Noi italiani abbiamo davvero preso a cuore questo proverbio, sia durante il carnevale che ogni volta che organizziamo una festa, giornate piene di caos e celebrate con inseguimenti di formaggi, lotte per il cibo e uno sport in qualche modo più violento del rugby. Sebbene possa sembrare che tirare arance in testa al vicino sia una spietatezza fine a se stessa, in realtà c’è una qualche ragione per tutto questo: spesso si tratta di tradizioni iperlocali che risalgono al Medioevo. Le squadre delle contrade cittadine si sfidano tra loro, favorendo i rapporti comunitari e mettendo un vicino contro un altro.
Nel complesso, queste feste sono testimonianza di tradizioni e usanze italiane durature, in particolare della capacità di creare e promuovere il caos organizzato. Più è stravagante, meglio è.
Per dare un’occhiata al caos della cultura italiana, queste cinque feste dovrebbero essere in cima alla vostra lista di cose da vedere (anche se vi consigliamo di stare ad almeno tre metri di distanza e, bambini, non provate a fare tutto questo a casa).
La battaglia delle arance
A Ivrea, in Piemonte, gli abitanti celebrano il carnevale con la più grande e violenta battaglia alimentare d’Italia: la Battaglia delle Arance. A febbraio, nove squadre di aranceri trovano le loro arene di combattimento in tutta la città, e si scontrano con le arance come uniche munizioni, contro figure mascherate che passano su carrozze trainate da cavalli.
Le origini della battaglia risalgono al XII secolo, quando gli abitanti di Ivrea bruciarono il palazzo del loro duca dopo che questi aveva tentato di aggredire la giovane figlia del mugnaio durante la prima notte di nozze. I visitatori sono i benvenuti, a patto che indossino un berretto chiamato “frigio” (un simbolico cappello rosso che vi fa assomigliare a Grande Puffo) e che si tengano lontani dal centro del conflitto. Oppure, se vi sentite audaci, potete candidarvi come aranceri, ma attenzione: la battaglia vi lascerà insanguinati, ammaccati e ricoperti della stessa polpa arancione che rimane per sempre schiacciata sul selciato.


Ivrea Orange battle; Photo by Alessio Ferreri
Palio di Siena
Il Palio di Siena, la festa più conosciuta d’Italia, potrebbe vincere il premio per il maggior caos creato nel minor spazio possibile. Ogni due anni, il 2 luglio e il 16 agosto, la Piazza del Campo di Siena (con una circonferenza di soli 333 metri) si riempie di migliaia di persone arrivate alle dieci del mattino per assistere alla frenetica corsa dei cavalli. Poco prima delle diciannove (sì, gli spettatori aspettano così a lungo sotto il sole cocente, senza una fontana o un bagno) i cavalli e i fantini (a pelo!) entrano in piazza al suono dei fuochi d’artificio e la corsa inizia: dopo novanta secondi e tre giri in senso orario intorno alla piazza, c’è un vincitore…e probabilmente anche qualche cavallo senza cavaliere, che tecnicamente può vincere la corsa anche senza il suo fantino.
Sono diciassette le contrade di Siena, ognuna delle quali si schiera dietro il proprio emblema: aquila, bruco, chiocciola, civetta, drago, giraffa, istrice, unicorno, lupa, oca, tartaruga, onda, torre, ariete, bosco, pantera e conchiglia. A causa del suddetto spazio ridotto, solo dieci cavalli alla volta gareggiano, in base a una selezione casuale, e le accese rivalità sembrano risalire al Medioevo come la gara stessa. La notte precedente, i cavalli dormono in una delle chiese della loro contrada per ricevere la benedizione e la protezione divina (e per evitare che i cavalli vengano drogati).
La contrada vincitrice non riceve solo il drappellone, un prezioso trofeo di stoffa esposto nella propria chiesa: ogni membro della contrada trionfante ha l’onore di partecipare all’esclusiva cena della vittoria, un’enorme cena a base di classici toscani e vino a volontà.


