Sotto il sole della Toscana (2003)
Quel cliché della donna che lascia il marito per ritrovare se stessa in Italia? Brilla in Sotto il sole della Toscana, una commedia romantica del 2003 su Frances (Diane Lane), una scrittrice di San Francisco che divorzia e decide di comprare una villa rurale in Toscana per cambiare vita. Nel suo viaggio di riscoperta, incontra un variopinto gruppo di personaggi locali (leggi: italiani esagerati che amano ammiccare e gesticolare), incluso l’attraente Marcello (Raoul Bova), che il critico George Erbert ha descritto come “chiaramente uscito dalla copertina di un romanzo rosa.”
Pur offrendo puro escapismo grazie allo sfondo mozzafiato, la sdolcinatezza e i cliché del film sono alla fine un po’ difficili da digerire. C’è gente che beve limoncello a Positano, un sacco di scenette discutibili di vita in paese con persone vestite con coppole e bretelle (siamo nel 2003, non negli anni ’40!), un giro in motorino di lato con un poliziotto (ma che?), e battute del tipo “Sono in Italia, posso assumere i muscolosi discendenti degli Dei romani!” (quando Frances dice alla sua amica a casa che cercherà aiuto per ristrutturare la casa). La lista potrebbe continuare.


Lettere a Giulietta (2010)
Un altro melodramma strappalacrime ambientato in Italia,Lettere a Giulietta racconta la storia di Sophie, una giovane americana che, mentre viaggia a Verona col suo fidanzato troppo impegnato (Gael Garcia Bernal), visita la casa dove si dice abitasse la Giulietta di Shakespeare. Lì, scopre un muro dove donne affrante lasciano “lettere a Giulietta”, chiedendo consigli . Trovando una di queste lettere degli anni ’50, Sophie decide di scrivere alla sua autrice ormai anziana, Claire (Vanessa Redgrave), che poi parte per trovare il suo amore perduto Lorenzo – un’avventura in cui è accompagnata dal suo nipote disapprovante (Christopher Egan) e da Sophie. Puoi immaginare dove va a parare – il finale è piuttosto ovvio fin dall’inizio – ma non è tanto la trama sottile che ci dà fastidio quanto gli stereotipi esagerati. Questi includono la guida spericolata degli italiani lungo le strade tortuose della Toscana; la recitazione eccessivamente allusiva di quasi tutte le comparse maschili – dal vecchio barcaiolo in Speedo e catena d’oro che adocchia in modo inquietante tutte le passeggere che scendono dalla sua barca al proprietario del ristorante che manda baci viscidi a Claire (gli uomini italiani sono così sfacciati, vero?); gesticulazione estrema e un accento italo-inglese così marcato da parte di tutti i personaggi locali che è quasi divertente. L’Italia però appare davvero fantastica sullo schermo.


Love Gelato (2022)
Se la scena d’apertura (e il titolo!) diLove Gelato non è sufficiente a farti smettere di guardare lì per lì – vediamo un’Ape a tre ruote piena di fiori che guida casualmente in Piazza San Pietro, che è puro stereotipo agli steroidi – i cliché usati fino alla nausea che riempiono l’intero film potrebbero farlo. Giro in Vespa a mezzanotte sui sampietrinisconnessi, anche se non sai davvero guidare: Fatto. Accenti italiani esagerati dai personaggi che parlano inglese: Fatto. Battute come “Pizza, cannoli, ragazzi italiani sexy, subito!”: Fatto (per la cronaca: i cannoli sono siciliani, non particolarmente romani). Nonne che si arrabbiano perché chiami il gelato ice cream: Fatto.
Potremmo continuare, ma non lo faremo. La storia di Lina (Susanna Skaggs) che viaggia a Roma prima del suo primo anno di università per realizzare l’ultimo desiderio di sua madre – fare un viaggio trasformativo proprio come fece lei in gioventù – è banale al massimo, piena di situazioni prevedibili e riempita con ogni cliché di film di formazione noto all’uomo (italiano).


Cinepanettoni (dal 1983 ad oggi)
Questo potrebbe suscitare qualche polemica (molti italiani amano questi film) ma troviamo icinepanettoni – commedie italiane farse solitamente rilasciate in Italia durante il periodo natalizio – piuttosto strazianti da guardare quando si tratta della loro rappresentazione dell’Italia.
Il genere esiste dal 1983, quando ha debuttato con Vacanze di Natale, e da allora è rimasto praticamente invariato. Significa gli stessi gag, spesso riciclati da un film all’altro; lo stesso cast di attori guidato da Christian De Sica e Massimo Boldi (il duo ha smesso di lavorare insieme nel 2006 e ha iniziato a fare i propri cinepanettoni separati); e le stesse trame demenziali basate su battute volgari, allusioni sessiste e la rappresentazione dell’italiano medio come un perfetto idiota. Alcuni espedienti ricorrenti: una bella donna, spesso mezza nuda – anche quando fuori gela – che serve come puro oggetto del desiderio (generalmente una top model o un’attrice bomba sexy, da Megan Gale a Sabrina Ferilli); tradimenti tra coppie sposate e amici, e feste selvagge che finiscono per distruggere stanze d’albergo o qualsiasi posto in cui il film è girato. C’è sempre un personaggio che ripetutamente tradisce o proprio non riesce a togliere gli occhi di dosso alle donne, un idiota pasticcione che cerca di sistemare le cose solo per peggiorarle, e figli o adolescenti alienati che si interessano solo a soldi, status e vestiti. Le prove includono : Natale sul Nilo (Natale sul Nilo), Natale a New York (Natale a New York) e Natale a Beverly Hills (Natale a Beverly Hills).
Ecco esattamente cosa non ci piace di loro: anche se non sempre ambientati in Italia, i cinepanettoni sono parodie poco divertenti dello stereotipico stile di vita italiano. Guarda a tuo rischio e pericolo.


