svegliarsi una mattina in Paese per scoprire una realtà parallela. Quella dei portofinesi.
Sono 147, di numero, gli abitanti reali dell’ex-borgo di pescatori a cui si aggiungono i week-enders milanesi proprietari storici delle seconde case, gli yacht – e una manciata di miliardari che si contendono le ville, fra le più esclusive d’Italia, portando i cittadini ufficiali a circa il doppio. Fino agli inizi del XIX secolo, Portofino è stato solo uno sconosciuto villaggio di pescatori, marinai e contadini lungo il Golfo del Tigullio. Verso la metà dell’Ottocento viene però scoperto da aristocratici inglesi e nobili tedeschi, affascinati dalla sua bellezza. Prima il castello del paese viene comprato dal console inglese Montague Yeats Brown, poi nascono il primo hotel, lo Splendido, bar e ristoranti, vengono costruite le ville arroccate lungo la costa. L’anima di Portofino si sdoppia, da un lato quella dei liguri doc, dall’altra quella delle ricche famiglie che entreranno nel tessuto sociale della cittadina, ridefinendone per sempre l’identità.
Nel corso dei secoli e dell’avvento del turismo di massa, oltre ai nobili arriveranno poi gli industriali, i vip, i milanesi, e l’aperitivo in piazzetta diventerà uno dei cliché internazionali dell’estate italiana. Nel 1954 il giornalista Guido Piovene nel suo leggendario grand tour post-bellico, Viaggio in Italia, definiva la Liguria “chiusa, laconica, commerciale, riservata con lo straniero, scarsa di fantasie” – e ancora oggi, anche proprio a causa del suo successo, in molti utilizzerebbero le stesse parole. Ma le nuove generazioni stanno cambiando, e la gentrificazione ha preso negli ultimi anni una piega interessante, una ventata di novità che da Portofino soffia ora da Levante a Ponente.
Dietro l’immagine da cartolina
A guardarla è sempre la stessa, perché Portofino non cambia nell’aspetto. Dal 1935 tutto il promontorio che va da Rapallo a Camogli è diventato parco naturale e le ville, le case, i palazzi sono rimasti (fortunatamente) intatti mentre null’altro è stato da allora edificato. Ogni centimetro è quindi preziosissimo, passa di mano in mano, assume nuovi usi. Nei magazzini dove un tempo si riponevano le reti da pesca hanno aperto boutique e ristoranti. Gli avamposti dei grandi brand come Rolex, Pucci, Dior si alternano a ristoranti storici, come Puny con le sue pappardelle pesto e pomodoro, le fritture e i piatti di mare delle sorelle Mussini, da ö Magazín, oppure i due fratelli Giovannini, ottava generazione, che gestiscono Dai Gemelli, il più antico ristorante della Liguria. Dietro alle facciate delle casette colorate e dei selfie dei turisti esistono però altre bellezze, più nascoste, ma pervasive e radicate, come un territorio verde e rigoglioso, ricco di sorgenti, punteggiato di mulini e frantoi.

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Il ritorno alla terra
L’agricoltura era stata abbandonata ma progetti come La Portofinese l’hanno fatta rivivere. È un’azienda agricola a conduzione familiare, del portofinese Mino Viacava, che ha riportato antiche pratiche dismesse, recuperato le coltivazioni di un tempo e riportato agricoltura e animali su un territorio che da secoli aveva vissuto soprattutto di questo. I vigneti e gli uliveti, fonte di sostentamento per intere generazioni fino agli anni Trenta sono state ora finalmente recuperati e riportati a piena produzione. I loro prodotto li si assaggia da Ü Caban, una saletta interna e un piccolo terrazzino rivestiti in legno e arredati come se fossero una barca, al Mulino del Gassetta, punto di ristoro, informativo e museale del Parco di Portofino, e poi al Faro, lounge bar sulla punta del promontorio con vista mozzafiato sul Golfo del Tigullio.
A Portofino si mangia local e si beve local anche con il progetto Niasca, fondato da residenti e frequentatori di Portofino che si sono impegnati nella riqualificazione del borgo e della montagna e che oggi producono limonate, pesto, marmellate, una foresteria, una scuola di cucina e uno shop al Fondaco, nell’unica via del paese che si insinua risalendo verso monte.
Lo spopolamento è in agguato e il tentativo collettivo è di mantenere vivo il territorio, non solo pochi mesi all’anno, e invertire la rotte del turismo mordi e fuggi. La Liguria ha vissuto dal Dopoguerra e questa parte di vacanze, week-end, pensioni e seconde case. Da Milano, Torino, Piemonte, Lombardia e in, alcune località, da tutto il mondo, gli ospiti sono arrivati puntuali ogni anno. Famiglie altolocate, ma soprattutto famiglie con bambini, anziani, pensionati, croceristi e un turismo popolare che ha portato ricchezza, ma anche traffico, altrove edificazione selvaggia e mesi in cui muoversi diventa infernale, ovunque.
Portofino come un brand
Esempio emblematico della Portofino di oggi, e del futuro, è quella dei tre amici dietro al fenomeno Portofino Gin, distillato artigianale creato dal nipote d Klaus Pudel uomo profondamente stimato per aver salvato Portofino dalla distruzione durante la Seconda Guerra Mondiale, e più tardi negli anni ’50 e ’60 conosciuto per ospitare le feste più belle dell’epoca de La Dolce Vita. Ruggero Raymo lo ha fatto insieme all’amico d’infanzia e proprietario dell’Hotel Nazionale e del Ristorante pizzeria da Nicola (in piena Piazzetta), Alessandro Briola, e all’altro amico svizzero Chris Egger, che a Portofino ci ha passato le vacanze di una vita. Hanno avuto un’idea, sviluppato il prodotto, piantumato due ettari dei 12 di tenuta del nonno di botaniche e da una start up nel giro di quattro anni oggi esportano in oltre 40 paesi. A Portofino sono diventati il distillato ufficiale, miscelato in gintonic e Negroni in ogni bar del circondario e un nuovo souvenir tipico da riportarsi a casa. Hanno cominciato in motorino, bussando alla porta dei locali e dei ristoranti che conoscevano da sempre e li hanno tirati in mezzo a fare rete, ricostruire il posizionamento della destinazione e ad un’idea: make Portofino great again.

