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La Voce di una Nazione: La Musica di Mina Attraverso i Decenni

Questa è la storia di Mina, la più grande cantante che l’Italia abbia mai conosciuto e una delle voci più belle del mondo.

Un vassoio per la colazione con frittelle, salsa e una tazza su un letto disordinato in una stanza d'albergo a luce soffusa; lampada sul comodino, loghi a destra. Hotel d'Inghilterra Roma, Starhotels Collezione - Vassoio per la colazione con pancake, sciroppo e frutti di bosco su un letto stropicciato in una camera elegante.

In una casa romana piena di vita, un gruppo di giovani balla e suona musica senza freni. È l’estate del 1960 e l’Italia sta vivendo un periodo di rapida espansione economica che passerà alla storia come il Miracolo Economico Italiano. La Seconda Guerra Mondiale è ancora un ricordo recente per molti, ma la generazione nata alla fine degli anni ’40 e all’inizio dei ’50 ha voglia di divertirsi e guardare al futuro. In questa calda estate romana, una ragazza con i capelli corti si muove energicamente al ritmo del rock and roll mentre una band vestita con magliette e jeans suona selvaggiamente dietro di lei. La telecamera non può fare a meno di concentrarsi su questa stella nascente della musica leggera, attratta non solo dal suo eccezionale talento vocale, ma anche dalla sua presenza magnetica. Il suo nome è Mina, il film è Urlatori alla Sbarra (Urlatori al Molo) del giovane regista Lucio Fulci, ed è alla moda, indipendente e, soprattutto, una leader. Insieme al famoso Adriano Celentano, incarna un nuovo approccio alla musica – quello degli ” urlatori“, giovani rockers ispirati dal blues americano e dal rock “n” roll.

Proprio come certe idee sembrano fluttuare nel tempo e nello spazio, aspettando il momento culturale giusto per essere pienamente comprese, ci sono anche individui che arrivano a incarnare lo spirito di un’epoca. Mina è stata esattamente questo. Nessun altro nella storia italiana ha personificato così potentemente una trasformazione profonda come quella avvenuta negli anni ’60.

Questa è la storia di Mina, la più grande cantante che l’Italia abbia mai conosciuto e una delle voci più belle del mondo.

I PRIMI ANNI

Mina (un nome che significa “mio” in inglese) è esplosa sulla scena alla fine degli anni ’50 e all’inizio degli anni ’60, un decennio di trasformazione irreversibile per l’Italia, alimentato da una rinnovata fiducia nel futuro e dal boom economico sostenuto dal Piano Marshall. Dopo un’educazione borghese convenzionale in Lombardia, dove ha studiato pianoforte e opera, il viaggio di Mina verso la celebrità è iniziato una sera del 1958 alla sala da ballo Buscadero di Cremona. Quella notte, è salita sul palco con un gruppo di amici, gli Happy Boys – di cui faceva parte anche suo fratello Alfredo, conosciuto con il soprannome di Geronimo. Ha eseguito “Un’anima tra le mani” con una potenza vocale e un’estensione straordinarie, catturando il pubblico – tra cui c’era il produttore di Italdisc Davide Matalon, che le ha immediatamente offerto un contratto discografico.

È diventata rapidamente il simbolo di un nuovo modo di cantare, ballare ed esprimersi. Il 1° marzo 1959, la “Tigre di Cremona” (come sarebbe stata soprannominata in seguito) è apparsa per la prima volta sugli schermi televisivi di tutta Italia. Fin dall’inizio, Mina ha dimostrato una notevole sicurezza di sé, usando il suo corpo e la sua voce in modi rivoluzionari. Proprio come Elvis Presley negli Stati Uniti, si muoveva liberamente, esprimeva gioia, gesticolava animatamente, comunicava con le espressioni del viso e dava voce a una generazione desiderosa di liberarsi dal passato conservatore dei loro genitori.

