Potremmo parlare dell’architettura brutalista italiana per tutta la durata dell’opera nominata agli Oscar di Brady Corbet sullo stile—e probabilmente anche di più. Tra gli anni ’60 e ’80, il paese ha avuto una strana storia d’amore con grandi blocchi geometrici, cemento grezzo e ingegneria che sfida la gravità. Forse era una pausa necessaria dagli stili appariscenti e drammatici del Rinascimento, Barocco e Gotico che avevano caratterizzato gli skyline italiani fino ad allora, o forse è nato per lo stesso motivo per cui lo stile architettonico è recentemente diventato di tendenza su TikTok – cioè, senza una causa identificabile. In diverse sfumature di quello che si può descrivere come minimalismo audace, questo stile dal nome piuttosto grafico sembra essere scomparso tanto velocemente quanto è apparso, con una serie fallita di grandi residenze e altre strutture che semplicemente non hanno resistito alla prova del tempo. Ma sotto tutto quel cemento letterale e quegli spigoli vivi c’è un capitolo speciale della storia italiana: ecco 24 dei migliori esempi di architettura brutalista su e giù per lo stivale.

TOMBA BRION_CARLO SCARPA SAN VITO, ALTIVOLE (TV)
CAMPANIA
Le Vele di Scampia (1965-1975) – Costruite da Francesco Di Salvo nel quartiere Scampia di Napoli, “le Vele di Scampia” sono sette edifici residenziali con forme triangolari che si restringono verso l’alto, assomigliando a delle vele. Originariamente concepite come un progetto abitativo ottimistico e orientato alla comunità secondo la Legge n. 167, Le Vele sono diventate centri di traffico di droga e attività mafiose dopo che il terremoto del 1980 ha lasciato molte famiglie a occupare abusivamente le strutture. Oggi ne rimangono in piedi solo due, con piani imminenti per ulteriori demolizioni, anche se puoi cogliere rare visioni delle vele nella serie TV di Matteo Garrone Gomorra, nel film dei fratelli Manetti Ammore e malavita (2017), e in Le occasioni di Rosa di Salvatore Piscicelli.
Casa del Portuale (1968-1980) – Tra magazzini, container e case di costruzione del porto di Napoli, questo edificio strambo e impressionante di Aldo Loris Rossi si erge come una strana specie di faro; ma invece di fornire luce, è un luogo di riposo e ristoro per i Lavoratori Portuali, da cui ha preso il nome. Assomigliando leggermente alla prua di una nave, l’edificio non è più uno spazio amministrativo per il porto, ma non è completamente abbandonato. Tieni gli occhi aperti per l’edificio anche in Gomorra.

Photo courtesy of Comune di Modena
EMILIA-ROMAGNA
Condominio R-North (1970) – In una striscia a nord della ferrovia a Modena, questo grande edificio residenziale è stato progettato dall’architetto Vinicio Vecchi su commissione dell’ingegner Domenico Rabino, pensato per i lavoratori del mercato del bestiame. Lo spazio è stato ristrutturato alla fine degli anni 2010 e ora ospita circa 300 residenti – 150 famiglie e 40 studenti universitari – con spazi comuni condivisi.
Palazzetto Businaro (1627, 1964-2006) – Questa residenza di campagna veneziana fu costruita originariamente per la famiglia Tassello e restaurata da Aldo Businaro (dal 1964) e Carlo Scarpa (dal 1970). Mescolando architettura tardo rinascimentale e modernismo del XX secolo, Scarpa ha modernizzato il fienile, aggiunto imponenti camini veneziani sul tetto e progettato una scala esterna completata nel 2006 dal figlio, Tobia Scarpa.

FRIULI-VENEZIA GIULIA
Santuario di Monte Grisa (1959-1965) – Un faro brutalista sopra Trieste, questo colossale santuario in cemento fu concepito come offerta votiva per la salvezza della città durante la Seconda Guerra Mondiale. Progettato da Antonio Guacci, la sua forma triangolare evoca la lettera M per Maria, ergendosi sia come luogo di devozione che come presenza monumentale a forma di M maiuscola sul Golfo. La geometria austera e la scala massiccia della chiesa, che ospita due cappelle sovrapposte, incarnano l’ambizione del dopoguerra e la fede nel cemento armato.
Complesso Rozzol Melara (1969-1982) – Nelle periferie di Trieste, questa imponente megastruttura incarna l’ambizione e le contraddizioni dell’edilizia popolare del dopoguerra. Progettato alla fine degli anni ’60 da Carlo Celli e un team di architetti, il suo vasto complesso di cortili in cemento mirava a favorire una comunità autosufficiente, integrando 648 appartamenti per 2.500 residenti con negozi, scuole e spazi pubblici. La geometria rigida e la pesante materialità dell’edificio sono in netto contrasto con l’ambientazione collinare.


