Mentre sto scrivendo questo articolo, sto sorvolando la città di Bologna su un aereo. Da quassù, posso vedere la piccola ombra dell’aereo che disegna una traiettoria sopra i gruppi di foreste, vigneti e tetti di mattoni rossi della splendida capitale della regione Emilia-Romagna. L’ombra dell’aereo sembra l’icona del mouse sul desktop, che punta verso la città di Bologna per ricordarmi tutte le bellezze custodite dentro quelle portici infiniti, piazze e botteghe.
Oltre ad essere famosa per il cibo, l’arte e la storia, Bologna è anche la città natale di uno dei cantautori più arguti che l’Italia abbia mai avuto – il grande, compianto Lucio Dalla. Il legame tra Lucio Dalla e la città di Bologna è profondo e ben documentato durante la sua lunga e fortunata carriera, durante la quale ha prodotto e registrato più di 40 album. Canzoni come ‘Piazza Grande’ o ‘ Lucio dove vai?‘ possono essere considerate lettere d’amore a Bologna, un palcoscenico per le sue storie e canzoni, dove i personaggi e il cantante stesso vivono tra portici, parchi, giardini e torri, destreggandosi tra famiglie e problemi di relazione, spesso sussurrando alla luna e alle stelle, chiedendosi cosa accadrà loro.
Durante una lunga carriera, dagli anni ’60 al 2000, Lucio Dalla ha costantemente prodotto grande musica, registrato album premiati e regalato agli italiani il suo umorismo arguto e le sue melodie sognanti. L’articolo che stai leggendo è un piccolo tentativo di rendere omaggio al suo talento e alla sua città, Bologna.
DAL JAZZ AL BEAT: GLI ANNI ’60
Nato il 4 marzo 1943, Lucio Dalla mostrò fin da giovane un talento naturale per la musica, sviluppando una passione per il clarinetto, che alla fine si trasformò in passione per il sassofono e altri strumenti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Bologna era una città veloce e vibrante, dove venivano aperte fabbriche di motorbikes e dove il jazz dagli Stati Uniti veniva suonato nei bar e nei club. Quei tempi jazz contemporanei e ritmi nevrotici attirarono Lucio Dalla, un tipo peloso, strano e irrequieto , tanto che iniziò a suonare in band jazz locali – prima la Reno Jazz Gang, poi la Second Roman New Orleans Jazz Band, seguita dai Flippers e Gli Idoli. Tra il 1965 e il 1971, Lucio Dalla registrò tre album, 1999 (1966), Terra di Gaibola (1970) e Storie di Casa mia (1971) in cui si sporca le mani con jazz, pop e musica beat, cercando di trovare la sua voce, il suo tono e il suo stile. Canzoni come ‘ Paff…Bum‘, ‘Tutto il male del mondo’, ‘Un uomo come me‘ o l’iconica ‘Il gigante e la bambina‘, ‘4 Marzo 1943‘ e ‘Piazza Grande‘ (scritta in collaborazione con l’ingegnosa paroliera Paola Pallotino) mostrarono il talento del giovane musicista bolognese e gettarono le basi per la sua visione visionaria, sognante e spesso ironica del mondo, popolata da marinai, prostitute e gente della classe operaia. Erano canzoni in cui le persone si innamoravano, girovagavano per Bologna e si interrogavano sul significato della realtà.

©Eredi di Luigi Ghirri
SPERIMENTAZIONE: I PRIMI ANNI ’70
Dopo il jazz e il beat degli anni ’60, Lucio Dalla decise di sperimentare durante gli anni ’70 e si unì al poeta bolognese Roberto Roversi. Insieme il duo produsse tre dischi tra il 1973 e il 1976 in cui la creatività fluiva senza confini e dove i riferimenti musicali si trovavano nel prog rock, nel folk e nella musica d’avanguardia, giocando con le parole e gli stili in modo irriverente e politico. Il primo album prodotto da Dalla e Roversi si chiama Il giorno aveva cinque teste (1973) ed è un intelligente mix di melodie eccentriche, voce ispirata al jazz e improvvisazioni dove la politica è predominante e furiosa. Canzoni come ” L’auto targata TO mostra un chiaro attacco alle fabbriche FIAT di Torino, dove gli operai erano alienati (come in “L’operaio Gerolamo” o “Alla fermata del tram”) e dove l’innocenza di un paese era persa e da tempo dimenticata.