Tra la fine degli anni ’50 e la metà degli anni ’60, gli album di Mina basati sui singoli l’hanno catapultata verso la fama internazionale. Canzoni come ” Tintarella di Luna“, “Una Zebra a Pois“, “Eclisse Twist“, e “Renato“sono diventate la colonna sonora definitiva delle estati soleggiate sulla Riviera italiana, dove giovani sognatori sorseggiavano Campari soda, sfrecciavano su Vespe e si innamoravano sullo sfondo della costa versiliese. La sua musica non solo dominava le classifiche italiane – “Il Cielo in una Stanza”, scritta da Gino Paoli e pubblicata per la prima volta nell’interpretazione di Mina, ha venduto due milioni di copie solo nel 1960, rimanendo in classifica per 21 settimane tra la 1ª e la 5ª posizione – ma ha anche ottenuto un ampio riconoscimento internazionale. Con almeno cinque hit al numero uno tra il 1960 e il 1961, Mina aveva, all’età di 21 anni, conquistato non solo l’Italia ma il mondo intero. Le sue performance elettrizzanti l’hanno portata dal Giappone al Brasile, e le sue canzoni, successivamente tradotte e registrate in diverse lingue, ha cementato il suo fascino globale. E questo era solo la punta dell’iceberg: Mina avrebbe venduto oltre 150 milioni di album in tutto il mondo, diventando la cantante italiana più venduta a livello globale, con almeno 1.500 canzoni registrate.

DAL SUCCESSO IN TV ALLA CENSURA NAZIONALE

Dopo una breve apparizione al Festival di Sanremo nel 1961, Mina è passata alla televisione con il programma Studio 1, il varietà super influente, trasmesso su RAI 1, che mischiava vari numeri, sketch comici e performance musicali. Mentre molte famiglie stavano comprando televisori a rate – un altro simbolo della modernizzazione dell’Italia – Mina entrava nelle case degli italiani, conquistando sia i giovani che il pubblico più tradizionale.

Lo show ha segnato una pietra miliare nella storia della televisione europea presentando Mina come conduttrice principale – un ruolo pionieristico per una donna a quei tempi. Le sue esibizioni mescolavano senza sforzo numeri jazz e ispirati a Broadway con classici italiani tradizionali, esemplificando la fusione delle influenze musicali americane del dopoguerra con la tradizione italiana del bel canto . Durante la messa in onda dello show, si è esibita con ospiti maschili di spicco, tra cui luminari come Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Vittorio De Sica e Alberto Sordi.

È stato anche durante questi anni televisivi (1961-1966) che Mina è arrivata a rappresentare una nuova idea di emancipazione femminile. In canzoni come ” Io sono quel che sono“e “”Io Amo Tu Ami, cantava liberamente di amore, femminilità, relazioni e sessualità, dando voce a desideri ed emozioni che erano stati a lungo messi a tacere e ispirando una generazione di donne a vedersi in modo diverso.

Mentre la stella di Mina saliva alle stelle, la sua vita fuori dal palco alimentava la sua immagine di pioniera ribelle, con i tabloid alle calcagna 24 ore su 24. Nel 1963, ha avuto un figlio con l’attore Corrado Pani – che era ancora sposato – scatenando uno scandalo che si scontrava frontalmente con l’Italia cattolica e conservatrice. A soli 22 anni, è diventata una madre single – una “ragazza madre”– ed è stata rapidamente messa in lista nera dalla televisione, con la RAI che l’ha tolta dal palco e l’ha gettata nel cuore dell’indignazione nazionale. Ma i suoi fan le sono rimasti accanto, e ha continuato a pubblicare successi come “Un anno d’amore”, “E Se Domani”, “Non Illuderti” (una mia preferita personale), e “È L’Uomo Per Me”. La devozione del pubblico è sopravvissuta allo scandalo e, prima o poi, le porte della censura hanno ceduto.

