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Cultura del cibo

Massimo Bottura’s cibo per l’anima reinventa la cucina sociale-ecco come

fotografie di Letizia Cigliutti

“La speranza è che combattendo lo spreco, praticando la sostenibilità e costruendo sistemi alimentari più equi, il pubblico impari a fare scelte migliori.”

Un vassoio per la colazione con frittelle, salsa e una tazza su un letto disordinato in una stanza d'albergo a luce soffusa; lampada sul comodino, loghi a destra. Hotel d'Inghilterra Roma, Starhotels Collezione - Vassoio per la colazione con pancake, sciroppo e frutti di bosco su un letto stropicciato in una camera elegante.

Ingredienti di stagione, produttori locali, zero sprechi da bucce e gambi. Per anni, lo storytelling sulla sostenibilità nell’alta cucina era bloccato nell’immagine idilliaca di chef in giacca bianca che annusavano erbe mentre girovagavano per orti—rigorosamente i propri—prima di mettersi ai fornelli. All’inizio, il dibattito si concentrava sulle materie prime; poi, negli ultimi anni, l’attenzione si è spostata sui diritti dei lavoratori, orari più umani, finanze e difficoltà economiche. In Italia, la sostenibilità ecologica, economica e umana si sono alternate come narrazioni dominanti nell’industria alimentare—prima concentrandosi sugli ideali, poi passando alla lotta per restare a galla, e solo dopo osando immaginare un futuro oltre la generazione presente.

Rivers of words have been said and written about culinary research, service, and decor, but very little about the ultimate goal of these activities: to nourish guests. The non-profit organization Food for Soul, founded by Massimo Bottura—the famed three-star Michelin chef—and his wife Lara Gilmore, begins again from here: the soul. It’s a project they’ve been working on for 10 years, since 2015 and Expo Milano, an international fair themed “Feeding the Planet.” Dozens of restaurants were expected to feed thousands of visitors. Where would all the uneaten food go? Bottura asked a simple question that turned into a collective call to action: cook it. Thus, the first Refettorio (social kitchen) was born in an abandoned theater, open to the needy and serving food scraps and surpluses, thanks to 50 international chefs (like Alain Ducasse, Yannik Alléno, Daniel Humm, and Mauro Colagreco) and hundreds of citizen volunteers over the course of six months.

“The response was unexpected, overwhelming,” says Laura Cavicchioli, who leads communication efforts for what would become Food for Soul.

Bottura’s founding question revealed an urgent issue, far bigger than one event—it challenged how we produce, consume, and waste food globally. Refettorio Ambrosiano started a conversation and became a model replicated in vastly different places—from Rio de Janeiro to London. But please don’t call it a soup kitchen, the team urges.

Anche se originariamente era stato pensato come un progetto temporaneo per l’Expo 2015, il Refettorio Ambrosiano va ancora alla grande—solo l’anno scorso ha servito 27.000 pasti gratuiti, ha salvato 55 tonnellate di cibo dallo spreco e ha riunito quasi cento volontari. Il Refettorio, in un quartiere periferico dietro la stazione centrale di Milano, si è evoluto in uno spazio vivace e accogliente—arredato con pezzi di design, rivestito di arte contemporanea. All’interno, frutta ammaccata e pane raffermo si trasformano in pasti ben pensati e nutrienti che nutrono più del solo corpo. Gelato fatto con frutta di seconda scelta, brodo fatto con croste di Parmigiano, varie versioni di zuppe di verdure usando prodotti invendibili—tutto impiattato con stile. L’obiettivo non è solo soddisfare i bisogni calorici, ma creare un nuovo sistema di valori sostenibile per la comunità, dove ciò che consideriamo marginale—sia cibo che persone—torna al centro.

Lara Gilmore, Presidente di Food for Soul, spiega, “Come diciamo sempre io e Massimo, è un refettorio, dal latino reficere: restaurare. È un posto dove sei invitato a condividere un pasto—e non solo cibo, ma anche conversazione, lo scambio di pensieri, idee, sentimenti, esperienze di vita e cultura.”

Che significa essere nutriti quando tutto il resto sembra andare a rotoli? A volte, un pasto caldo è più della somma delle sue parti. Come mi dice Laura – facendo eco a una frase spesso usata da Massimo – “Food for Soul non è una beneficenza; è un atto culturale.” È un’idea che cattura la missione più profonda del progetto: offrire speranza, dignità e un senso di appartenenza attraverso la riscoperta dell’ospitalità e uno spazio dove chi è nel bisogno si senta bene, accettato e rispettato.

Dopo dieci anni, il modello di comunità del Refettorio pone una nuova domanda—una che va ben oltre i confini della città di Milano: che tipo di futuro vogliamo costruire e chi può sentirsi a casa in esso?

“Gli chef influenzano le tendenze alimentari globali,” mi dice Massimo Bottura, “e in futuro devono capire che cucinare è un atto culturale che genera consapevolezza, conoscenza e responsabilità. Crea un effetto domino.”

“La speranza è che combattendo lo spreco, praticando la sostenibilità e costruendo sistemi alimentari più equi, il pubblico impari a fare scelte migliori,” continua. “Condividere queste idee e valori crea un movimento globale—questo è l’unico modo per creare un futuro migliore per tutti noi.”

Mentre Massimo parla di trasformazione globale, lui e il team trovano anche la rivoluzione su scala intima e umana. Food for Soul è attivismo attraverso la bellezza, sostengono – anche quando la bellezza sembra un lusso invece che una necessità. Massimo e Lara tornano spesso a una loro frase preferita di Albert Camus: “La bellezza, senza dubbio, non fa rivoluzioni. Ma verrà un giorno in cui le rivoluzioni avranno bisogno della bellezza.”

The duo’s philosophy is that beauty is fundamental to revealing the hidden potential of things, places, and people. Whether through art, design, music, a dish, or an act of kindness, Massimo and Lara believe beauty can uncover the poetry in everyday life. “It’s the most powerful means of giving new value to abandoned spaces, new dignity to society’s most vulnerable, and turning humble ingredients into nourishing, delicious meals.”

Da Milano al Messico, passando per Rio, San Francisco, Parigi e Londra, il modello del Refettorio si è diffuso in tutto il mondo, sviluppato con partner locali molto diversi in modi che potrebbero essere definiti “site-specific” secondo gli standard del mondo dell’arte. Ma quanto è davvero italiano questo progetto?

Lara, un’americana che si è stabilita a Modena, porta una prospettiva che unisce entrambi i mondi. “L’italianità è al centro di questo progetto”, dice, citando la riverenza per gli ingredienti locali di qualità, il peso della tradizione e uno spirito creativo che permea anche i piatti più semplici – fondamenta condivise sia dalla cucina italiana che da Food for Soul. “L’approccio agli ingredienti rispecchia quello di qualsiasi cucina familiare italiana: semplice ma intenzionale, rispettando la stagionalità e il territorio.”

Quanto all’ospitalità, non c’è niente di più italiano che far sentire un ospite a casa. “Food for Soul incarna tutto questo, portandolo in un contesto universale dove chiunque, non importa da dove venga, può sentirsi parte di una famiglia”, mi racconta Lara.

E quell’idea di famiglia – crescere, nutrire e condividere – è forse il modello di sostenibilità più duraturo e umano che abbiamo.

“Vedo più giovani consapevoli delle loro responsabilità di quanto lo fossi io alla loro età”, conclude Bottura. “E questo mi dà speranza – è ciò che mi spinge ad andare avanti, più che mai, perché è ora di smettere di parlare e iniziare ad agire. Basta scuse.”