Il New York Times una volta ha descritto la grappa come “poco più di una forma tascabile di riscaldamento per i contadini del Nord Italia”. Sì, chiunque abbia bevuto un sorso del liquore in una serata fredda si è subito riscaldato di qualche grado, ma limitare questo famoso distillato a un economico strumento di riscaldamento gli fa un grande torto. Fatta dalle vinacce fermentate avanzate – bucce, semi, gambi e polpa – che rimanevano dopo la spremitura dell’uva per il vino, il distillato fu originariamente creato come un modo economico per bere alcol quando il vino era troppo costoso o doveva essere offerto come tasse al re. All’epoca, l’aristocrazia non voleva niente di questo liquore “di scarto”, ma fai un salto in avanti di circa 700 anni e il distillato è stato legalmente definito dall’UE – che ha dichiarato che l’autentica grappa può essere prodotta solo in Italia, nella Svizzera di lingua italiana e nella Repubblica di San Marino – e si trova sugli scaffali più alti di alcuni dei cocktail bar più raffinati del mondo.
LA NASCITA DELLA GRAPPA
La leggenda italiana narra che i legionari romani rubarono attrezzature e tecniche di distillazione dall’Egitto – dove distillavano spiriti fin dall’800 a.C. circa – anche se è più probabile che la distillazione dello spirito sia iniziata nel XIII-XIV secolo in Veneto. Storicamente, la grappa era chiamata aquavite, “acqua di vita”, e si credeva avesse proprietà curative medicinali; il medico padovano Michele Savonarola registrò l’intero processo di distillazione nel suo trattato del XIV secolo “De Conficienda Aqua Vitae” come trattamento per la gotta e altre malattie infettive. Sia per le cure mediche che per il proprio piacere, i contadini di tutta l’area del Trivento – Veneto, Trentino e Friuli – producevano illecitamente così tanto di questo spirito economico che, nel XVII secolo, a Venezia fu istituita un’associazione per regolamentarlo.
Nel 1779, la prima grande distilleria di grappa a Bassano del Grappa – Nardini – introdusse il moderno metodo di distillazione a vapore. Il nome “grappa” deriva probabilmente dalla pronuncia dialettale di grappolo“graspa”, che significa “un grappolo d’uva”. Ma è solo molto più tardi che il distillato ha ereditato questo nome ed è stato anche valorizzato come più di una semplice bevanda clandestina. Il boom economico del dopoguerra in Italia ha dato il via a una serie di ristoranti di lusso con spazio sugli scaffali per liquori italiani di pregio, e negli anni ’60 la famiglia Nonino, fino ad allora una distilleria relativamente sconosciuta, ha iniziato a distillare grappa da una singola varietà – prima Picolit e ora molte altre – e a vendere il liquore in eleganti bottiglie di vetro. Hanno sfruttato il fatto che ogni tipo di uva produce una grappa dal sapore diverso, simile ai rispettivi vini, riposizionandola completamente come un distillato alla moda, lussuoso e chic. Con la sua nuova reputazione, la grappa è finita nelle mani curiose dei mixologist. Qui sotto, due di questi innovatori che elevano il distillato ad ogni sorso.
MAURO UVA, IL MAESTRO DEI COCKTAIL A BASE DI GRAPPA
Nato e cresciuto a Gorizia nel Triveneto, il barman Mauro Uva è profondamente in sintonia con i paesaggi, i profumi, le acque e i sapori della sua terra montuosa. Nel creare i suoi cocktail, utilizza la ricerca naturalistica e storica oltre al gusto e alla tradizione. L’obiettivo del suo progetto “Graspology, un percorso di riscoperta dei sapori locali nel mondo del bartending” è quello di riscoprire ingredienti poveri e ricette antiche trasformandole in cocktail con un distillato italiano al centro del bicchiere. Con la grappa, gioca in base alla varietà dell’uva e all’età del distillato. “La grappa nel blending non ha funzionato in passato”, spiega Mauro, “Perché abbiamo cercato di coprirla, ma questa non è la sua anima! Mi piace dire che è una signora che va accompagnata, non contraddetta.”
La vera innovazione per i suoi cocktail inizia lontano dal bar e in montagna: trascorre giorni alla ricerca di materie prime tanto disponibili quanto ignorate, come i licheni – piante con straordinarie proprietà nutritive, antibiotiche e antisettiche. Prepara elisir fatti in casa da includere insieme ai distillati nei suoi drink, ispirandosi a formule secolari, rimedi casalinghi e prodotti medicinali usati per curare vari disturbi. Il suo “Mountain Fashioned”, una versione locale dell’Old Fashioned, presenta grappa e miele che prepara secondo un’antica ricetta medica delle Dolomiti che preserva le proprietà curative naturali del dolcificante.
CASTA, LA GRAPPA PER L’ALCHIMIA
A Visnà di Vazzola–la patria del prosecco–nella provincia di Treviso, Roberto Castagner ha fondato la Distilleria Castagner nel 1996. Nel giro di pochi anni, la produzione è schizzata alle stelle diventando uno dei più grandi produttori di grappa in Italia, con una quota del 12% del totale del settore, 35 dipendenti e un fatturato di 14 milioni di euro. Questo è in gran parte dovuto all’ingegno di sua figlia, Giulia, che, dopo essersi laureata in marketing alla Bocconi di Milano, ha ideato una grappa specifica per la miscelazione: casta, ottenuta dalle vinacce dell’uva glera (usata per il prosecco) senza semi o raspi e distillata con un metodo continuo a colonna. Per la sua concezione, Giulia ha riunito 12 dei migliori bartender italiani in un progetto chiamato “Italian Laboratory”: il risultato è stato un prodotto pulito e versatile venduto in una bottiglia elegante, simile a un profumo. Il nome (oltre ad essere un’abbreviazione del cognome di famiglia) è un omaggio alla “Casta Diva”, la famosa aria dalla Norma di Vincenzo Bellini, immortalata nell’interpretazione di Maria Callas.