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Lina Wertmüller: La Seduzione di Lina

“Wertmüller ha scritto una pagina fondamentale nella storia della cultura italiana, ritraendo personaggi memorabili e storie indimenticabili.”

Un vassoio per la colazione con frittelle, salsa e una tazza su un letto disordinato in una stanza d'albergo a luce soffusa; lampada sul comodino, loghi a destra. Hotel d'Inghilterra Roma, Starhotels Collezione - Vassoio per la colazione con pancake, sciroppo e frutti di bosco su un letto stropicciato in una camera elegante.

Quando parliamo di personalità femminili italiane che hanno fatto la differenza, non possiamo dimenticare la grande Lina Wertmüller. Seguendo la tradizione del cinema italiano, la vulcanica regista romana ha mostrato le contraddizioni e le dicotomie della società italiana, con un tocco personale e unico.

Stravagante, politica, grottesca e, dietro i suoi famosi occhiali bianchi, alla fine iconica, Lina Wertmüller è stata la prima donna regista ad essere nominata agli Oscar nel 1977 per il film “Pasqualino Settebellezze”, e una delle poche registe a ricevere un Oscar onorario nel 2019. Ma Lina era molto di più: era unica nel suo genere, impossibile da ridurre a una manciata di aggettivi, e decisamente un’artista feroce. Questo articolo è un tentativo di descrivere la sua straordinaria personalità, rendendole un piccolo omaggio attraverso i suoi film e la sua arte.

Nata Arcangela Felice Assunta a Roma, in una famiglia svizzera cattolica romana di origini aristocratiche, Lina era figlia di Mari Santamaria-Maurizio e dell’avvocato Federico Wertmüller von Elgg Spañol von Braueich. Espulsa da più di una dozzina di scuole cattoliche, Lina trovò finalmente rifugio per il suo temperamento artistico nella scuola di recitazione, dopo la quale iniziò a lavorare prima in teatro e poi come assistente alla regia per Federico Fellini, durante le riprese del celebre 8 ½. Attraverso i suoi film, pièces teatrali, musical e adattamenti operistici, Wertmüller ha scritto una pagina fondamentale nella storia della cultura italiana, ritraendo personaggi memorabili e storie indimenticabili.

Fin dal suo debutto con il film neorealista “I Basilischi” (1963), Wertmüller ha voluto mettere in discussione le false certezze della borghesia, instillando dubbi nello spettatore, sfidando le ideologie della classe media e mostrando l’ipocrisia della nostra società. Girato con una tecnica monocromatica, il film è una rappresentazione raffinata della poetica della regista. È un’analisi asciutta di come le realtà patriarcali e ristrette possano opprimere la vita di tre ragazzi, limitando la loro esistenza a sbirciare le donne e a bighellonare nel piccolo paese di Palazzo San Gervasio in Basilicata.

Dopo un adattamento di successo di Gianburrasca Per la RAI, con un’interpretazione esilarante di Rita Pavone, diverse opere per il teatro e un paio di film (Questa Volta Parliamo di Uomini, nel 1965, Rita La Zanzara nel 1966, Il Mio Corpo per un Poker nel 1966) – gli ultimi due firmati con pseudonimi, la Wertmüller fa centro con “Mimì Metallurgico Ferito nell’Onore” (1972). Il film racconta una storia dostoyevskiana di un semplice operaio della Sicilia (Giancarlo Giannini) che, combattuto tra la mafia, sua moglie e il partito comunista locale, decide di trasferirsi a Torino, dove trova l’amore in un’altra donna e un lavoro in fabbrica. Dopo orribili avventure, Mimì finisce dove aveva iniziato la sua storia, in Sicilia, solo e disperato. Il film tocca temi importanti cari alla regista, come il ruolo della mafia nella società italiana, la funzione dei partiti socialista e comunista, l’importanza dei sindacati nei diritti dei lavoratori.

Il film “Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Sta mattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…” (1973) racconta la storia di Tunin, ancora una volta interpretato da Giancarlo Giannini, un semplice contadino del Veneto che va a Roma per uccidere Mussolini. A Roma, incontra le prostitute Salomè (Mariangela Melato) e Tripolina (Lina Polito) di cui si innamora. Il suo piano non riesce, e Tunin muore in una prigione fascista, solo e disperato. Come il suo predecessore, Amore e Anarchia esplora i concetti di sesso e politica, come gli esseri umani usano il sesso per stabilire il potere e come il potere possa essere visto come sublimazione del sesso.