To Rome with Love (2012)
Rotten Tomatoes riassume To Rome with Love come “Woody Allen che mette insieme una cartolina italiana di farsa, fantasia e commedia con solo un successo mediocre”. È proprio azzeccato. Seguendo quattro storie diverse nella Città Eterna – un famoso architetto americano che rivive la sua giovinezza; un romano medio che improvvisamente diventa la più grande celebrità di Roma; una giovane coppia di provincia coinvolta in incontri romantici separati; e un regista d’opera americano che cerca di portare sul palco un becchino cantante – il film non offre altro che una serie di cliché pittoreschi riciclati vecchi di mezzo secolo, scenette insulse e stereotipi banali. Gli esempi includono i poliziotti romani che dirigono il traffico con guanti bianchi immacolati e casco bianco, che è più anni ’50 che 2012; la musica folcloristica italiana con la fisarmonica in sottofondo in troppe scene; e il tentativo di cucinare “come gli italiani” versando un’intera bottiglia di vino in un sugo per la pasta, che suona sbagliato quanto mettere l’ananas sulla pizza. L’unico momento che sembra in qualche modo rilevante per lo spettatore moderno? L’intrusione illegale di notte nelle terme romane da parte di quattro dei personaggi, che è un promemoria piuttosto accurato – e fastidioso – di come i turisti spesso trattano i monumenti della Città Eterna come il loro personale parco giochi, piuttosto che luoghi da custodire.


Mangia Prega Ama (2010)
Tutto sommato, la parte italiana di Eat, Pray, Love– l’ennesimo film sulla scoperta di sé! – non è la peggiore. Guardare Julia Roberts partire per l’Italia per vagare per le piazze e mangiare un sacco di pasta, dolci e gelato è quasi da invidia. Tranne, ovviamente, per il fatto che tutto è esageratamente esasperato (non riusciamo ancora a superare la scena affollata del caffè a La Tazza d’Oro. Non è mai così!), e che i personaggi italiani sono stereotipi etnici ambulanti (la padrona di casa che mostra il suo appartamento fatiscente, l’insegnante d’italiano diventata amica che si dilunga su come gli italiani vivano al meglio in ogni momento). E poi il cibo: sì, il cibo italiano è ottimo, ma in realtà non mangiamo solo pizza e pasta, Julia. C’è molto di più che carboidrati nella nostra dieta.
Per quanto Roma e Napoli appaiano fantastiche nel film, il modo in cui Liz (Roberts) ha un’esperienza sensuale e risvegliante attraverso il cibo sembra stereotipato, alla fine forzato e piuttosto vuoto (come il resto del film una volta che si sposta in India e Bali).
Te faccio ‘n esempio? La scena nella pizzeria napulitana (Antica Pizzeria da Michele) ‘ndo Liz se sta a magnà ‘na margherita piena de formaggio mentre la su’ amica Sofi (Tuva Novotny) è tutta incazzata: nun se po’ godé la pizza perché ha messo su peso e dice d’avé ‘na ‘ciambella’. Liz se ne frega delle insicurezze dell’amica dicendo che pure lei c’ha ‘na ciambella, e je chiede se mai ‘n omo j’ha detto de annassene quanno l’ha vista nuda. Poi dice che è stanca de contà le calorie e vole magnà quello che je pare. È vero che in Italia se conta meno le calorie che in America (e che il modo de pensà italiano ha cambiato come certe donne vedono il loro corpo), ma Liz mette male in primo piano come l’ommini vedono er corpo delle donne rispetto a come le donne lo vedono loro. In generale, co’ ‘sta scena e altre, er film nun capisce ‘n cazzo del rapporto profondo che l’italiani c’hanno col cibo.


Tutte le Strade Portano a Roma (2015)
Le strade che portano alla Città Eterna so’ piene de cliché in ‘sta commedia romantica del 2015 co’ Sarah Jessica Parker che fa Maggie, ‘na madre single che ritrova er su’ vecchio amore Luca (Raul Bova) durante ‘n viaggio in Toscana, dopo che la su’ fija ribelle (Rosie Day) e la madre dell’omo (Claudia Cardinale) se ne so’ scappate insieme.
Un sacco de scene so’ in italiano senza sottotitoli (che te fa ‘n po’ confonde); er paesaggio toscano de cartolina l’avemo visto ‘n milione de vorte; e i soliti stereotipi americani sull’Italia seguono i personaggi per tutto er viaggio, facendo sembrà ‘sto film più ‘na farsa che artro. Tra le peggio cazzate: “L’italiani so’ così rilassati!” dice Maggie appena arriva nel Bel Paese (quante vorte l’avemo sentito?). La vecchia Panda gialla che je danno da guidà dopo che nun trova la prenotazione dell’auto a noleggio (guarda ‘n po’, pure noi seguimo quarche regola, Maggie!): ormai nun le guida più nessuno. Poi c’è la battuta “mandà messaggi piccanti è ‘na forma de cortesia qua”, sempre Maggie, quanno la fija la becca a scambià messaggi flirtosi co’ Luca.
Maggie vola nel Paese a forma de stivale pe’ fa vedé alla fija quello che l’ha fatta innamorà dell’Italia la prima vorta che c’è stata tanti anni fa, ma né noi né lei riuscimo a vedé veramente i motivi – che nella vita reale so’ molto più numerosi e complicati de quello che ‘sti film se potranno mai sognà.