Il seguente Anidride Solforosa album (1975) è un caso strano nella scena musicale italiana di quegli anni, soprattutto la title track, una specie di pazzo gioco vocale con sintetizzatori e un forte messaggio politico: il mondo moderno è alienato, inquinato e intossicato. Mentre Dalla e Roversi stavano scrivendo questi dischi, i sindacati lottavano contro i proprietari delle fabbriche, esortandoli ad aumentare la qualità della vita della classe operaia. All’epoca, la FIAT era una delle fabbriche più grandi del mondo, impiegando, al massimo, circa 200.000 lavoratori. La crescita esponenziale delle opportunità di lavoro dopo la Seconda Guerra Mondiale e attraverso gli anni ’60 diminuì durante gli anni ’70, creando tensioni tra le classi. Con questi dischi, Dalla e Roversi miravano a sottolineare l’alienazione dei lavoratori che alimentavano le fabbriche di automobili, prendendo di mira spe cificamente Giovanni Agnelli, uno dei fondatori originali della FIAT, e la sua famiglia.
Sulle orme di Anidride Solforosa c’era Automobili (1976), il terzo disco composto dal poeta e dal cantautore, e, come il nome potrebbe suggerire, un concept album sulle automobili, che trasmette l’idea che le auto sono un simbolo del futuro ma allo stesso tempo costringe la società alla dipendenza. Dal disco, ” Nuvolari” è diventato un classico istantaneo, raccontando la storia del pilota italiano Tazio Nuvolari, una superstar delle corse tra gli anni ’20 e ’50 in Italia.
SOLO: LA FINE DEGLI ANNI ’70
Nel 1977, Lucio Dalla, pronto a scrivere i suoi testi, pubblicò uno degli album italiani più importanti di tutti i tempi: Com’è profondo il mare (1977). Chiedi a qualsiasi italiano se conosce il fischio della title track e inizierà immediatamente a cantare il testo della canzone. Dopo la festa sperimentale dei tre dischi con Roversi, Dalla ha scritto molteplici gemme pop, destinate a rimanere indimenticabili nella cultura pop italiana: dalla title track– una canzone metaforica sui pensieri e gli ideali, rappresentati come pesci che nuotano nel mare–fino all’iconica “Disperato Erotico Stomp”, un gioioso stomp reggae sul sesso e l’onanismo, fino al classico “Cucciolo Alfredo” su Bologna–tutte canzoni che hanno fatto da colonna sonora alla fine degli anni ’70, quando l’Italia attraversava gravi turbolenze politiche. Durante le rivolte di Bologna del 1977, una lotta violenta tra la sinistra extraparlamentare e l’esercito/polizia, furono chiamati e parcheggiati in città carri armati militari e uno studente, Francesco Lorusso, morì. L’emotiva “Cucciolo Alfredo” la canzone si concentra su un ragazzino, che vaga per Bologna durante e dopo questi tumulti.
Il seguente Lucio Dalla (1978) è un altro disco imperdibile per ogni conoscitore della musica italiana: otto canzoni perfette tra soft rock, yacht rock, ballate pop e un tocco di jazz e funk, tutte sapientemente mescolate. L’apertura “ L’ultima luna” è una traccia dark, sensuale disco wave, seguita dalla più dolce canzone d’amore “Stella di mare”, il punk-funk “La Signora”, il classico “Anna e Marco”, “Cosa sarà”, “L’anno che verrà”, una delle canzoni più famose di Dalla, e “Milano”, forse la più grande canzone su Lombardia capitale. “Milano” riesce a catturare l’anima della città: è un crogiolo tra nord e sud. “Milano, ti parla in tedesco e ti risponde in Siciliano” (“Milano, ti parla in tedesco e ti risponde in siciliano”), cantava Dalla. A differenza della “grigia” Torino, una città che Dalla odiava, Milano è ancora una città dove vive l’umanità.
Mentre negli anni ’60 Dalla lottava per trovare una direzione nella sua produzione e nella prima metà degli anni ’70 spingeva l’acceleratore sulla sperimentazione e sui divertissements intellettuali, è con questi due dischi che il musicista bolognese è diventato l’icona che è ancora oggi ricordata. Qui, in queste 20 canzoni, ha esaminato la sua poesia, cantando testi su persone normali che affrontano sogni, illusioni e la fugacità del tempo. Personaggi solitari che sperano in un futuro migliore, ma con molta ironia e scetticismo. Le migliori produzioni di Lucio Dalla sono quelle che possono spostarsi continuamente tra malinconia e umorismo, giocando con metafore auliche e immagini sordide, mescolando sacro e profano. Com’è profondo il mare e Lucio Dalla descrivono perfettamente questo atteggiamento verso la vita, un mix di cose belle e orribili.