LAZIO
Casa Sperimentale (anni ’60) – Un mix di cemento grezzo, vetro e acciaio, questa casa brutalista a Fregene – progettata dagli architetti Giuseppe Perugini, sua moglie Uga de Plaisant e il figlio Raynaldo – era un vero e proprio esperimento architettonico (da qui il nome). Conosciuta anche come “Casa Albero”, ha tre cubi interconnessi di circa 35 metri quadri ciascuno, sospesi in una griglia di travi di cemento. C’è una sfera di cemento attaccata alla struttura che fa da bagno, e un’altra sfera indipendente in giardino che si può chiudere con porte di vetro circolari. Questi volumi fluttuanti, le scale a chiocciola e le forme geometriche creano un contrasto pazzesco con i pini intorno. Anche se è abbandonata da più di 20 anni, la villa rimane un must per gli appassionati di brutalismo.
Corviale (1975-1982) – Progettato da Mario Fiorentino nel sud-ovest di Roma, questo complesso residenziale di nove piani è lungo quasi un chilometro, costruito per combinare unità abitative con servizi comuni per circa 4.500 abitanti. Conosciuto come “il Serpentone” per la sua lunghezza, l’edificio ha avuto un successo di breve durata e oggi è più un simbolo di degrado urbano che di qualsiasi impresa architettonica.

Corviale; Photo by
Villa Ronconi (1970-1973) – Questa villa privata nel quartiere dei giardini di Roma, progettata da Saverio Busiri Vici, è una combinazione sorprendente di cemento a vista e piani sfalsati. Anche se la villa è nascosta dietro un muro e ha subito un restyling dagli anni ’70, puoi avere una bella visuale nel film horror di Dario Argento Tenebre (1982).
Cancelleria dell’Ambasciata Britannica (1960-1971) – Progettato da Sir Basil Spence, questo edificio a due piani con pianta quadrata vicino a Porta Pia è sollevato su pilastri e centrato intorno a un cortile pieno di fontane. Sembra quasi una casa sulla spiaggia, il design rialzato rispetta l’ambiente storico dell’ambasciata creando spazi per ammirare il giardino.

Centro Dei Liguri
LIGURIA
Centro dei Liguri (1972-1980) – Sorto dalla controversa demolizione della storica Via Madre di Dio di Genova, questo complesso di uffici brutalista di Marco Dasso canalizza l’energia grezza del rinnovamento urbano del dopoguerra. La sua griglia di cemento a vista forma una struttura a gradini simile a un alveare, intrecciata con corridoi all’aperto e profonde rientranze. Elevato sopra strade e cortili verdi, l’imponente massa dell’edificio è punteggiata da bande ritmiche di vetro e ombra.
Pegli 3 (1980-1989) – Su una collina nella Genova occidentale, questo vasto complesso brutalista – soprannominato “Le Lavatrici” per la sua inconfondibile somiglianza con l’elettrodomestico – è tanto iconico quanto problematico. Progettato da Aldo Luigi Rizzo e collaboratori, il progetto faceva parte di un’ampia iniziativa di edilizia popolare del dopoguerra, ma è rapidamente caduto in rovina, afflitto da scarsa manutenzione e abbandono sociale. Un piano colore del 2015 ha tentato di ammorbidire la sua imponente massa di cemento, ma il suo futuro rimane incerto.

Palazzo Di Giustizia
Palazzo di Giustizia (1987) – Amato e odiato in egual misura, questo tribunale in cemento grezzo ai margini del centro storico di Savona è stato progettato da Leonardo Ricci. La sua forma triangolare acuta ad angolo retto è formata da finestre e intersezioni di cemento, e la rigida facciata incombe sul sito di un ex fiume – un cupo ricordo del “progresso”.
Chiesa di Nostra Regina Della Pace (1973-1978) – Luciano Limonta ha creato una fusione di geometria e spiritualità sopra Vado Ligure. La forma circolare della chiesa, coronata da guglie di cemento frastagliate e un’imponente croce di ferro, rifiuta il design ecclesiastico tradizionale a favore di una monumentalità austera. Anche se il cerchio è un po’ una deviazione dall’amore del Brutalismo per gli angoli acuti, le superfici in cemento grezzo e il gioco scultoreo di luce e ombra compensano.

