La peluria bionda sulle cosce abbronzate era da sempre per lei simbolo della fine delle vacanze. Significava che l’estate aveva fatto la sua magia.
Le infradito verde scuro accanto alla porta del bagno erano sporche e quasi completamente consumate. I graffi sul collo del piede non si erano ancora del tutto rimarginati e, a contatto con il bagnoschiuma, le bruciavano un po’. L’acqua, che creava un piccolo vortice prima di sparire nel buco di scolo della vasca da bagno, le stava lavando di dosso il sale e la fatica della giornata. Si era asciugata con l’accappatoio di tessuto tecnico blu, appeso di fianco a quello azzurro che usava lui. I lunghi capelli castani non vedevano il fon da un mese e la sottoveste lilla che si era infilata per dormire era già bagnata.
Alessandro era seduto davanti a casa. Bermuda, ciabatte, petto nudo. Portava addosso tutta la stanchezza dei quattro mesi di alta stagione ormai giunti al termine. La testa appoggiata al muro dietro di lui, lo sguardo rilassato rivolto verso il cielo buio, fumava. Olimpia gli aveva appoggiato un bacio sulle labbra. Sapeva di fumo, non le piaceva, ma con lui le era impossibile fermarsi e trascinata dal desiderio gli si era seduta in braccio. Le baciava il collo e la sottoveste un po’ alzata le lasciava scoperto il sedere.
D’un tratto avevano sentito il rombo di un motore che si avvicinava. Lui aveva provato a coprirla con le mani e la macchina si era fermata. A lei veniva da ridere. Teneva il viso nascosto dietro al collo di lui, con la stessa convinzione che hanno i bambini quando pensano di riuscire a non farsi vedere semplicemente coprendosi la faccia con le mani.
“Alessa’.”
“Oh!”
“Ah, stai impegnato, ci vediamo domani.”
La macchina era ripartita.
Lei era uscita dal suo nascondiglio e aveva guardato Alessandro negli occhi. Era arrossita ma la luce giallastra del lampione non lo dava a vedere.
“Mi ha sicuramente visto le mutande. Almeno ho messo quelle belle.” Erano scoppiati a ridere. Avevano raggiunto un livello di complicità che Olimpia non aveva mai condiviso con nessun altro prima. C’era anche in quelle risate intrecciate e quando lui le toccava i capelli per giocarci.
“Non pensavo mi sarei affezionato così tanto a te.”
Olimpia si era irrigidita. Non poteva dirle queste cose. Non erano quelli i patti. O almeno non era quello il patto che lei aveva stretto con se stessa. Lui non poteva essere suo e lei questo lo sapeva bene. Era della sua isola nera, del suo mare imprevedibile, del sole feroce, del vento inarrestabile, del turismo stagionale.
Non gli aveva risposto, l’aveva baciato forte e si erano addormentati con le labbra che si toccavano ancora.

