Avendo trascorso gli ultimi due anni in Italia e, prima ancora, essendo una persona che va alla ricerca di formaggi di nicchia ovunque si trovi, la burrata era nel mio radar da un po’ di tempo. Ma non posso dire di averci pensato a lungo…fino a ora.
Durante una recente visita a casa mia in Canada, mi è sembrato che improvvisamente la burrata fosse ovunque. La mia zia entusiasta di Toronto me la presentava con orgoglio su un piatto, proveniente da una grande catena di supermercati di periferia. Me la ritrovavo anche servita nel ripieno dei ravioli al matrimonio di un amico notoriamente tradizionalista dal punto di vista gastronomico. Era presente in tutti i menù in tutti i ristoranti di Montreal – il più allarmante dei quali era un posto da incubo fusion giapponese che suonava musica da discoteca alle sette di sera e lo serviva come antipasto con miso, tartare di tonno e jalapenos. Io e mia sorella siamo andate dal nostro “formaggiaio” preferito, dal quale mi ero spesso rifornita di burrata in passato, per prenderne un po’ per una cena di famiglia, su richiesta di mio padre. Gli avevo detto che ero felice di mangiare qualsiasi cosa, ma idealmente non cibo italiano, al che lui aveva risposto: “Cosa? Neanche la burrata?!”, con un tale shock e orrore che fui costretta ad accettare. Che cosa era successo nei due anni trascorsi dalla mia partenza perché il solo pensiero di un pasto senza burrata fosse sufficiente a mandare in crisi il mio mite padre? Alla fine, il problema non si poneva, perché il casaro non ne aveva più in magazzino. Né il droghiere italiano in fondo alla strada, né il supermercato all’angolo. La settimana successiva ci è toccata la stessa sorte. Ne parlai di sfuggita durante una telefonata con i miei colleghi, che in quel momento si trovavano in Florida e a New York, e che si erano trovati di fronte a situazioni simili. Un altro collega di Bruxelles si è fatto avanti quando ha sentito la parola “burrata”, affermando con eccitazione: “È il mio formaggio preferito!”, prima di tornare a non prestare attenzione a tutto il resto della discussione. Al contrario, i miei colleghi italiani erano confusi: qui in Italia la burrata è molto meno ambita di una buona mozzarella, e certamente non è degna della frenesia internazionale che ha ricevuto negli ultimi anni.
Dunque, come siamo arrivati a questo punto?
La burrata è stata inventata all’inizio degli anni ‘20 da Lorenzo Bianchino, un produttore di latte di Andria, in Puglia. Per evitare sprechi, prese gli scarti della sua mozzarella fresca, unì la cagliata e la panna e la racchiuse nel guscio della mozzarella, prima di avvolgerla in foglie di asfodelo e legare la parte superiore come un nodo per mantenere il tutto intatto. Era un esperimento andato a buon fine e così nacque la burrata, che significa “burrosa” per la sua consistenza ricca e cremosa e la sua leggera salinità. La notizia della nascita della burrata viaggiò velocemente e si diffuse in tutto lo stivale come un angelo messaggero.
In un attimo il resto del mondo sembra averla improvvisamente e famelicamente scoperta solo ora. Come i pomodori secchi negli anni ’80 o i cupcake nel 2010, la burrata è diventata una tendenza con la T maiuscola, insinuandosi nei menù dei ristoranti da Montreal a Mosca a Melbourne.

La burrata è arrivata per la prima volta sulle coste internazionali grazie a Mimmo Bruno, un casaro di Los Angeles che ha aperto un proprio stabilimento e ha cercato di vendere i prodotti della sua terra d’origine a consumatori, all’inizio, piuttosto dubbiosi. Era il 1996. Ci volle un po’ di tempo prima che qualcuno volesse comprare la burrata, fino a quando Nancy Silverton, la chef del “Campanile” di New York, si imbatté nella sua offerta e, riconoscendo il formaggio dai suoi viaggi in Puglia, lo ordinò e lo inserì nel suo menù. Tuttavia, la burrata è rimasta un prodotto di nicchia fino agli anni ’10 del 2000: la si poteva trovare, ma non era certo il prodotto preferito dalle famiglie o il pilastro del menù che è oggi. Poi sono arrivati i social media e con essi l’avvento del foodporn. E davvero, cosa c’è di più pornografico dell’inondazione di crema di una burrata appena aperta? È roba da centro tavola. Ed è accessibile, nella misura in cui chiunque può replicare l’esperienza a casa propria. L’account instagram @burratagram ha 131.000 follower e ben 3.470 foto postate di burrata: burrata sulla pizza, burrata in panini con mortadella e pistacchi, burrata ammassata su ciotole di pasta, burrata fritta, palline di burrata disposte a forma di cuore su un tavolo con candele…già, avete capito bene.
