Mentre il mondo era costretto a stare in casa, i vari paesi hanno trovato modi ingegnosi per tirare su il morale e simulare momenti di unione nonostante fossero confinati a casa. In Italia, dove il lockdown nazionale è stato rigorosamente rispettato, sono diventati virali i video di cittadini che cantavano e ballavano all’unisono dai loro balconi. Mostrano italiani giovani e anziani, con gli altoparlanti a tutto volume che eseguono opera, jazz e appassionate versioni dell’inno nazionale mentre sventolano le loro bandiere tricolore in una gioiosa dimostrazione di sfida e patriottismo. Ma le bandiere italiane non erano gli unici pezzi di stoffa volante catturati in queste scene. Lungo gli edifici e i balconi di tutto il paese c’erano file e file di stendibiancheria adornate con il bucato della nazione.
In Italia, stendere il bucato all’aperto per farlo asciugare è la norma. Questo è in gran parte per ragioni finanziarie: il prezzo esorbitante dell’elettricità significa che le asciugatrici – presenti solo nel 4% delle famiglie italiane – semplicemente non valgono la spesa. In ogni caso, la qualità, la fragranza e la consistenza del bucato asciugato naturalmente è di gran lunga superiore all’alternativa meccanica rapida e il clima generalmente affidabile permette agli italiani di beneficiare di questo semplice lusso.
Eppure, i metodi di lavaggio italiani non sono guidati solo dal pragmatismo. L’approccio tradizionale è profondamente radicato in una gioia nostalgica e in una dinamica comunitaria che incarna lo stile di vita italiano e ha finora resistito alla modernizzazione di questo dovere domestico altrimenti banale.
Tanto tempo fa, le contadine (donne contadine) dell’Italia rurale viaggiavano insieme all’alba verso il fiume più vicino per lavare i vestiti della famiglia. Il lavoro non era affatto idilliaco; era un compito fisicamente impegnativo e monotono svolto nel caldo soffocante dell’estate e nel freddo pungente dell’inverno. Ma l’unico fattore attenuante di questa fatica incessante era il piacere del contatto sociale condiviso tra le donne lavoratrici. Il rituale del bucato offriva un santuario interattivo per la conversazione e lo scherzo lontano dalla vita domestica e da altri doveri più solitari. Anche quando gli standard di lavaggio sono avanzati alla fine del 1800 e i lavatoi pubblici ( lavatoii) hanno iniziato ad apparire nei centri città, l’elemento comunitario del fare il bucato non si è mai esaurito.
Mentre molti aspetti del processo sono antiquati (non ultimo il fatto che non è più solo un lavoro da donne!) gli elementi fondamentali dell’interazione e dell’unione hanno resistito al tempo. Questo è esemplificato nelle moltitudini di stendibiancheria appese che spesso attraversano la strada, creando un collegamento fisico tra gli edifici opposti e i loro abitanti. Passeggiando per i quartieri domestici delle città, paesi, villaggi e borghi italiani, spesso si possono vedere i vicini che chiacchierano dai loro balconi mentre appendono il bucato a una corda condivisa che li unisce inestricabilmente l’uno all’altro e alle convenzioni di lavaggio del passato.

Quando ho visitato Napoli per la prima volta ero troppo giovane per ricordare molto oltre a poche impressioni che sono indelebilmente impresse in un filmato generalmente sfocato di ricordi d’infanzia. Ma il ricordo più duraturo è quello di guardare giù per una strada infinitamente lunga e dritta e vedere le file di bucato tese tra gli edifici, concave per il peso gravoso dei vestiti umidi e pendenti alte sopra la folla brulicante sottostante. Ogni centimetro di spazio fluttuante era straripante di tessuti multicolori disposti come un arco trionfale di lino senza fine, che ondeggiava con grazia, ignaro della bellezza modesta che conferiva al caos del centro urbano di Napoli.
Ma non sono assolutamente l’unico ad aver notato l’impatto visivo ipnotico del bucato appeso che danza al ritmo della dolce brezza italiana. Molti nomi famosi legati a varie forme d’arte hanno usato il bucato come potente icona nel loro lavoro. I film di realismo magico di Fellini rivelano come qualcosa di così insignificante come il bucato possa assumere una vita incantevole ed evocativa tutta sua.
Nel suo 8 1⁄2, il protagonista del film, Guido Anselmi (un alter ego sullo schermo di Fellini) vive un flashback d’infanzia di lui e altri bambini viene lavato, poi amorevolmente lanciato e avvolto in un asciugamano appena lavato tenuto da due donne adoranti. È una scena nostalgica di felice domesticità accentuata da risate infantili, balie premurose, un fuoco scoppiettante e enormi lenzuola bianche stese ad asciugare. È un ricordo così confortante che alla fine del film, in una resa onirica, l’Anselmi ormai adulto si immagina di nuovo in quell’ambiente infantile, nuovamente avvolto in quegli asciugamani freschi e accudito da tutte le donne che hanno lasciato il segno nella sua vita adulta. La scena è bizzarra e rapidamente inizia a disfarsi, ma Fellini dimostra un desiderio di innocenza giovanile evocato da forti simboli domestici come un focolare, un bagno e non da ultimo – quel pilastro della casa italiana – il bucato steso.
La bella vista del bucato ondeggiante per le strade d’Italia è un emblema sottile ma quintessenziale dell’autenticità italiana. Icone imponenti della cultura italiana come il Colosseo o la Torre di Pisa sono simboli universalmente riconosciuti della gloriosa storia del paese, ma l’Italia è anche piena di simboli meno prepotenti, come le ghirlande di panni stesi, che celebrano le antiche usanze della vita quotidiana in tutto il suo umile fascino.
E mentre i video virali del lockdown mostrano gli orgogliosi italiani che sventolano la bandiera tricolore perché il mondo la veda, i loro vestiti, lenzuola e biancheria intima svolazzano orgogliosamente accanto, rafforzando l’incrollabile senso di resilienza, tradizione e soprattutto comunità su cui si fonda il paese.