Sono le sei del mattino quando i rumori delle cassette di frutta riempiono l’aria, i bancarellari espongono le loro meraviglie colorate – frutti della terra, del mare e dell’uomo – e lo spettacolo quotidiano ha inizio.
Roma è più dei suoi monumenti. Roma è vita di quartiere.La vita di quartiere in quartieri che assomigliano a città autonome, con i mercati come punti di riferimento sociale sin dall’antichità. Roma si sveglia con questi eroi prima dell’alba, allestendo i loro banchi con frutta e verdura di stagione, con la risonanza di poesie popolari portate da voci che parlano la lingua di tutti i giorni.
I mercati di Roma sono teatri sociali di antica data. Luoghi che si trasformano nel tempo, ma invariabili nella sostanza. Intersecano e toccano una varietà di vite umane come mantici pieghevoli. In un mondo ad alta velocità, il mercato è simbolo di una vita lenta. Di chi pensa ancora che il gusto conti quanto i gesti di scelta dei prodotti. Un esempio meraviglioso di fiducia e adattamento, dove le persone si affidano alla saggezza del venditore.
“Vuole questi carciofi, signora? Sono gli ultimi della stagione,” dice il fruttivendolo mentre riempie un sacchetto di carta con i primi pomodori.
“Mettimene un paio dai, va’.”
I banchi affollati non sono però solo un’espressione folkloristica come in un film con Sophia Loren. L’importanza dei mercati per la città di Roma è anche ciò che la distingue dalle altre capitali. Una ricchezza di prodotti regionali provenienti da appena fuori città.
Roma è legata tanto strettamente alla campagna circostante quanto la sua cucina, quella popolare che si trova nelle trattorie, è legata alla stagionalità dei suoi ingredienti. Mangiare un carciofo fritto alla Giudia o fave con pecorino non significa solo gustare buoni prodotti e buone ricette: significa assaporare il momento in cui il prodotto è al suo meglio. Ringraziare la stagione, con un boccone compiaciuto, per essere finalmente arrivata. “Carpe Diem”, avrebbero detto i nostri antenati.
Ecco perché i mercati di Roma sono più attuali che mai. Sono un baluardo contro il consumismo conformato. Mentre scrivo questo articolo si vendono gli ultimi asparagi e le ultime pesche mentre il melograno fa la sua prima apparizione (anche se le signore si lamentano della loro precoce inferiorità).
I dintorni di Roma sono ospitali per quasi ogni tipo di verdura e frutta: dai kiwi ai lime e agli avocado. Il posto perfetto per una vita sostenibile e a km zero.
Questa visione è affrontata in modo moderno da Recup. Recup è un’associazione di giovani, che mira a ridurre lo spreco alimentare. Salvando frutta e verdura invendute, destinate ad essere buttate, dai banchi di alcuni mercati. Federico, Sara, Giorgia e altri giovani raccolgono casse su casse di frutta e verdura e le distribuiscono gratuitamente dopo la chiusura dei mercati.

Il sistema dei mercati romani, oggi come ai tempi dell’antica Roma, è organizzato in modo che quasi ogni quartiere – Rioni come vengono chiamati qui – ne abbia almeno uno. Alcuni sono nelle piazze, altri al chiuso. C’è il mercato di Trastevere, in Piazza San Cosimato, dove puoi trovare i pochi residenti rimasti che fanno la spesa di verdura, frutta, ma anche pesce, carne e prodotti tradizionali come il pane fatto in casa. C’è il recentemente rinnovato mercato coperto di Testaccio, costruito sui resti di un porto fluviale dove gli antichi romani scaricavano le loro merci. Qui, tra un panino e un po’ di spesa, puoi affacciarti e meravigliarti delle antiche anfore.
Il più famoso di tutti, che mescola personaggi romani con turisti estasiati, il mercato di Campo de’ Fiori è l’espressione quintessenziale di Roma e di tutto ciò che è romano. Situato in una piazza del centro, con case che si ergono tutt’intorno, la statua del filosofo incappucciato Giordano Bruno ammonisce la vita commemorando la sua morte. E oh, come gira la vita intorno alla statua! Frutta, verdura, succhi freschi e romantici banchi di fiori evocano immagini che narrano la storia di Roma. L’antichità, il Medioevo, ieri e il presente sono incarnati da figure come Enza, che vende la sua frutta qui dal 1963 indossando i suoi orecchini dell’AS Roma. Gran parte del fascino sta nei dialoghi: a volte chiacchieri su cosa è appena arrivato, altre volte i fruttivendoli ti raccontano tutta la loro biografia. E sono queste piccole cose, insieme ai gesti meccanici così affascinanti, che costituiscono la città eterna fatta di esseri umani effimeri e storie fugaci.
I mercati a Roma sono la bellezza di una vita lenta. Uno stile di vita conservato qui, giustapposto al progresso che si manifesta nella vita quotidiana e nei paesaggi urbani in evoluzione. Le mattine non sono un momento frenetico definito dal lavoro: andare al mercato significa regalarsi la cosa più preziosa: il tempo.
Le mani afferrano frutta, foglie o verdura, le bocche parlano di domande o consigli e nel frattempo l’etichetta del mercato romano detta che il prodotto giusto può essere scelto solo se provato o assaggiato.
La mano sente i cachi appena arrivati.
L’occhio ne valuta il colore arancione.
La mano si allunga, la bocca si apre e morde una fetta di caco.
“Buoni”, dice la signora. “Me ne dia due chili.”
“Facciamo tre chili, signora, questo è il momento migliore per i cachi.”
Non si tratta di numeri e precisione.
È un gioco di vita, fiducia e tutto il tempo che solo la città eterna può darti.