Nessun cibo riesce a evocare la cultura e la cucina italiana come il pomodoro. Ma l’abbondanza di questi frutti rossi e succosi nei mercati e nei menu nasconde il fatto che non è sempre stato così. Credici o no, Nerone, Augusto e gli altri leader pazzi e potenti dell’Impero banchettavano senza pomodori, e i gladiatori romani non avevano accesso neanche all’altissimo contenuto di vitamina C del frutto come nutrimento per i loro combattimenti feroci.
Il pomodoro, infatti, è arrivato in Italia più di un millennio dopo la caduta dell’Impero, quando i conquistadores spagnoli portarono la pianta in Europa dal Sud America all’inizio del XVI secolo. Nonostante la sua fama in quasi ogni piatto che gli italiani mangiano e amano oggi, però, i nostri antenati erano inizialmente scettici riguardo a questo intruso succoso. Classificato come mandragora e parente stretto della belladonna mortale nel 1544 dal botanico italiano Pietro Andrea Mattioli, il pomodoro era considerato pericoloso e persino velenoso: un frutto proibito, usato per scopi decorativi e mangiato solo con cautela e attenzione. (La buccia e i semi, considerati le parti più tossiche, dovevano essere precisamente rimossi dal frutto.) Diffidente ma molto affascinato dalla bellezza esotica del pomodoro, dalle sue presunte qualità afrodisiache e dal suo colore radiante (le prime varietà erano più giallastre), Mattioli soprannominò il frutto “pomo d’oro“–mela d’oro. Il nome persiste ancora oggi. Sì, tu puoi dire toMAYto e io posso dire toMAHto, ma per gli italiani è un molto più orecchiabile pomodoro; dobbiamo ringraziare Mattioli per questo.
La trepidazione per il consumo di pomodori in Italia era notevolmente diminuita verso la fine del XVII secolo, specialmente tra la classe operaia. Il pomodoro ‘velenoso’ stava uccidendo i ricchi mentre lasciava i poveri illesi. Anche se potremmo attribuirlo a un complotto degno di Robin Hood e i suoi allegri compagni, la vera spiegazione non era opera di nessun eroico fuorilegge né di alcun pomodoro. Gli aristocratici dell’epoca cenavano su piatti di peltro che, quando toccati dai succhi altamente acidi del pomodoro, permettevano al piombo di fuoriuscire. Gli uomini e le donne che lavoravano mangiavano su tavole di legno – rustiche, affidabili e senza veleno!

Entrando nel 19° secolo, la mania del pomodoro era in piena fioritura. “[Il pomodoro] è coltivato in tutti i mercati e orti,” scrisse Ottaviano Tozzetti nel Istituzioni botaniche nel 1813, dichiarando il frutto “molto comune”. I pomodori venivano coltivati su e giù per la penisola a forma di stivale, poiché il clima mediterraneo si rivelò l’habitat perfetto per questo colorato raccolto. I sardi essiccavano i loro al sole prima di macinarli in una spezia. Nel frattempo, la gente di campagna di Parma conservava i pomodori in lattine e bottiglie come polpe e passate, e i contadini dell’Italia meridionale non si nutrivano di quasi altro durante i giorni caldi e secchi dell’estate. Nel 1837, la magia culinaria fu eseguita (o almeno registrata per la prima volta) dallo chef Ippolito Cavalcanti, che abbinò pasta e pomodoro insieme – un’accoppiata fatta a Napoli (o, si potrebbe dire, in paradiso). Cinquant’anni dopo, il pomodoro ottenne l’approvazione reale. La Regina Margherita di Savoia si deliziò di un’invenzione napoletana: un impasto carico di basilico, mozzarella e passata. Degna di una regina, e adatta a tutti, nacque la Pizza Margherita.
Oggi l’Italia produce la strabiliante cifra di cinque milioni di tonnellate di pomodori all’anno, con gli italiani che ne consumano 60 kg a testa all’anno. Ci sono oltre 300 specie diverse coltivate in tutto il paese e – dato che neanche un libro basterebbe per descrivere in dettaglio le loro varie dimensioni, forme e sapori – ti racconterò solo tre delle mie varietà italiane preferite:
San Marzano DOP: Lunghi e leggermente appuntiti, queste bellezze botaniche sono una varietà del pomodoro a prugna con un sapore ricco, una consistenza tenera e una leggera acidità. Orgoglio e gioia dell’Italia e il pomodoro più richiesto al mondo, i San Marzano sono coltivati tra Napoli e Salerno con uno status DOP senza fronzoli. Il solo pomodoro usato per la vera pizza Napoletana, sono anche obbligatori per il ragù.
Cuore di BueEhi, senti questa: chiamati così per il loro sapore carnoso e la loro taglia gigantesca, i pomodori “Cuore di Bue” pesano tipo 300g in media. Sono perfetti per l’insalata: li tagli a pezzi con un po’ di basilico, mozzarella di bufala, un goccio d’olio, un pizzico di sale ed ecco qua, la tua Caprese è pronta!
Datterini: In italiano significa “datteri piccoli” per via del loro gusto super dolce e delle dimensioni mini, i datterini crescono in grappoli fino a una dozzina alla volta e li trovi sia rossi che gialli. Hanno la buccia più spessa, meno semi e più polpa degli altri pomodori, quindi sono una figata per i sughi, le insalate o semplicemente da sgranocchiare così come sono, come le caramelle dell’estate.
Sto morendo di fame per una cosa sola, quindi me ne vado all’aperitivo sperando di trovare delle bruschette stracariche di pomodori succosi, da mandare giù con del vino bianco fresco, in compagnia di amici italiani abbronzati e amanti del sole.