Nel 2021, la Burrata di Andria IGP ha generato un fatturato annuo di 56 milioni di euro, che rappresenta solo una frazione della produzione complessiva. In particolare, il principale mercato internazionale per la burrata italiana sono gli Stati Uniti, che rappresentano il 29% delle esportazioni totali. Seguono Germania, Francia, Regno Unito e Canada.
Il mio casaro di fiducia a Montreal, la “Fromagerie Hamel”, mi ha detto che negli ultimi sei mesi la burrata è stata così apprezzata che ogni settimana fa il tutto esaurito, soprattutto per ordini privati di grandi volumi. Delle loro quattro sedi in città, nessuna è stata in grado di garantirmi quando potrebbero averne di più per gli ordini dei consumatori privati, suggerendomi con rammarico di tentare la fortuna con le selezioni del supermercato.
Tornando in Italia, ho parlato con Laura di “Box 21” al mercato Trionfale di Roma, una venditrice di formaggi e conserve che ha una bella selezione di formaggi di pecora e capra provenienti dalla vicina fattoria di suo zio. Ma ha sempre la burrata. “Per i turisti”, mi dice, sorridendo consapevolmente. “Tutti la vogliono sempre, la esauriamo ogni giorno”.
Come tutte le cose spinte sotto i riflettori, l’ascesa della burrata ha avuto un costo.
Una rapida ricerca ha rivelato che dal 2015 le ricerche su Google per la burrata sono aumentate del 900% rispetto all’anno precedente. Ho digitato “burrata” su Google e ho scoperto che la burrata è stata oggetto di più attenzione di Britney Spears, con titoli di TimeOut, Esquire e Mashed che recitavano rispettivamente “Why the F*ck Is There So Much Burrata In London?”, “Burrata Cheese is Bad” e “The Untold Truth of Burrata Cheese”. Recentemente, un giornalista americano è stato criticato online per aver detto che la burrata è noiosa, provocando una frenesia di evangelisti del formaggio su TikTok e di orgogliosi italiani in prima linea.

A voler essere onesti, nessuno sta dicendo che la burrata, il formaggio in sé, sia un alimento cattivo o poco sano. È innegabilmente buona. Ciò che i critici più esigenti hanno da ridire è la sua assoluta mancanza di originalità. Ogni ristorante sembra essere una copia dell’altro, facendo poco più che mettere una pallina di burrata su un piatto con un po’ di guarnizione e basta. Poco sforzo, alto appeal di massa, fantastico margine di costo per gli chef, che possono facilmente vendere questo piatto a venti dollari o più, quando gli ingredienti grezzi ne costano circa quattro e non richiedono alcuna preparazione o sforzo. Un prodotto delizioso e artigianale è stato trasformato in una pedina senz’anima, informata da un algoritmo e destinata al mercato di massa. Per divertimento, ho chiesto a Chat GPT di scrivermi un’idea per un piatto di burrata per un ristorante. Ecco cosa ne è venuto fuori:
Crostini di burrata al tartufo – Fette di baguette tostate, burrata al tartufo, funghi selvatici, erba cipollina.
Poiché sono una giornalista, ho fatto un ulteriore passo avanti e ho cercato su Google “miglior piatto di burrata + [inserire nome della città]”.
A Montreal, Toronto, Melbourne, Tel Aviv, Tokyo, Roma, New York e Città del Messico, il primo risultato, ogni volta, è stato un derivato di “pizza Margherita con burrata”. Un ristorante di New York è arrivato addirittura a decorare una pizza con sei palline di burrata, una per ogni fetta, e a servirla per ben 59 dollari!
Onestamente, se avessi un euro per ogni volta che ho visto queste stesse voci nel menù di qualche gastrobar del 2016, potrei permettermi tutti quegli antipasti di burrata. Forse ciò che fa davvero arrabbiare i critici è che, attraverso un formaggio innocente, non possiamo più ignorare che viviamo in un’eco-camera infernale di nostra creazione. Non c’è più nulla di nuovo o di sacro. Abbiamo trasformato ogni libro in un film, tre volte, e continueremo a fare reboot di serie televisive finché non ci uccideranno. Ci viene dato sempre lo stesso minimo indispensabile e ci si aspetta che battiamo le mani e strilliamo di gioia, e quel che è peggio è che, evidentemente, lo facciamo. Stiamo tutti bevendo la Kool-aid, ma la Kool-aid è una confezione perfetta di formaggio, che vi costerà 22 dollari più tasse e mancia
Qualcosa che è stato creata con lo scopo di ridurre gli sprechi alimentari è ora diventato uno dei prodotti più esportati al mondo; l’anno scorso l’Italia ha esportato formaggio per un valore di oltre 4,4 miliardi di euro, e la burrata è uno dei quattro prodotti più popolari. È profondamente sbagliato, ma francamente non del tutto sorprendente. Il problema non è la burrata, ma noi. Abbiamo munto troppo la mucca e ora dobbiamo pagarne le conseguenze.