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Il “Mal di Liguria” dei nuovi portofinesi
Conoscere il territorio ma guardarlo con un occhio nuovo, è quello che oggi sta cambiando il volto della Riviera. Come i viaggiatori di un secolo prima: c’è chi soffre di mal d’Africa e chi di mal di Liguria, chi ci viene ogni week-end e ogni estate e chi alla fine decide anche di trasferirsi. Winterose è un’enoteca che vende prodotti locali, serve taglieri di formaggi e salumi liguri e vende i vini Made in Portofino de La Cappelletta, prodotto nella tenuto della duchessa di Westminster, madrina del principe William e discendente dello Zar Nicola I e dello scrittore Aleksander Pushkin. La sua proprietaria, Emanuela Cattaneo, sommelier, lombarda si è innamorata di Portofino ed ha deciso di restare. Ha intravisto la potenzialità dello zoccolo duro di milanesi anche il fondatore di Langosteria (rinomato ristorante di pesce di Milano). Nel piano di espansione del gruppo è sbarcato nel 2017 rilevando prima un locale e poi gli storici Bagni Fiore di Paraggi, a pochi minuti a piedi da Portofino. Qui ha impiantato la dolce vita milanese, attratto un nuovo pubblico che la Liguria forse non la frequentava più da anni ma soprattutto ha segnato una svolta della ristorazione locale, scompigliando le carte ferme da tempo. Sicuramente in Liguria a mancare non era il pesce di qualità, ma un lifestyle contemporaneo: ok evocare i tempi d’oro di Winston Churchill, Jackie Kennedy e Rita Hayworth, ma serviva guardare avanti, a Chiara Ferragni, alla Kardashian e Due Lipa, ma soprattutto a rinfrescare la proposta. Dal 2021 i Bagni Fiore sono vestiti dal toile de joie di Dior, il prezzo già stratosferico dei lettini è duplicato, ma l’80% degli ospiti è italiano.
La nuovo lusso
Paolo Gastaldo, genovese, è tornato in Italia per diventare bar manager dello Splendido Mare, prima apertura in zona del 2021 del gruppo Belmond (LVMH, lo stesso di Dior) che ha ristrutturato le 14 camere dell’avamposto in Piazzetta dello Splendido, scenografico, primo hotel di Portofino ospitato in un ex monastero benedettino del XVI secolo che domina dall’alto la baia. Nelle cucine hanno portato la famiglia Cerea del ristorante stellato Da Vittorio, rastrellato professionisti, artigiani e personale locale e da poco il gruppo ha acquistato anche l’iconica Villa Beatrice, fiabesca torretta del 1913 a picco sul mare. Ci faranno delle suite dove vivere una vera esperienza immersiva nel territorio per un lusso discreto, elegante, ben poco rumoroso. Nel giro di un paio d’anni lo chef stellato più famoso d’Italia, Carlo Cracco, da Milano si è sdoppiato in Piazzetta, prendendo in gestione il ristorante storico Pitosforo di Portofino, caduto in disgrazia, e trasformandolo nell’unico indirizzo fine dining della zona. Dolce & Gabbana oltre alla loro residenza, villa dell’Olivetta, hanno acquistato lo storico Caffè Excelsior a Portofino, che compirà 100 anni nel 2024, e un ricco magnate si è aggiudicato l’Hotel Eden, 12 camere nel centro storico, per ora ancora chiuso per ristrutturazione. Tutti sanno tutto, Portofino nonostante sia una meta rinomata nel mondo, resta un paesino di provincia, le proprietà si contano sulle dita di una mano, un po’ si teme l’avvento di una nuova, pacifica, invasione a colpi di assegni in bianco. Il brand Portofino sta crescendo, è la quiete prima della tempesta, ma come dicono da queste parti: con il bel tempo siamo tutti marinai. Ma qui di mareggiate, di invasioni e di pirati ne hanno già visti tanti.

Photo by @chris.mlr