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Dozza: come uno dei Borghi più belli d’Italia dipinge un quadro di arte accessibile

“Oggi la città è un caleidoscopio di tinte, toni e stili, con opere che spaziano dai paesaggi ai fumetti, dagli schizzi fiabeschi alle nature morte, dai murales astratti ai ritratti realistici.”

Un vassoio per la colazione con frittelle, salsa e una tazza su un letto disordinato in una stanza d'albergo a luce soffusa; lampada sul comodino, loghi a destra. Hotel d'Inghilterra Roma, Starhotels Collezione - Vassoio per la colazione con pancake, sciroppo e frutti di bosco su un letto stropicciato in una camera elegante.

È il sogno di ogni instagrammer, eppure non è diventato un incubo turistico. Nel colorato comune emiliano-romagnolo di Dozza, invece, la street art ha portato una nuova ondata di vita e ha risparmiato alla città lo spopolamento affrontato da molti dei suoi paesi vicini.

Tra distese di vigneti a 35 chilometri a est di Bologna, le prime case di Dozza risalgono al IX secolo e le fortificazioni murate al 1086; proprio al confine tra le storiche Emilia e Romagna, il borgo medievale fu teatro di non poche battaglie e conquiste. Ma fu solo nel 1960 che la città ottenne la vibrante identità visiva per la quale è conosciuta (anche se non da molti!) oggi.

Coloro che hanno una vaga familiarità con la cultura italiana sapranno che gli anni ’60 – il momento del “boom economico” – portarono una rivoluzione culturale (e controculturale!) in Italia, segnata dall’emergere di nuovi stili musicali, tendenze della moda e un generale atteggiamento più liberale. In questo cambiamento c’era una spinta verso una maggiore accessibilità e inclusività dell’arte, con molti che si allontanavano dalle tradizionali impostazioni delle gallerie e abbracciavano un approccio più spontaneo e dinamico. Le mostre spesso si svolgevano in spazi pubblici, consentendo agli artisti di interagire direttamente con il pubblico.

Ispirato da questo movimento, così come dalle tradizioni storiche dei murales in Italia (si pensi agli affreschi, ai murales e alle vivaci case della Liguria), Tomaso Seragnoli, l’allora sindaco di Dozza, ha avviato il festival d’arte della città, la “Biennale del Muro Dipinto”, portando artisti da tutto il mondo a dipingere, non su tele, ma su colonne, portici, archi e facciate. Ogni anno dispari, dal 1960, una settimana di settembre vede le strade e le piazze della città trasformarsi in studi temporanei; ad oggi sono circa 200 i pittori che hanno lasciato il segno a Dozza, quella che molti definiscono “una galleria d’arte a cielo aperto”.

Oggi la città è un caleidoscopio di tinte, toni e stili, con opere che spaziano dai paesaggi ai fumetti, dagli schizzi fiabeschi alle nature morte, dai murales astratti ai ritratti realistici. Una scena laterale di campagna surrealista incornicia un arco. Un elfo tipo Ron Weasley saltella su quello accanto. Un gatto soriano guarda scontroso da sopra una finestra, e un cielo azzurro, punteggiato di sottili nuvole, affresca un sottopassaggio. Una creatura cubista si libra, nel bel mezzo di una conversazione, sopra una porta.

Photo by Vanni Lazzari

“Gli artisti sono abbastanza liberi di decidere cosa dipingere sui muri e quali tecniche utilizzare”, afferma Giulia Nanni della Fondazione Dozza Città d’Arte, che attualmente gestisce il festival. “Sia i creatori locali che quelli internazionali vengono qui per il festival”, mi dice Giulia, “compresi quelli dal Giappone, Polonia, Cile e Austria, e tra questi si possono annoverare alcuni nomi famosi”. Qui si possono ammirare “Sole sul muro rosso” (1967) del pittore espressionista Bruno Saetti, così come “Milling” (1965) del noto surrealista cileno Sebastian Matta; altre opere di quest’ultimo sono appese alle pareti del Guggenheim. Altre firme di grandi nomi includono gli artisti contemporanei Riccardo Schweizer, Giuseppe Zigaina, Emilio Contini, Concetto Pozzati, Remo Brindisi e Riccardo Licata. È davvero spettacolare che una collezione d’arte così incredibile sia accessibile a tutti gratuitamente.

Se i primi anni erano organizzati con concorsi, con una giuria che sceglieva i vincitori, negli anni ’70 i premi furono aboliti per “sottolineare il primato dell’artista”, dice Giulia. “La storia de Il Muro Dipinto è, quindi, una storia di artisti e delle loro opere.”

