Per me, più di ogni altra cosa, il Festivalbar era una sensazione. La sensazione che ogni edizione di questo concorso canoro di fama internazionale, che si svolgeva in alcune delle città e piazze più importanti d’Italia, segnasse immancabilmente l’inizio di una nuova estate piena di hit mainstream allegre e momenti spensierati. Palchi da Piazza del Duomo a Milano fino a Piazza del Duomo a Catania erano onorati da un roster di importanti cantanti italiani e stranieri in voga, pronti a fare il playback delle loro canzoni di debutto e dei successi precedenti. Gemelli Diversi, R.E.M, Zucchero, Manu Chao, Jamiroquai, Neffa, Las Ketchup, Lùnapop, Anastacia, Kylie Minogue. La moda era al top dello stile Y2K, e gli smartphone per registrare video in alta definizione e i selfie ai concerti filtrati su Insta erano solo un pensiero lontano.
L’autore e presentatore TV Vittorio Salvetti lanciò per la prima volta il Festivalbar nel 1964 dopo aver raccolto dati sulle canzoni estive più suonate dai jukebox nei bar italiani. Grazie a un sistema di contatori attaccato a ogni dispositivo, riusciva a misurare quante volte ogni canzone veniva selezionata e suonata. Alla fine della stagione, la somma di tutte le monete usate per una singola canzone determinava il vincitore. Il Festivalbar veniva inizialmente trasmesso alla radio, ma nel 1966 approdò sul canale TV Rai 2. Nel 1983, il programma fu acquisito dalle reti Fininvest Canale 5 e Italia 1.
Lo show tradizionalmente iniziava a fine maggio con una serata di apertura. La competizione continuava per giugno e luglio, si fermava per un mese ad agosto e si chiudeva a settembre con una serata finale e la cerimonia di premiazione, religiosamente tenuta all’Arena di Verona. Il vincitore veniva scelto in base al numero di trasmissioni radio e televisive ottenute e alle copie di album vendute.
Per un paio d’estati all’inizio degli anni 2000, i miei genitori portavano me e mio fratello minore in vacanza a Recco a casa di nostra nonna per un mese. A volte, passavano i loro weekend nella vicina Portofino con gli amici, lasciando noi bambini alle cure della nostra tata per qualche giorno. Ricordo di sdraiarmi sul divano del soggiorno dopo cena, con in mano un EstaTè alla pesca, sintonizzandomi su Canale 5 per godermi l’ultimo pezzo di sketch di Paperissima Sprint, prima di cambiare canale su Italia 1 per guardare la messa in onda del Festivalbar.

liguria
Era già metà giugno, e la brezza notturna afosa entrava attraverso le persiane verde scuro liguri nello spazio umido – un luogo che presto sarebbe diventato un deposito per una piaga di zanzare snervanti che mi avrebbero lasciato coperto di punture gonfie e pruriginose per settimane. “Dall’Arena Alpe Adria, bentornati alla 40esima edizione del Festivalbar!” gridava il duo di presentatori all’inizio dello show, al che ricordo di aver pensato tra me e me, “Ecco, finalmente l’estate è iniziata.”
I viaggi settimanali in macchina con i nostri genitori ai Bagni Fiore nella baia di Paraggi non sarebbero stati gli stessi senza le doppie compilation del Festivalbar con il logo del girasole blu e rosso che suonavano in sottofondo in loop. Cantavamo a squarciagola “Me Gustas Tu” di Manu Chao, “Salirò” di Daniele Silvestri e “La mia signorina” di Neffa mentre il paesaggio da cartolina, marittimo della Riviera di Levante si svelava davanti ai nostri occhi lungo la via Aurelia. A volte, si univano a noi i nostri cugini di Genova: la macchina era piena e “Crying at the Discoteque “degli Alcazar e “Tell Me Why”” di Giorgio Prezioso erano alcune delle canzoni preferite per caricarci durante il viaggio.
Ai Bagni Fiore, oltre a passare le mattine a giocare alla sirena in mare e i pomeriggi a vendere portachiavi scoubidou fatti a mano ai passanti, passavo il tempo con altre ragazze della mia età e le loro sorelle maggiori, che inconsciamente mi trasmettevano i loro improvvisati movimenti di danza a braccia ondeggianti sulle note di “Blue (Da Ba Dee)” degli Eiffel 65, che ancora oggi so replicare.
Sulla strada del ritorno a Recco, ci fermavamo per un gelato Pinguino alla Gelateria Centrale di Santa Margherita Ligure, e appena tornati in macchina, mio padre saltava tra gli album di Festivalbar alla ricerca di ritmi più tranquilli da mettere dopo una lunga giornata in spiaggia. “Sunrise” dei Simply Red era spesso una delle canzoni preferite, così come la canzone d’amore preferita dei miei genitori, immagino, per il modo in cui i loro occhi si incontravano furtivamente durante il ritornello.
Il resto dell’estate continuava senza intoppi una volta tornati a casa a Lugano. Per tutto il mese di agosto, mio fratello ed io continuavamo a divertirci con le tracce animate di Festivalbar mentre ci divertivamo nel nostro giardino facendo capriole e salti mortali. “Get Get Down” di Paul Johnson e “Hey Boy Hey Girl” dei The Chemical Brothers risuonavano dal vecchio stereo degli anni 2000 accanto alla nostra piscina interna-esterna per tenerci intrattenuti.
Con Festivalbar, Vittorio Salvetti è riuscito a produrre uno dei festival musicali itineranti più rinomati della penisola. I suoi successi alla moda diventavano immediatamente la colonna sonora delle nostre estati fino al 2007, l’anno della sua ultima edizione, e le personalità televisive emergenti che ospitavano l’evento ambito (tra cui Fiorello, Alessia Marcuzzi, Michelle Hunziker, Vanessa Incontrada e Daniele Bossari) lasciavano il segno non solo nel mondo dello spettacolo, ma anche nei nostri cuori.
Per i miei coetanei e per me, la nostalgia per gli anni di Festivalbar è reale. Per quelli di noi che hanno avuto la fortuna di crescere a cavallo del secolo, Festivalbar rimarrà per sempre un ricordo indelebile di ozio beato e tempi più semplici. La competizione ha creato gli inni di una generazione di millennial italiani che sapevano cosa significava vivere lentamente e che ingenuamente pensavano che i telefoni a conchiglia fossero il futuro della tecnologia e che i jeans a vita bassa non sarebbero mai passati di moda.