Calcio Storico
Il 24 giugno, la piazza più grande di Firenze, Piazza Santa Croce, si riempie di cinquanta/cento tonnellate di sabbia e si trasforma in un’arena che ospita il peggior incubo di ogni madre: il violento sport del calcio storico. Questo gioco del XVI secolo è il figlio odioso del calcio, del rugby, della lotta e delle tecniche delle arti marziali. Secondo il regolamento ufficiale del Rinascimento, il gioco permette quasi tutto, tranne le sostituzioni.
Ci sono quattro squadre, ognuna basata su un colore, provenienti dai quartieri fiorentini: Azzurri (Santa Croce), Bianchi (Santo Spirito), Rossi (Santa Maria Novella) e Verdi (San Giovanni). Due squadre di ventisette giocatori, che si allenano da anni, si sfidano in partite della durata di cinquanta minuti; segnano punti tirando o portando la palla nella rete della squadra avversaria o difendendo la propria rete, il tutto con qualsiasi mezzo fisico necessario. Una volta che un giocatore è a terra, viene ignorato dai suoi compagni di squadra, impegnati a stringere, calciare, colpire in una lotta feroce per il dominio.
Il gioco è così brutale che i giocatori finiscono quasi sempre in ospedale o addirittura in tribunale, il che ha spinto a cancellare la partita nel 2007 (e di nuovo nel 2014) a causa di ben novantasette procedimenti penali e ventuno rapporti medici gravi.
Per essere un giocatore di calcio storico, è necessario essere nato nel quartiere per il quale si gareggia, e abbiamo sentito storie, anche se non comprovate, di ex giocatori che hanno portato le loro mogli partorienti negli ospedali corrispondenti, indipendentemente dalla distanza dalla città in cui vivono.


Photo by Umberto Visintini/New Press Photo
Tiro della Forma del Formaggio
Se siete pronti a scatenarvi, recatevi a Pieve Fosciana, in Garfagnana, per il Tiro della Forma del Formaggio. Durante questa festa annuale (che si celebra dal 1400), una grande forma di pecorino viene lanciata giù per una ripida collina: i partecipanti corrono dietro di essa all’inseguimento, sperando di prendere il formaggio prima che raggiunga il fondo. Storicamente, le percentuali di successo sono basse, poiché il formaggio raggiunge una velocità di 70 km/h. I partecipanti sanno che si tratta più che altro del brivido dell’inseguimento e dei bocconi di formaggio friabile che tutti possono assaggiare una volta che la forma smette di girare. In epoca medievale, questa tradizione segnava la fine della stagione dei pascoli invernali e l’arrivo della primavera. Se non ve la sentite di lanciarvi giù per una collina, potete inseguire il formaggio in uno degli stand gastronomici toscani. Correre per il formaggio? Questa è una festa che possiamo capire.


Bravìo di Montepulciano
La festa del Bravìo di Montepulciano, che si tiene ogni anno l’ultima domenica di agosto, è all’insegna del divertimento con le botti. Le otto contrade della città inviano i loro rappresentanti più coraggiosi a coppie alla base di una ripida collina dove ha inizio la competizione: i due spingono botti di vino da ottanta chili in salita per un chilometro – rimbalzando ai lati della strada stretta e tortuosa – fino alla piazza centrale della città. Il risultato sono circa dieci minuti di caos in mano (e braccia toniche) a uomini in pantaloncini corti e canottiere colorate che si sono allenati per mesi per questo momento. Il nome “Bravìo” deriva dalla parola latina “Bravium”, che indica l’ambito premio che attende la coppia vincitrice: un drappo dipinto raffigurante San Giovanni Decapitato, in onore del quale si svolge la festa. Anche il resto della giornata è molto divertente: le origini trecentesche della festa come corsa a cavallo vengono celebrate attraverso sfilate, musica, costumi tradizionali e, come sempre, cibo.

