La Sardegna settentrionale ti accoglie innanzitutto con un profumo. Scendi dall’aereo o dal traghetto e una calda brezza erbacea ti avvolge, portando la fragranza distintiva di elicriso (elicriso mediterraneo), quasi, e curiosamente, simile al curry. La gente del posto ci dice “la Sardegna sa di elicriso”.
Qui, tuttavia, la terra non si limita a profumare il luogo, ma modella il modo di vivere delle persone—e dà un nuovo significato alla frase “invecchiare con grazia,” considerando che l’area ha quasi 10 volte più centenari pro capite rispetto agli Stati Uniti.
Mentre la longevità è trattata come una tendenza di stile di vita in molte parti del mondo, per i sardi è il risultato naturale di abitudini culturali di lunga data, plasmate dalla geografia, dalla tradizione e da un profondo legame con la terra. Dalle erbe selvatiche e le cure per la pelle naturali al miele e alle ceramiche fatte a mano, questa parte dell’isola è un esempio su come i materiali locali, i ritmi stagionali e la conoscenza tramandata continuino ad influenzare la vita di tutti i giorni. Questa è la vita sarda. (Spoiler: nessuno conta i passi o massaggia il cavolo riccio.)

Le Erbe e il miele nel paesaggio selvaggio della Sardegna
Elicriso simboleggia l’eternità e la memoria, dicono gli abitanti del luogo, che chiamano le piante “immortelle“. I fiori sbocciano a Maggio e mantengono il loro giallo vivido e la loro forma per tutta l’estate, anche quando essiccati. Sono stati a lungo apprezzati qui per le loro proprietà curative e utilizzati nei rimedi tradizionali per la pelle, come quelli prodotti da Helysol Sardinia. La linea di prodotti per la cura della pelle del marchio locale è sviluppata con alla base l’elicriso, che viene raccolto direttamente in Gallura e distillato in un olio essenziale puro che viene incorporato in creme, sieri e detergenti per il corpo. Antinfiammatoria, cicatrizzante e dermo-purificante, la pianta è utilizzata per i suoi effetti lenitivi e rigeneranti sulla pelle sensibile o esposta al sole.
Qui sulla costa gallurese, abbondano altre piante aromatiche selvatiche: lavanda selvatica resistente (che cresce in ciuffi insolitamente rigogliosi su queste coste), cisto, lentisco, corbezzoli, e il mirto ricoprono le colline granitiche della macchia mediterranea. Anche l’hotel Romazzino prende il nome da romazzinu , la parola sarda gallurese per rosmarino—appropriato, visti i numerosi cespugli di rosmarino e mirto che si estendono ai bordi dei sentieri che portano verso le calette e le scogliere segrete, rilasciando i loro aromi al calpestio dei passanti.
In mezzo a questa macchia profumata, le api mellifere dell’isola vagano, trasformando con meticolosa cura il nettare dei fiori selvatici in uno degli elisir più pregiati della Sardegna: il miele. In questo angolo della Sardegna, gli apicoltori tengono gli alveari tra lentisco e lavanda, producendo miele che è unico per il terroir della macchia. Infatti, la Sardegna nel suo complesso eccelle nell’apicoltura—l’isola produce circa 800 tonnellate di miele ogni anno, circa il 6% di tutto il miele italiano, secondo Sardegna foreste. Un piccolo collettivo locale come Apistela può raccogliere circa 25 quintali di quelle tonnellate all’anno. Le loro api si nutrono di cardi, asfodelo ed erica mediterranea, ma due varietà spiccano: il miele di lavanda e il leggendario corbezzolo. Il Corbezzolo — è una varietà di miele autunnale, prodotta quando i corbezzoli fioriscono a fine anno—è un gusto acquisito, famoso come “il miele amaro”. Si tratta di uno dei mieli più rari d’Italia, assagiandolo colpisce il palato con la sua dolcezza prima di diventare pungente— sono il breve periodo di raccolta in sardegna, la sua complessità aromatica e la sua ricchezza di antiossidanti che lo rendono tra i più ricercati (e costosi) del paese.
Al contrario, il miele di lavanda selvatica di queste colline è floreale e delicatamente aromatico, così amato che gli stessi chef del Romazzino lo hanno scelto come miele della casa per gli ospiti—perfetto per guarnire le seadas, un dolce fritto tradizionale ripieno di formaggio pecorino e scorza di limone. Gli abitanti del luogo ne mescolano anche una cucchiaiata nel latte caldo come rimedio, lo assaporano semplicemente da solo, o lo cospargono su formaggio pecorino stagionato.

