Oggi è il secondo anniversario del mio arrivo in Italia. È anche il giorno in cui me ne vado. Non l’ho pianificato così; qualche mese fa, mi hanno offerto un posto in una città che non potevo rifiutare, e il mio visto è stato approvato per la stessa identica data in cui ero arrivata. Due anni perfetti nel calendario, mi sembra.
Italia, non ho altro da dire se non che mi sono innamorata perdutamente di te. Mi hai spinto a crescere e mi hai aiutato a scoprire cose su me stessa che nessun altro paese avrebbe potuto.
Lascia che inizi dall’inizio. Ero stata una turista in questo paese – ero a Roma quando l’Italia ha vinto i Mondiali del 2006, e ho festeggiato come un’italiana– ma non avevo mai sognato di viverci. Sono finita in Italia grazie a una combinazione di tempo libero indotto dal COVID, più una ricerca su Google che mi ha portato a una scuola in Piemonte di cui nessuno a casa aveva mai sentito parlare. Nel bel mezzo di una pandemia globale, l’Italia sembrava un solido piano di nove mesi.
Sono arrivata senza aspettative, una rarità per una persona tipo A come me. Ma questo non era il mio piano A; era solo un piano. Ma dal primo giorno, l’Italia mi ha fatto sentire a casa. I vicini mi hanno portato cibo durante la quarantena e hanno sorriso con grazia quando facevo errori di grammatica, prendendoli come simpatici tocchi personali. La mia famiglia non ha origini italiane, ma potevo sentire che l’Italia è da dove viene un argentino. Le nostre culture sono così profondamente legate che, anche senza un singolo gene, mi sono sentita radicata, una base sicura da cui partire per le avventure.
Ho viaggiato alle Cinque Terre (e ho iniziato un altro tipo di storia d’amore), le Dolomiti, Reggio Emilia, Veneto. Ho fatto un viaggio estivo in auto attraverso Lazio, Campania, Calabria, Basilicata, Puglia. Ho esplorato e scoperto. Ho goduto dell’aperitivo ogni giorno alle 7 di sera – Negroni per me mentre tutti gli altri sorseggiavano i loro Spritz.
Poi mi sono trasferita a Firenze, una città romantica come non ce ne sono altre. Incredibilmente bella ma piena di folle di turisti. Mi sono ritrovata un po’ nel mezzo: non sono loro, ma non sono neanche una del posto. Dopo un anno, riuscivo ancora a perdermi in alcune delle sue stradine tortuose. Firenze mi ha insegnato che la vera Italia non è nelle strade, per quanto tortuose possano essere, né nei musei, ma nelle persone che incontri. Quindi questi due anni saranno ricordati per le avventure sulla costa e le scorribande dell’aperitivo, sì, ma soprattutto per il cuore generoso di un amico, il sorriso impertinente di un altro, e le braccia aperte di tutti.