Monte Amiata housing complex; Photo by
LOMBARDIA
Monte Amiata Housing (1967-1974) – Progettato da Carlo Aymonino e Aldo Rossi e chiamato come la montagna toscana, questo complesso residenziale di 440 appartamenti nel quartiere Gallaratese di Milano è composto da cinque edifici interconnessi con spazi comuni, tra cui un anfiteatro all’aperto e delle piazze. Incarnando la visione degli architetti di un microcosmo urbano autosufficiente, l’edificio è conosciuto localmente come il “Dinosauro Rosso” per le sue caratteristiche facciate rosse e il design non convenzionale.
Chiesa di San Giovanni Bono (anni ’60) – Nel quartiere Sant’Ambrogio di Milano, Arrigo Arrighetti ha progettato questa chiesa usando cemento armato a vista. La sua facciata triangolare e il tetto a tenda simboleggiano riparo e comunità, e le finestre colorate creano un gioco dinamico di luci e ombre all’interno.
ISIS Cipriano Facchinetti (1962-1965) – A Varese, questa scuola – progettata da Angelo Castiglioni con l’ingegnere Carlo Fontana – è caratterizzata da una rampa centrale che conduce a un atrio incorniciato da imponenti pilastri in cemento. Pevsner l’ha definita una delle migliori opere brutaliste d’Italia, e lo spazio riflette anche le influenze espressioniste italiane.
Chiesa di San Nicolao della Flue (1968-1970) – Una presenza scultorea che si eleva nel quartiere Forlanini di Milano, questa chiesa parrocchiale di Ignazio Gardella e Anna Castelli Ferrieri è un capolavoro dell’architettura ecclesiastica di fine XX secolo. Sospesa su un alto basamento sopra il livello della strada, la sua forma è definita da un tetto ondulato simile a una vela sostenuto da portali curvi in cemento. L’interno è ancora più impressionante, con una drammatica spinta verticale incorniciata da cemento ondulato e 134 vetrate colorate di Pino Grioni.

MARCHE
Ampliamento del Cimitero (1984-1994) – A Jesi, l’ampliamento del cimitero di Leonardo Ricci spicca come uno degli esempi più fantastici di architettura brutalista in Italia, mescolando cemento grezzo con forme dinamiche, forme immaginative, travi statiche e curvature ottiche create da elementi obliqui. Il suo gioco tra geometria (come nel suo Palazzo di Giustizia a Savona) e luce è davvero notevole.
PIEMONTE
Villa Gontero (1969-1971) – A Cumiana in provincia di Torino, questa villa, progettata da Carlo Graffi con l’ingegnere Sergio Musmeci, è un audace esperimento di cemento a vista, ampie finestre e blocchi Vibrapac con vivaci tocchi di arancione. La fusione di architettura, arte e ingegneria riflette l’innovazione strutturale italiana di metà secolo.
Chiesa di Gesù Redentore (1954-1957) – Posata senza pretese su una strada affollata di Torino, questa chiesa di Leonardo Mosso presenta un sorprendente gioco di muri in mattoni rossi e un tetto in cemento a vista. L’innovativa struttura a reticolo sul tetto, composta da triangoli equilateri intrecciati e finestre, modella sia lo spazio che il gioco di luce all’interno.

SICILIA
Basilica Santuario Madonna delle Lacrime (1966-1994) – Bucando lo skyline di Siracusa sulla strada per Ortigia, questo santuario mariano modernista fu costruito per onorare un evento miracoloso del 1953, quando si disse che un’effigie in gesso della Madonna avesse versato lacrime (l’effigie è custodita all’interno). Progettata da Michel Andrault e Pierre Parat con l’ingegneria di Riccardo Morandi, la chiesa con cupola a guglia alta 103 metri sembra una lacrima, un faro, una tenda e un cono gelato capovolto, tutto in uno, per simboleggiare l’elevazione dell’umanità verso Dio. Costruito sopra un importante sito archeologico con un design così moderno, il santuario ha ricevuto una forte opposizione, ma è stato consacrato nel 1994 e dal 2002 è diventato una basilica minore.
Banca d’Italia, filiale di Catania (1967-1970) – Costruito sulla scia della demolizione incompiuta del quartiere San Berillo di Catania, questo sobrio punto di riferimento di Cesare Blasi e Gabriella Padovano Blasi riflette la cruda funzionalità della sua epoca, con robusti pilastri ed elementi prefabbricati. La recente aggiunta di un vivace e colorato murale “Banco di Vita” ha infuso al sito una nuova energia culturale e rilevanza.

UMBRIA
Urban Furniture (1953–1974) – Un architetto spagnolo particolarmente innamorato dell’Italia, Julio Lafuente ha creato questa forma curva in cemento grezzo davanti al Santuario dell’Amore Misericordioso a Collevalenza, Todi, con finestre decorate che offrono scorci del verde dietro.

TOMBA BRION_CARLO SCARPA SAN VITO, ALTIVOLE (TV)
VENETO
Tomba Brion (1968-1978) – Originariamente commissionata come cimitero privato per Onorina Tomasin-Brion e il suo defunto marito Giuseppe, questa splendida tomba a San Vito d’Altivole è composta da 2.000 metri quadrati di gradini in cemento a cascata, mosaici meticolosi, giochi d’acqua e accenti dorati. Con finestre a forma di diagramma di Venn e molti luoghi per fermarsi a riflettere, questa tomba è stato l’ultimo progetto del rinomato architetto Carlo Scarpa, che è anche sepolto qui. (È anche una tappa obbligata in un tour della Venezia di Carlo Scarpa).