UN ALTRO CAMBIO DI DIREZIONE: GLI ANNI ’80
Il semplicemente intitolato Dalla (1980), il nono disco del genio bolognese, ha aperto gli anni ’80 con un’altra manciata di classici. La groove ‘Futura’, con le sue atmosfere romantiche, l’orecchiabile ‘ Mambo‘, la ballata ‘Cara‘ e la deliziosa ‘Balla balla ballerino‘ sono solo alcune delle grandi canzoni composte per questo disco soft rock. A questo punto della sua carriera, Dalla ha meno di 40 anni e, secondo la televisione nazionale, è il cantante più famoso d’Italia. Il suo recente tour con Francesco De Gregori, poi trasformato in un doppio LP e in un film intitolato Banana Republic (1979), ha trasformato Lucio Dalla nel cantautore più famoso del momento, tanto che ha deciso di sperimentare con la televisione e il cinema e è apparso in diverse opere cinematografiche, in particolare Borotalco, una commedia di Carlo Verdone ed Eleonora Giorgi in cui la Giorgi è innamorata e ossessionata da Dalla.
L’anno successivo, ha pubblicato Lucio QDisc (1981), un EP di quattro canzoni che forse sigilla il miglior periodo artistico di Lucio Dalla, grazie alla deliziosa ‘Telefonami tra vent’anni‘ e alla brillante ‘Madonna disperazione’, una ballata pop rock di sette minuti con note malinconiche e una dolce melodia.
Il disco successivo 1983 (1983) è giustamente considerato uno dei dischi meno popolari di Dalla a causa di una direzione poco chiara e di una manciata di tracce poco coese. Ma nel 1984, Lucio ha pubblicato (per la sua etichetta chiamata Pressing, finalmente libero dalle imposizioni delle major come RCA e Sony) Viaggi organizzati, un altro disco imperdibile nella sua collezione. È un disco estremamente cupo, triste, futuristico, in cui il suono è prodotto con strumenti (all’epoca) non ortodossi: computer e sintetizzatori. L’album suona ancora contemporaneo oggi. ‘Tutta la vita’ è una descrizione ironica e malinconica di cosa significa essere un artista e un musicista (e stranamente è diventata estremamente famosa in Australia grazie a una cover di Olivia Newton-John). Sullo stesso disco, devo citare la brillante sci-fi/blade runner-esque ‘ Washington‘–ricordata anche per il suo video super cool–e la deliziosa title track, una sorta di ripresa di ‘O Superman’ di Laurie Anderson e ‘Einstein on the Beach’ di Philip Glass.
Per il resto degli anni ’80 e ’90, la produzione di Lucio Dalla è poi diventata inconsistente, con molti (troppi!) dischi che non sono stati in grado di raggiungere l’eccellenza delle produzioni precedenti. O Ha solo perso il tocco o è impossibile produrre così tanti buoni dischi per tanti anni senza bruciarsi. È riuscito comunque a rimanere un beniamino dei fan, grazie ai nove milioni di copie di “Caruso” vendute in tutto il mondo – una lettera d’amore a Enrico Caruso, il grande tenore napoletano diventato famoso negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo – e all’orecchiabile canagliesco Attenti al lupo – un ritmo reggae con un tocco felliniano sull’imprevedibilità della vita.
Quando ho finito di scrivere quest’articolo, ero quasi arrivato a Toronto, sospeso nel cielo per circa 9 ore con la musica di Lucio Dalla nelle orecchie. È stato un interessante excursus– come diciamo in Italia – nella mente di un genio che ci ha lasciato troppo presto per un infarto a Montreux in un giorno di marzo 2012 all’età di 68 anni. Se dovessi definire il cuore della poesia di Lucio Dalla, direi che sta probabilmente nella sua capacità di mostrare il disincanto. Bologna era il parco giochi di Lucio Dalla per l’ironia e lo scetticismo: per lui, la città rappresentava un microcosmo del mondo intero – una piccola ma metaforica rappresentazione del pianeta dove auto, umani, animali, amore e sfortune vivevano. Solo una spensieratezza ironica poteva rimettere insieme tutti questi pezzi rotti. Ascoltando “Anna e Marco “ l’ascoltatore non può fare a meno di versare una lacrima e sorridere allo stesso tempo, dato che la storia d’amore tra i due potrebbe essere carina, ma è anche piuttosto sciocca. O mentre si ascolta L’Anno che verrà, in cui la possibilità di un futuro migliore è molto sottile, ma c’è ancora un piccolo spazio per una battuta: “Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po’ e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò” (“Caro amico, ti sto per scrivere, ma siccome sei così lontano, ti scriverò più forte”).