Si può dire che le auto Ferrari, la Vespa, la Fiat 500 riflettano tutte la vita italiana. Eleganti, ma decisamente divertenti. Fai un giro in una delle grandi città del paese, Milano, Roma, Firenze, Bologna, durante l’ora di punta del mattino, mentre i lavoratori si riversano dalle periferie verso gli uffici, e farai fatica ad attraversare la strada per le orde di scooter che sfrecciano. Se c’è una partita di calcio, un veicolo a due ruote motorizzato sembra essere l’unica opzione per i tifosi locali per arrivare allo stadio. Capisci quando la Juventus sta giocando, non per i cori che escono dallo stadio, ma per il ronzio di migliaia di piccoli motori.
Eppure, anche se gli scooter possono essere sinonimi di girare in città in Italia, che dire della loro cuginetta, la bici. Quando ti fermi a guardare più attentamente, le biciclette sono ovunque. Dalle nonne che fanno la spesa mattutina, biciclette complete di cestino di vimini davanti, agli appassionati vestiti di lycra che salgono e scendono per i sentieri tortuosi delle Dolomiti, le biciclette sono presenti in tutta la cultura italiana.
C’è il Giro d’Italia, dove ciclisti professionisti da tutto il mondo si riuniscono per gareggiare lungo le strade strette e tortuose del paese. O c’è il cinema italiano, con film come Ladri di Biciclette e La Vita è Bella di Roberto Benigni, pieni di scene iconiche, come quando il protagonista Guido incontra la sua futura moglie Dora, che coinvolgono l’umile bicicletta.

Nelle città universitarie del nord, Ferrara, Bologna, Modena, le biciclette sono ovunque, usate da tutti e per tutto. A differenza della percezione comune nel mio paese d’origine che una bicicletta dovrebbe essere usata per l’esercizio fisico e dovrebbe essere guidata solo indossando abiti speciali e un casco, gli italiani hanno idee diverse. Sì, ci sono ancora ciclisti seri che indossano la lycra e pedalano per distanze estreme con caldo estremo, ma ci sono anche una marea di persone comuni che le usano semplicemente per spostarsi da un punto a un altro.
Ero una di quelle, che pedalava giù per le strade acciottolate e attraverso gli stretti archi di una piccola città italiana, il cestino pieno di spesa, vestita con sandali, gonna o vestito e (un po’ preoccupante) senza casco. La mia bicicletta era al massimo basilare e faceva fatica a cambiare tra le diverse marce, provocando la caduta della catena o del ciclista alla minima salita. Era di terza mano e molto capricciosa, presumibilmente passata a un nuovo, ignaro proprietario quando l’ho rivenduta al negozio da cui l’avevo acquistata. Eppure, nonostante tutto questo, mi ha dato uno dei sensi di libertà più memorabili che abbia mai conosciuto. Questo, unito alla capacità di mescolarmi nella comunità (prima di aprire bocca e far rivelare dal mio accento che in realtà non ero del posto), l’ha resa uno dei miei mezzi di trasporto preferiti, uno che mi riporta a tempi più soleggiati.
Tutto quello che facevamo sembrava più avventuroso ed emozionante in bicicletta. Forse era per il fatto che c’era più possibilità che qualcosa non andasse proprio a buon fine, se la gomma di qualcuno si fosse bucata o una catena avesse deciso di cedere.
Dopo mesi di giri in bicicletta nei parchi locali per comprare il gelato pomeridiano dalle gelaterieBeh, abbiamo deciso di spingerci un po’ più in là e un sabato mattina di aprile abbiamo tentato una spedizione fuori città con le nostre bici. Faceva un caldo boia, di quelli che ti aspetti in estate e poi ti sorprendi piacevolmente quando arriva per qualche giorno in primavera. Siamo partiti di buon’ora, sfrecciando lungo le piste ciclabili accanto ai campi di grano appena germogliato, punteggiati qua e là dal rosso cremisi di qualche papavero. Attraversando paesini assonnati dove le porte d’ingresso erano lasciate fiduciosamente socchiuse, le galline girovagavano per la strada davanti alle case, e tutto sembrava immobile. Il caldo torrido del sole di mezzogiorno e diverse bici decisamente inadatte per pedalare in salita ci hanno costretto a una pausa. Un picnic in un tranquillo giardino pubblico all’ombra, ai margini di una città di collina, si è presto trasformato in un pisolino pomeridiano. Ci siamo svegliati al rintocco della campana del campanile. Era ora di tornare a casa. Scottati dal sole e doloranti, ci siamo trascinati di nuovo a Modena. Il percorso verso la città era per lo più in salita e ormai eravamo assetati e affamati, ma contenti. Una giornata in bicicletta, esplorando la campagna su due ruote con le nostre forze, era stata perfetta.
Viaggiare in bici lungo i vicoli color biscotto di Modena, su e giù per un sacco di colline ondulate e accanto ai pittoreschi vigneti e frutteti carichi di ciliegie dell’Italia, mi ha permesso di riflettere sulla vita in campagna. Mi ha fatto apprezzare il ritmo di vita più lento e rilassato e mi ha dato un diverso senso di libertà e avventura, che ho associato all’Italia da quel momento in poi.