L’abbiamo detto prima e lo diremo di nuovo: il cibo è più che semplice cibo. È identità, cultura, famiglia, casa. E i registi lo sanno bene. Perciò, il cibo è spesso caricato di un simbolismo molto forte ed è un agente per storie di povertà e ricchezza, commedia e tragedia, amore e lussuria. Ecco le 11 migliori scene, con cibi italiani, sia in produzioni nostrane che internazionali:
La Grande Abbuffata (1973): Bavarese alle fragole
Quattro uomini ricchi decidono di mangiare fino alla morte e si chiudono in una fattoria vicino Parigi in questo film franco-italiano: il finale di questo pasto letale e luculliano – che include paté di fegato, tortellini con panna e funghi, crepes suzette e chili su chili di carne – è bavarese alle fragole, un budino bavarese alle fragole, a forma di un paio di tette. A momenti erotico (anche esplicitamente) e in altri disgustoso, il consumo del gruppo è inteso come una metafora del capitalismo, un sistema che aumenta il consumo fino al punto in cui la vita umana non è più sostenibile.
Ladri di biciclette (1948): Mozzarella in carrozza
In questo film che ha segnato l’inizio del neorealismo italiano, il padre operaio Antonio e il figlio Bruno cercano la bicicletta rubata di Antonio – la linfa vitale per il suo lavoro di attacchino nella Roma. Each step of the exhaustive search for the bicycle sees Bruno’s innocence slip away, but when the duo stop to eat in a trattoria romana– un lusso raro per la loro condizione economica – Bruno ritrova la sua infanzia, anche se solo per un momento. Antonio si sacrifica per suo figlio, prendendosi una pausa dalla loro realtà straziante per ordinare mozzarelle in carrozza (mozzarella impanata e fritta) e vino. Mentre Bruno dà un morso felice (creando un’impressionante filo di formaggio), finalmente ha un raro istante di normalità, di spensieratezza. Ma la realtà bussa alla porta e il ragazzo snob e privilegiato al tavolo accanto viene servito con un piatto dopo l’altro, mentre Bruno lascia cadere il suo pasto nel piatto con gli occhi spalancati, rendendosi conto di quanto costa a suo padre.
Bianca (1984): Nutella
In questa commedia-mistero, Michele (interpretato dal regista Nanni Moretti) è in preda a più di un paio di esilaranti fissazioni per il cibo (incluso l’unico modo giusto di mangiare un Montblanc). In una scena, Michele si sveglia nel bel mezzo della notte e inizia a mangiare la crema di nocciole e cioccolato da un barattolo ironicamente enorme, alto un metro, spalmandola su spesse fette di pane bianco. I dolci esagerati sono un tropo comune nei film di Moretti, il cui amore per i dessert è così forte che ha chiamato la sua casa di produzione come la sua torta preferita – Sacher.

Miseria e Nobiltà (1954): Spaghetti pomodoro
Sebbene uscito quasi 10 anni dopo la fine della guerra, Miseria e Nobiltà raccontava la storia di fame paralizzante e miseria che era ancora fresca nella mente di molti italiani. Quando il marchese Eugenio Favetti consegna un banchetto alla famiglia Sciosciammocca senza un soldo in questi fotogrammi indimenticabili, la privazione della famiglia è palpabile. Anche se finisce comicamente con Felice (l’iconico comico napoletano Totò) che divora un piatto di spaghetti al pomodoro con le mani, ballando sul tavolo e riempendosi le tasche con il resto, questa scena ha toccato una corda profonda nelle generazioni più anziane.
Un Americano a Roma (1954): Maccheroni
In Un Americano a Roma, Nando Moriconi (Alberto Sordi) insegue senza sosta lo stile di vita americano, un sogno del dopoguerra durante il quale gli italiani erano ossessionati da tutto ciò che era americano, considerato il massimo della figata. Il film prende in giro questi stereotipi, incluso quando Nando si impegna in una dieta di Coca-Cola, hamburger e gomme da masticare. Ma questo mito dell’eccezionalismo culturale americano crolla davanti a un piatto della pasta della mamma: Nando si tuffa con il grido di battaglia “Maccarone: tu m’hai provocato e io me te magno!”