IL RITORNO ALLA RAI

Gli occhi di Mina sono incorniciati da un trucco scuro e austero, i capelli raccolti elegantemente sulla testa. Sembra quasi un’odalisca mentre guarda in camera, cantando ‘Città Vuota’—la sua reinterpretazione del classico soul del 1960 di Gene McDaniels. La stessa ragazza che nel 1958 ballava selvaggiamente il rock ‘n’ roll davanti alla telecamera è ora una donna che canta una canzone d’amore intrisa di passione e dolore. Allo stesso modo, l’Italia che alla fine degli anni ’50 era piena di ottimismo giovanile e speranza per un futuro migliore si era trasformata in una Repubblica più seria e complessa. L’innocenza della sua rinascita del dopoguerra stava svanendo, lasciando il posto alle tensioni e alle trasformazioni che sarebbero presto esplose—il 1968 e gli Anni di Piombo erano dietro l’angolo.

In soli sette anni, la sua vita si era trasformata. Scoperta per caso, era diventata una star nazionale prima di diventare una sensazione internazionale. Ha recitato in film, condotto programmi televisivi ed è diventata madre. Poi, nel 1965, dopo essere stata bandita dalla RAI nel 1963, Mina ha fatto un ritorno trionfale sul palco di Studio 1. Quell’anno, grazie a performance del calibro di ” Brava“e “”Se Piangi, Se Ridi, si riafferma come parte insostituibile del tessuto culturale italiano.

Ma, questa volta, l’impatto di Mina non si limitava alla musica. La sua presenza magnetica l’ha resa naturale nella pubblicità, dove è diventata il volto delle iconiche pubblicità della pasta Barilla, dirette da Piero Gherardi e trasmesse durante il popolare programma TV Carosello. Filmata in luoghi non convenzionali come il tetto della stazione ferroviaria di Napoli e edifici incompiuti, Mina indossava costumi elaborati mentre eseguiva canzoni come “Ta-ra-ta-ta” e “”Se telefonando.

Con l’uscita di quest’ultima nel 1966—probabilmente la canzone italiana più importante del dopoguerra—Mina fu incoronata regina di una nazione che aveva finalmente lasciato alle spalle il suo passato agrario e abbracciato la modernità. La canzone, che parla di un amore fugace che finisce tanto rapidamente quanto inizia, parlava direttamente alle donne italiane, suggerendo che potevano amare, cambiare idea e definire la loro femminilità alle loro condizioni. Era un potente messaggio di autonomia ed espressione di sé, cantato da una donna che aveva passato gli ultimi 10 anni a lottare per la sua libertà.

IL RITIRO DALLA VITA PUBBLICA E LA PDU

Tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ’70, l’Italia attraversò un’altra ondata di significativi cambiamenti sociopolitici. I tumulti europei del 1968 energizzarono il movimento femminista italiano, guidato da figure come Carla Lonzi e Alma Sabatini, risultando in vittorie chiave come la legge sul divorzio del 1970 e la riforma del diritto di famiglia del 1975, che pose fine alla dominanza legale dei mariti e depenalizzò l’adulterio. In questo paesaggio culturale vulcanico, i musicisti esplorarono nuovi stili—prog rock, free jazz, musica minimalista—e le scuole dei cantautori di Genova, Bologna, Roma e Milano si inserirono in questo panorama musicale.

In mezzo a questo paesaggio culturale in mutamento, anche Mina fece le sue mosse. Stanca dell’incessante scrutinio dei tabloid, scelse di ritirarsi dalla vita pubblica e trasferirsi in Svizzera. Nel 1967, fondò la sua etichetta discografica, PDU (Platten Durcharbeitung Ultraphone), una piattaforma non solo per le sue pubblicazioni ma anche per talenti emergenti: per lo più giovani e in alcuni casi, sperimentali musicisti. Durante questo periodo di trasformazione, mentre l’underground culturale italiano alimentava una costellazione di artisti multi-genere, anche Mina navigava tra diversi stili musicali, collaborando con una straordinaria lista di musicisti e compositori, tra cui Augusto Martelli, Dario Baldan Bembo, Pino Presti, Tullio De Piscopo, Carlo Pes, Mogol, Ennio Morricone e Lucio Battisti.

