Favignana – la più vivace delle Isole Egadi, che ho conosciuto solo 5 anni fa, durante una vacanza in Sicilia. Un’isola che mi ha dato tanto, dove ho scoperto un amore sconfinato per il mare e le sue vite, per la pesca e le sue forme.
Tutto è iniziato alla fine di un tramonto quando ho chiesto informazioni su dove andare a cena, mi hanno consigliato due posti e istintivamente ho scelto quello più esotico e particolare, Formica Osteria, che ti porta in un viaggio di fusione culinaria fatto di due anime meravigliose e apparentemente distanti: quella siciliana di Federica Figliomeni e quella giapponese di Kokichi Takahashi.
Un incontro inaspettato, come è stato conoscere la loro storia e la loro cucina, che unisce la precisione del Sol Levante e la passione siciliana con ingredienti freschi e genuini. Un’esperienza di cui non ho potuto fare a meno per il resto della vacanza. Una che mi ha portato a Paranza: un peschereccio chiamato Osprey, formato da una leggendaria squadra di 5 uomini forti, molto forti, da cui Formica si rifornisce di pesce fresco. Incuriosito dalla loro storia, dalle loro avventure e dalla mia passione per il mare, ho chiesto il permesso di salire a bordo per fare alcune foto durante la loro lunga battuta di pesca. Ci ho messo più di un anno per convincerli, dato che si dice che una donna sulla barca porti “sfortuna” o distrazioni…
Il Pescatore
Questi pescatori partono ogni giorno (tranne nei weekend) dal porto di Favignana, fino ad arrivare dopo Marettimo, tornando più o meno alle 5 o 6 del pomeriggio per poi vendere il pesce appena pescato.
Parlo di uomini e ragazzi, una famiglia, una grande passione, sacrifici e tanta forza di volontà – grandi amici e compagni di avventura.
Federico, il comandante, ha due grandi occhi azzurri da ragazzino, incastonati in un viso segnato dal sole e dal mare. Ha un’espressione candida che alcuni uomini conservano fino alla fine dei loro giorni perché hanno un cuore semplice e un’anima retta. A lui devo tutta questa meravigliosa avventura, fatta di colori e profumi. Un’esperienza unica che non mi sarei mai perso al mondo.
Alessio, caro amico, 25 anni, figlio del capitano.
Un ragazzo più grande della sua età, più forte di una roccia. Con lui ho passato più tempo sulla Paranza, è stato lui ad insegnarmi le regole del mare, e con le sue storie mi ha fatto innamorare sempre di più della sua professione, una grande professione.
Enzo, fratello del capitano, per me è il Dio Sole, che spesso si siede su uno sgabello davanti a una finestra che si affaccia su un mare venerato.
Prepara anche il cibo per tutta la squadra, delizie che non puoi immaginare.
Mario, figlio di Enzo, taciturno ma sempre col sorriso.
E infine, Paolo, soprannominato il rosso, il mio preferito.
Il suo viso è solcato di rughe e di un colore rosso mela in inverno, le sue lentiggini si mescolano con le sfumature arancioni dei gamberetti, occhi color ghiaccio e un cuore grande come il mare. Il mio poeta, con il sigaro sempre in bocca e le mani salate dal mare.
Mario e Paolo, forse fanno il lavoro più faticoso, sempre vigili, pronti ad intervenire su qualsiasi errore, familiari con i loro movimenti, sempre identici, ma eseguiti con tanta dedizione e precisione.


La Prima Volta
La prima volta, circa 4 anni fa, siamo partiti alle 2:30 del mattino, l’acqua era scura come l’oscurità più profonda, i miei occhi si perdevano nel vuoto e le gambe mi tremavano, non sapevo ancora cosa aspettarmi, tenevo la macchina fotografica in una mano e una corda stretta nell’altra per mantenere l’equilibrio. Dalle 2 del mattino alle 5 del pomeriggio, quando la barca torna in porto, la giornata è lunga e spesso dormiamo a turno. Durante la prima uscita, ho chiesto loro di svegliarmi e così hanno fatto; erano le 6:14 e i colori che ho visto quando ho aperto gli occhi erano proprio quelli che volevo.
Sono stato accolto da un silenzio fortissimo e ho quasi sentito la tensione, quella post adrenalina, eravamo solo alla seconda “calata” (con questo termine intendiamo il momento in cui la rete affonda nelle acque più profonde in attesa di pescare dal mare).
Le mani mi tremavano e i primi scatti ancora ondeggiavano.
C’era odore di caffè e alghe e dopo il primo sorso, sono arrivati; pensavo che lo stupore fosse sempre più difficile da raggiungere, ma quei delfini hanno reso tutto ancora più surreale.
Nel frattempo, Paolo a poppa osservava quel paesaggio con uno sguardo consapevole, era circondato da un cielo viola, sembrava immerso nel mare o forse lo era.
Il suo viso porta ancora la luce di tutto quel sole preso in mezzo al mare. Sono le 6:13 e la Paranza è tornata in porto, ero stanco. Ma quella stanchezza non mi ha impedito di voler salire sull’Osprey più volte. Mi piaceva passare le notti su quel mare, dove ormai era difficile capire dove finiva e iniziava il cielo. La luna era il nostro faro in mezzo al nulla. Quanto era bello quel silenzio immenso? Il mormorio del mare lo rendeva ancora più profondo. E poi sono arrivati, i delfini, argentei e cullati dalle onde e non ho smesso di sorridere.
I Custodi del Mare
Questi pescatori sono i veri custodi del mare dove la vita può essere molto dura, piena di avventure, odori, reti e corde taglienti, colori e creature meravigliose. Dove il rischio è sempre presente. Una vita di duro lavoro, che non dimentica ciò che si trova sotto di loro, rispettandolo con una pesca consapevole e mirata, al di fuori delle logiche delle multinazionali.
Per me sono miti. Sono andata a cercarli con la mia macchina fotografica, con quella luce testarda che mi accompagnava mentre sotto di noi c’era un mondo sommerso. Quello dove puoi trovare divinità sedute a tavola, creature meravigliose e spaventose, e sirene che imprigionano le anime. Questa è la mia storia, che intreccia il mito del mare e storie di uomini, non leggende. Un posto incantato dove finirò sempre per ritrovarmi: sullo specchio d’acqua guardando fuori dalla barca verso me stesso.