Sempre sul punto di essere troppo volgari, i film della Wertmüller mescolano scene sessuali vivaci e appariscenti per spiegare ideologie politiche, soprattutto nel successivo “Travolti da un Insolito Destino nell’Azzurro Mare d’Agosto” (1974). Il film racconta la storia di una donna ricca e snob (Mariangela Melato) e un marinaio povero (Giancarlo Giannini) naufragati sulle meravigliose spiagge della Sardegna e di come le loro differenze si trasformeranno alla fine in amore. Il film è ovviamente una metafora di successo degli anni ’70, in cui la donna snob rappresenta il Nord Italia, lo stratega economico capitalista e la borghesia, mentre il marinaio squattrinato rappresenta il Sud Italia, il comunismo e la lotta della classe operaia. Mentre nella società normale la dinamica della coppia è fissa, sull’isola i ruoli si invertono e, dialetticamente, il padrone diventa lo schiavo. Ancora una volta, la Wertmüller presenta una complessa metafora delle relazioni di potere di genere, offrendo una parodia del razzismo tra il Nord e il Sud Italia negli anni ’70.

Il “Pasqualino Settebellezze” (Pasqualino Settebellezze) del 1975 è il film che ha reso Lina famosa in tutto il mondo, ottenendo quattro nomination agli Oscar (tra cui miglior film e miglior sceneggiatura). Mescolando dramma grottesco e commedia, il film racconta la storia picaresca di Pasqualino (di nuovo Giannini), un fannullone di Napoli che finisce in un campo di concentramento nazista, dove decide di sopravvivere offrendo favori sessuali a una comandante. Sopravvive alla Seconda Guerra Mondiale ma a un prezzo alto, mettendo in discussione la sua umanità alla fine del film. Il film racconta una storia molto cupa, come un contorto bildungsroman, in cui il personaggio scende nell’angolo più oscuro della psiche umana. Usando di nuovo il sesso come metafora del potere, Wertmüller ci ha regalato uno dei film più potenti sui campi di concentramento nella storia d’Italia. Secondo il New York Times, il film era “il King Kong di Miss Wertmüller, il suo Nashville, il suo 8 ½, il suo Navigator, il suo City Lights.”

Negli anni ’70, Lina Wertmuller è riuscita a produrre altri due film. “La Fine del Mondo nel Nostro Solito Letto in Una Notte di Luna Piena” (La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia, 1978) con cui Lina è stata nominata per la migliore regia al 28° Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Nonostante fosse una storia arguta sulla fine di una relazione, con Giannini e Candice Bergen che interpretano una coppia loquace sull’orlo della rottura, il film non è riuscito a impressionare la critica. È un peccato perché il film è intelligente e ritrae brillantemente la nevrosi della società borghese. L’anno successivo ha prodotto “Blood Feud” o “Un fatto di sangue nel comune di Siculiana fra due uomini per causa di una vedova. Si Sospettano moventi politici. Amore-Morte-Shimmy. Lugano belle. Tarantelle. Tarallucci e vino” (che ha ottenuto il titolo per il titolo più lungo nella storia del cinema, duh!). Insieme a Giannini, Lina è riuscita a portare in scena i super famosi Marcello Mastroianni e Sophia Loren, recitando in un dramma ispirato a una faida siciliana.

Alla fine degli anni ’70, Lina Wertmuller era al centro dell’attenzione per essere la regista che aveva davvero capito lo zeitgeist del suo tempo. È come se fosse riuscita a inserire gli anni ’70 nei suoi film. Parlava il linguaggio del suo tempo, analizzando i temi di quegli anni, saltando tra commedia e dramma, usando un linguaggio crudo che divideva davvero le persone. Alcuni critici la odiavano, chiamandola misogina e misantropa. Altri, come John Simon, la chiamavano “La Regista Più Importante Dopo Bergman”. Woody Allen la voleva per la famosa scena al cinema in Io e Annie (e poiché era troppo occupata a girare gli ha mandato i suoi famosi occhiali bianchi).

Gli anni ’80 e ’90 ci hanno dato una Lina meno irriverente e politicamente coinvolta. Ha continuato a fare bei film come “Un Complicato Intrigo di Donne, Vicoli e Delitti” (Un complicato intrigo di donne, vicoli e delitti, 1985), “Notte d’Estate con Profilo Greco, Occhi a Mandorla e Odore di Basilico” (Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico, 1986), e l’importante film sull’AIDS, girato a New York, chiamato “In Una Notte di Chiaro di Luna” (In una notte di chiaro di luna, 1989).

Limitare il genio di Lina Wertmüller nelle parole di un articolo è un po’ riduttivo, dato che era una tempesta di emozioni e idee. I suoi film erano così pieni di sentimenti, così ricchi di tematiche che a volte potevano essere troppo per gli spettatori. Perfettamente in linea con gli anni ’70, i suoi film seguivano le ideologie utopiche dell’epoca. Erano film pieni di passione, esagerati, volutamente chiassosi, e proprio come Lina stessa dinamici e controversi.