Con quest’ultimo, nel 1972, Mina cantò un duetto—uno dei più famosi nella storia della TV italiana—nello show Teatro 10. Battisti, timido e sobrio, con una sciarpa hippy al collo, stava accanto a una Mina esuberante e sicura di sé—ormai con il suo look caratteristico senza sopracciglia. Insieme, eseguivano un medley dei successi di Battisti, la loro sinergia illuminava lo schermo e raggiungeva milioni di salotti italiani. Sarebbe stata l’ultima apparizione di Battisti in TV. Il loro rapporto lascerà un impatto così duraturo che nel 1975, Mina renderà omaggio pubblicando Minacantalucio, un intero album che copre le canzoni di Battisti.

01-00001616000010 - LUCIO BATTISTI LUCIO BATTISTI CON MINA A SANREMO IL CANTAUTORE ITALIANO LUCIO BATTISTI, 55 ANNI MORTO IL 09/09/1998 ALL'OSPEDALE SAN PAOLO DI MILANO

ADDIO MONDO

Nel 1972, Mina esplorò temi di uomini imperfetti e ingannevoli attraverso “Amanti di Valore”, “Grande Grande Grande”, “Nuda”, e “Parole Parole”. Tuttavia, mentre la sua fama continuava a salire alle stelle, la sua vita privata diventava sempre più soffocante, con i paparazzi che invadevano senza sosta la sua privacy. Le sue apparizioni televisive divennero rare, culminando nella sua decisione di ritirarsi completamente dalla vita pubblica nel 1978, all’apice della sua carriera, con la sua canzone d’addio “Non Gioco Più”. A quel punto, i suoi testi avevano assunto un tono più disilluso e malinconico. “La vita è un letto sfatto / Io prendo quel che trovo / E lascio quel che prendo dietro me / Non gioco più / Me ne vado.” (“La vita è un letto sfatto / Prendo quello che trovo / E lascio quello che prendo dietro di me / Non gioco più / Me ne vado.”)

C’era tempo per un’altra canzone, “Ancora, Ancora, Ancora” (1978), per dire addio al sistema delle star. A differenza della giovane ragazza che una volta guardava nella telecamera negli anni ’60, Mina ora la comandava con disinvoltura—sensuale, sicura di sé, pienamente consapevole del suo potere, bellezza e sensualità. Tanto che la RAI ricorse di nuovo alla censura, ritenendo il video troppo provocatorio. Anni di pettegolezzi, duro scrutinio dei tabloid, censura dall’Italia democristiana e il peso dell’ipocrisia cattolica avevano gradualmente allontanato Mina, portando a un lungo addio—uno che stiamo ancora testimoniando.

UNA PRESENZA INVISIBILE

Per due decenni, Mina era stata non solo la voce di molte generazioni ma anche una presenza fisica impressionante, muovendosi senza sforzo davanti alla telecamera, i suoi occhi espressivi che catturavano il pubblico mentre ballava il rock and roll, conduceva programmi televisivi, recitava in film e riempiva le pagine di riviste e giornali. Era ovunque. E poi, all’improvviso—svanì. Puff!

Una tipa così fisicamente intensa come la Tigre di Cremona si è trasformata, dopo il 1978, in qualcosa di puramente etereo. È diventata nient’altro che una voce – vibrazioni nell’aria.

Questo contrasto ha dato vita a della musica eccezionale, dai ritmi funky di Attila (1979) ai paesaggi sonori sperimentali di Kyrie (1980), seguiti da Salomè (1981) e singoli come “Morirò per te”, pubblicato nell’album del 1983 Italiana (Mina)—secondo me, il suo miglior disco degli anni ’80. Il copertine degli album di quest’epoca riflettono la sua costante reinvenzione: Mina va oltre il ruolo di semplice cantante, diventando una che cambia forma. Si nasconde e si rivela, giocando con concetti, colori e identità—un momento donna barbuta, il successivo quarterback di football americano, poi un’opera d’arte vivente alla Mona Lisa.