La vita pastorale in Sardegna continua a prosperare
Se le api sono le lavoratrici invisibili dell’isola, i pastori ne sono l’anima. La Sardegna settentrionale, con i suoi pascoli ondulati e gli altipiani granitici, è terra di pecore da tempo immemorabile. Qui, essere un pastore è un’eredità e un motivo di orgoglio tramandato di generazione in generazione.
È comune per i caseifici a conduzione familiare utilizzare latte crudo dal proprio gregge, trasformandolo in caldaie di rame in forme di fragrante Pecorino Sardo. Solo pecore sane che pascolano foraggio selvatico possono dare il latte ricco necessario per un pecorino autentico, sostengono gli agricoltori locali. Il formaggio risultante—nocciolato e piccante, intriso di note aromatiche derivanti dalle erbe selvatiche di cui è ricca la dieta delle pecore—è un pilastro dell’economia locale e un alimento omnipresente della tavola sarda.
Un esempio: culurgiònis, la pasta ripiena emblema culinario della Sardegna e tipica dell’Ogliastra una zona interna dell’isola. Questi gnocchi paffuti—spesso ripieni di un mix di patate, menta e pecorino—sono sigillati con un’intricata cucitura intrecciata che vuole assomigliare a una spiga di grano (erano tradizionalmente fatti per celebrare il raccolto). Oggi potresti trovare i culurgiònis nei menu dei ristoranti di lusso, ma i migliori sono quelli fatti senza fronzoli. “A casa, la mia nonna fa i culurgiònis sempre. Ho imparato a farli da lei,” ci dice Damiano, il sous chef del Romazzino. (Mangiare bene è anche una delle chiavi del benessere su un’isola che notoriamente gode di una longevità straordinaria, ma ne parleremo più avanti.)

Le ceramiche sarde sono una tradizione che non si spezza mai
Oltre al cibo, il legame della Sardegna con la terra si riflette anche nei suoi mestieri, in particolare nelle ceramiche realizzate con argilla locale e rinomate per le loro forme sinuose e i motivi ispirati alla natura—turbinii di motivi geometrici e simboli floreali e marini dipinti in blu e arancioni mediterranei. Sul fianco orientale della Sardegna, tra La Caletta e Siniscola, la famiglia Deiana modella l’argilla dell’isola in ceramiche da quattro generazioni presso Terra Sarda Ceramiche Artistiche.
“È una tradizione sarda,” ci dice Gianni Deiana. “Ci sono i paesi proprio sardi, tipo Siniscola, Semeni, Oristano, che sono i paesi dove c’è l’argilla.”
Gianni ha imparato il mestiere da ragazzo al fianco di suo padre Salvatore, modellando brocche e ciotole di terracotta nel laboratorio di famiglia insieme a suo fratello Massimo. Oggi, gestisce Terra Sarda con sua moglie Marina e le loro figlie, che dipingono a mano ogni oggetto; troverai tradizionali pavoncelle e brocche d’acqua rustiche accanto ad eleganti centritavola, lampade, applique e persino numeri civici in ceramica.
È il tipo di lavoro lento e intenzionale che sembra plasmare non solo oggetti, ma vite—una qualità che permea profondamente questa parte della Sardegna.

Lezioni dalla prima zona blu
La Sardegna settentrionale fa parte di una delle prime Zone Blu identificate al mondo—regioni dove le persone vivono vite notevolmente lunghe e sane. La Sardegna, infatti, è stata il primo caso di studio, con, come detto, quasi 10 volte più centenari pro capite rispetto agli Stati Uniti, specialmente in un gruppo di villaggi montani interni noti per il loro numero insolitamente elevato di centenari uomini.
Il segreto? Un mix di genetica e stile di vita. Un raro marcatore M26 è comune a causa del lungo isolamento geografico, ma ciò che è più rilevante—e replicabile—sono le abitudini quotidiane. I sardi tradizionalmente seguono una dieta prevalentemente vegetale ricca di cereali integrali, zuccheri naturali (preferendo il pregiato miele a quelli raffinati), legumi, verdure di stagione e formaggio di pecora allevata al pascolo come il pecorino di Pietro, occasionalmente abbinato a carne e uno o due bicchieri di vino Cannonau, particolarmente ricco di antiossidanti.
“L’esercizio fisico” qui è anche integrato nella vita. Gli anziani camminano per strade collinari, curano giardini e tagliano legna ben oltre i 90 anni. Altrettanto vitale, sostengono gli scienziati, è il tessuto sociale: villaggi affiatati dove i nonni vivono a casa e i vicini si riuniscono per chiacchierare in piazza. Uno studio ha persino notato che le regolari “sessioni di risate pomeridiane” tra gli uomini anziani erano un’abitudine legata alla riduzione dello stress e a una migliore salute.
Tutto questo—movimento naturale, una dieta sana, forti legami comunitari, aria pulita—crea una sorta di benessere involontario, del tipo che non richiede monitoraggio, ottimizzazione o pianificazione. La longevità qui non è l’obiettivo, ma un effetto collaterale del vivere con scopo, creatività, connessione e gioia. È un rinfrescante contrasto con le tendenze di benessere iper-curate che si trovano altrove. Nessuna app di yoga, nessuna dieta a base di succhi verdi, nessun braccialetto che analizza il sonno.
In fin dei conti, in Sardegna la vita è lunga perché è ben vissuta.