Salsiccie con fagioli
Le vacanze intelligenti (episodio di Dove vai in vacanza?, 1978): Salsiccia con fagioli e pappardelle al sugo di lepre
Remo (Alberto Sordi) e Augusta Proietti (Sora Lella), due fruttivendoli romani, vanno in una “vacanza” intellettuale fatta di musei, musica contemporanea e la Biennale di Venezia su insistenza dei loro figli laureati – con tanto di dieta rigorosa imposta dal figlio Cesare, futuro medico. L’intero film è pieno di scene e riferimenti al cibo – quello che la coppia sogna di mangiare, quello che ricordano di aver mangiato da bambini, ecc. – ma la nostra preferita è quando si fermano a pranzo dopo la dieta – una scena tipica dello stile di Sordi che parodia comicamente il classismo. Remo e Augusta finiscono in un ristorante dove il gruppo di nobili al tavolo accanto li prende in giro quando entrano. Ma quando la coppia inizia a ordinare cucina povera piatti – semplice salsiccia con fagioli e pappardelle al sugo di lepre – i nobili guardano con crescente interesse, finendo per ordinare gli stessi piatti e, esilarantemente, mangiando le grandi salsicce senza tagliarle. Alla fine, i nobili bramano la stessa semplicità sostanziosa; i genitori della classe operaia se ne vanno con l’ultima risata.
Chiamami col tuo nome (2017): La Pesca
Le pesche sono dappertutto in questa storia d’amore queer e di formazione: piegano i rami dei frutteti nelle pianure del nord Italia, ammucchiate sul tavolo della cucina in stile casa di campagna, spremute in succhi per contrastare il caldo dell’estate del 1983. Ma la scena più chiacchierata dell’intero film è sicuramente quando Elio (Timothée Chalamet), vestito solo con il costume da bagno, rimuginando sul suo incontro lussurioso con Oliver (Armie Hammer) la notte prima. Dopo aver raccolto alcune pesche, Elio estrae il nocciolo da una, il succo gli schizza sul petto nudo, ispirandolo a ~esplorare~ sessualmente con il resto. Non sappiamo se sia la succosità, la forma o la peluria, ma le pesche sono da tempo un emblema degli impulsi carnali, ma anche dell’innocenza e dell’immortalità, nel mondo della letteratura, dell’arte e delle emoji. È un simbolismo paradossale, considerando che la pesca estiva perfettamente matura esiste solo per un momento. Lo stesso potrebbe essere vero per l’amore di Elio e Oliver: fugace, ma anche eterno.

Big Night (1996): Timballo
Siamo negli anni ’50 e i fratelli immigrati Primo (Tony Shalhoub) e Secondo Pileggi (Stanley Tucci) aprono un ristorante italiano nel New Jersey. Sovrastati dal loro trendy vicino ristorante italiano americanizzato, i due, nella speranza di salvare la loro attività, preparano un sontuoso pasto per impressionare un famoso cantante italo-americano. Il loro capolavoro è un perfetto timballoabruzzese – una grande pasta al forno, a forma di tamburo, ripiena di carne, formaggio e uova sode. Un film che affronta esplicitamente come il cibo sia un’espressione di identità ed etnicità, Big Night è uno spaccato autentico di come la cultura culinaria viene adattata, persa e ritrovata attraverso l’immigrazione.
L’appartamento (1960): Spaghetti e polpette
Anche se non possiamo giustificare la pasta stracotta di Bud (Jack Lemmon), che arriva persino a sciacquarla–non farlo mai, a meno che non vuoi perdere tutta la cremosità che crea la salsa!–questa scena ci fa ancora sorridere: mentre prepara questo piatto italo-americano in una minuscola cucina di un appartamento di New York, Bud usa una racchetta da tennis come scolapasta.
Il Padrino (1972): Il sugo e i cannoli di Clemenza
Questo classico del crimine è pieno di pasti che fanno venire l’acquolina in bocca quanto di sparatorie cruente, ma ci sono due scene che spiccano. La prima è quando Clemenza insegna al giovane Michael Corleone (Al Pacino) come fare la salsa di pomodoro con le polpette: “Vedi, inizi con un po’ d’olio. Poi friggi un po’ d’aglio. Poi butti dentro dei pomodori, concentrato di pomodoro, lo friggi; ti assicuri che non si attacchi. Lo porti a ebollizione; ci infili tutte le tue salsicce e le tue polpette; eh…? E un goccio di vino. E un pizzico di zucchero, questo è il mio trucchetto.” La seconda è quando Rocco spara a Paulie–che stava guidando attraverso un campo di grano–in testa e Clemenza gli ordina di “Lascia la pistola. Prendi i cannoli.” (Non ci crederai, ma era una battuta improvvisata!) Rocco tira fuori dal sedile del passeggero una scatola bianca immacolata, legata con lo spago.
Nonostante il loro comportamento agghiacciante, la famiglia mostra chiaramente una tenerezza verso il cibo: una forte fonte di identità, i numerosi pasti nel film uniscono la famiglia e li ancorano alle loro radici.
Lilli e il vagabondo (1955): Spaghetti e polpette
C’è una scena di spaghetti più iconica di quella di Lilli e il vagabondo? Non c’è quasi bisogno di descriverla, ma il momento in cui Lilli e il Vagabondo succhiano lo stesso lungo spaghetto, incontrandosi nel mezzo per il loro primo bacio, è più che carino. Mentre i due cani–provenienti da due mondi diversi–si strofinano il naso sopra il tavolo a quadretti, ci ricordiamo quanto forte possa essere il cibo come forza unificante– un potere che gli italiani conoscono bene. ( Lilli e il vagabondo ci ha messo 20 anni per essere realizzato: l’animazione ha fatto molta strada dal 1955!)