Tra il 1983 e il 1986, Mina ha celebrato trent’anni di RAI con altri tre album prima di tuffarsi in una fase più oscura e introspettiva. Rane Supreme (1987), Ridi Pagliaccio (1988), e Uiallalla (1989) hanno abbracciato un’atmosfera notturna, segnando uno spostamento verso esplorazioni più profonde e riflessive nella sua musica.

OCCHI SENZA VOLTO

Durante gli anni ’90 e 2000, Mina ha continuato a cambiare, trasformarsi e innovare, pubblicando dischi doppi – di solito un disco di cover e l’altro con canzoni originali. Album come Ti Conosco Mascherina (1990), Caterpillar (1991), Sorelle Lumiere (1992), e Lochness (1993) mostrano un’artista al suo massimo potenziale emotivo e sicura di sé. Anche se Mina si evolve costantemente nella forma e nello stile, c’è un innegabile senso di identità – non importa come si reinventi, non perde mai di vista chi è.

E gli album hanno continuato ad arrivare, quasi ogni anno: alcuni per celebrare icone del passato, come il jazzistico Mina Canta i Beatles (1993), il classico Mazzini Canta Battisti (1994), e Paradisco (Lucio Battisti Songbook) (2018); alcuni in duetti con amici di vecchia data come Mina Celentano (1998) e Mina Fossati (2019).

Più recentemente, Mina ha collaborato con artisti più giovani nella produzione – come Blanco, con cui ha pubblicato “Un Briciolo di Allegria”– e ha suonato fresca in album come l’eccellente Facile (2009), Caramella (2010), Piccolino (2011), e il più recente Gassa D’Amante (2024), un elegante disco jazz con alcune influenze rock in cui canta d’amore, perdita e il passare del tempo. Il scelta estetica del disco–la copertina, di Mauro Balletti, ritrae il volto di Mina come la polena di una nave in un mare nebbioso e immobile–mi ricorda Cuore di Tenebra di Joseph Conrad, e proprio come la famosa novella esistenzialista, Mina s’imbarca in un viaggio metaforico nell’anima umana. Si addentra nelle ombre più profonde della mente e del cuore—in nessun modo più inquietante che in “Il Cuore si Sbaglia”, in cui si paragona a uno specchio infranto e a una mantide spietata.

Caramella (2010) ©PDU

Da quella indimenticabile notte del 1958 ad oggi, Mina è stata la voce della trasformazione dell’Italia, il suo suono che risuona attraverso decenni di cambiamento. Con una potenza vocale senza pari, è diventata la colonna sonora di una nazione in movimento—in evoluzione ma ancorata a un patrimonio musicale. L’Italia è spesso chiamata terra di santi, marinai e poeti, ma il canto è altrettanto vitale per la sua anima (pensa solo alle esibizioni dai balconi durante la pandemia). In questa tradizione, Mina si erge come la voce suprema del Bel Paese, un’artista così straordinaria che persino leggende come Frank Sinatra, Sarah Vaughan e Mick Jagger erano in soggezione di fronte a lei.

Come tutti i grandi artisti, la musica di Mina è universale—parla a tutti. Ha raggiunto donne e uomini, giovani e vecchi, e, cosa più impressionante, più generazioni contemporaneamente. Ha sfidato tabù cattolici profondamente radicati, ridefinendo il modo in cui gli italiani pensano alla sessualità, alla moralità e alla famiglia. Proprio come la sua voce ha guidato i giovani degli anni ’60, li ha accompagnati attraverso i turbolenti anni ’70, ed è maturata insieme a loro negli anni ’80 e ’90, Mina continua a ispirare nuove generazioni—spingendole ad amare pienamente, vivere coraggiosamente, e radersi le sopracciglia se gli va.

1972 MINA TEATRO 10 Olympia/Olycom

Elegante ristorante dalle pareti blu con sedie arancioni, tovaglie bianche, opere d'arte, specchio dorato e vista sul bar. Arredamento caldo e classico. Elegante sala da pranzo con pareti blu, specchio dorato e poster d'epoca. Sedie arancioni su tavoli rivestiti di bianco. Presenti i loghi Helvetia e Bristol.