Photo by Roberto Ferrari

Dozza è piccolissima, conta meno di 7.000 abitanti; due strade acciottolate corrono parallele l’una all’altra, formando un piccolo anello che richiede non più di 10 minuti per attraversarlo tutto. In un solo pomeriggio è possibile vedere quasi tutte le opere d’arte e visitare la fortezza del paese, dove il “Centro Studi e Documentazione del Muro Dipinto” archivia ed espone bozzetti storici delle pareti dipinte.

Per dimensioni e storia, Dozza non è molto diversa dai tanti piccoli borghi che punteggiano il resto della valle del fiume Sellustra, eppure sembra un mondo a parte. La campagna dell’Emilia-Romagna si trova ad affrontare ciò che accade a molte altre aree extraurbane italiane: invecchiamento demografico, modernizzazione agricola e spopolamento, con le generazioni più giovani che si dirigono verso città come Bologna alla prima occasione. Dozza, tuttavia, ha visto la sua popolazione raddoppiare dal 1961: un’anomalia impressionante. 

“Un tempo era un piccolo borgo abitato solo dai suoi abitanti, oggi Dozza è una città d’arte che attira ogni anno migliaia di turisti”, gli fa eco Giulia. 

La trasformazione di Dozza da villaggio appartato a vivace centro di espressione artistica è chiaramente e strettamente legata al successo e alla crescita de “Il Muro Dipinto” ed è una potente testimonianza del modo in cui gli eventi culturali possono promuovere un turismo sano.

Mentre molti altri spettacoli simili in Italia sembrano essere costruiti solo per gli occhi dei turisti, la sostenibilità de “Il Muro Dipinto” si basa sull’impegno locale. Giulia spiega che gli abitanti di Dozza accolgono ogni edizione della Biennale con entusiasmo, soprattutto perché “gli artisti dipingono a diretto contatto con il pubblico e in relazione al contesto urbano”. I dozzesi sono invitati a osservare i pittori al lavoro – la puntata del festival del 2023, la 29esima della Biennale, è stata organizzata attorno al tema “Art in Progress” – e le presentazioni sono programmate durante il festival per incoraggiare il dialogo.

Photo by Marica Rossi

Dozza è piccolissima, conta meno di 7.000 abitanti; due strade acciottolate corrono parallele l’una all’altra, formando un piccolo anello che richiede non più di 10 minuti per attraversarlo tutto. In un solo pomeriggio è possibile vedere quasi tutte le opere d’arte e visitare la fortezza del paese, dove il “Centro Studi e Documentazione del Muro Dipinto” archivia ed espone bozzetti storici delle pareti dipinte.

Per dimensioni e storia, Dozza non è molto diversa dai tanti piccoli borghi che punteggiano il resto della valle del fiume Sellustra, eppure sembra un mondo a parte. La campagna dell’Emilia-Romagna si trova ad affrontare ciò che accade a molte altre aree extraurbane italiane: invecchiamento demografico, modernizzazione agricola e spopolamento, con le generazioni più giovani che si dirigono verso città come Bologna alla prima occasione. Dozza, tuttavia, ha visto la sua popolazione raddoppiare dal 1961: un’anomalia impressionante. 

“Un tempo era un piccolo borgo abitato solo dai suoi abitanti, oggi Dozza è una città d’arte che attira ogni anno migliaia di turisti”, gli fa eco Giulia. 

La trasformazione di Dozza da villaggio appartato a vivace centro di espressione artistica è chiaramente e strettamente legata al successo e alla crescita de “Il Muro Dipinto” ed è una potente testimonianza del modo in cui gli eventi culturali possono promuovere un turismo sano.

Mentre molti altri spettacoli simili in Italia sembrano essere costruiti solo per gli occhi dei turisti, la sostenibilità de “Il Muro Dipinto” si basa sull’impegno locale. Giulia spiega che gli abitanti di Dozza accolgono ogni edizione della Biennale con entusiasmo, soprattutto perché “gli artisti dipingono a diretto contatto con il pubblico e in relazione al contesto urbano”. I dozzesi sono invitati a osservare i pittori al lavoro – la puntata del festival del 2023, la 29esima della Biennale, è stata organizzata attorno al tema “Art in Progress” – e le presentazioni sono programmate durante il festival per incoraggiare il dialogo.

Photo by Sergio Bertolini

Elegante ristorante dalle pareti blu con sedie arancioni, tovaglie bianche, opere d'arte, specchio dorato e vista sul bar. Arredamento caldo e classico. Elegante sala da pranzo con pareti blu, specchio dorato e poster d'epoca. Sedie arancioni su tavoli rivestiti di bianco. Presenti i loghi Helvetia e Bristol.

Dozza