Se i muri potessero parlare, il bar del Camparino in Galleria avrebbe storie da raccontare. Dal 1915, questa istituzione milanese è il cuore pulsante della cultura dell’aperitivo italiano, servendo drink a poeti, icone della moda e a chiunque sappia che le belle serate iniziano con un Campari. Dalle prime innovazioni di Gaspare Campari – perfezionando il Campari Seltz, servito direttamente dai suoi ormai leggendari rubinetti di ottone – alle generazioni di baristi che hanno raffinato l’arte della mescita perfetta, il Camparino ha aiutato la città a guadagnarsi le sue “Milano da bere” stellette.
Anche se il Negroni è stato inventato a Firenze, è stato perfezionato a Milano. Qui, dietro il bancone del Camparino, il drink viene preparato con quella precisione senza sforzo che deriva solo da anni di ripetizione. Baristi leggendari lo creano istintivamente, i loro movimenti fanno parte di una memoria muscolare affinata in decenni di carriera. Una rapida tirata della bottiglia, un misurato colpo di polso, il sapiente movimento del ghiaccio contro il vetro. Il modo in cui la scorza d’arancia viene posizionata con uno schiocco sicuro.
Il cocktail può sembrare semplice – tre ingredienti in parti uguali – ma non farti ingannare. Un Negroni è un drink di precisione, una lezione di armonia e una prova di autocontrollo. Se lo prepari bene, stai sorseggiando il perfetto equilibrio agrodolce creato da Campari, gin e vermouth rosso. Se lo sbagli, beh… Non lo farai se segui questi Do e Don’t per il Negroni perfetto. Benvenuto a Negroni 101.

DA FARE: Rispetta la Santa Trinità
Campari. Gin (il Camparino usa Bulldog). Vermouth rosso. Un’oncia di ciascuno, né più né meno. La bellezza del Negroni sta nel suo equilibrio impeccabile – non metterci le mani.

DA NON FARE: Commettere il Crimine del Vermouth
Alcuni pensano che sostituire il vermouth rosso con quello secco sia accettabile. Non lo è. Scegli un vermouth rosso di qualità – il Camparino opta per Del Professore – che possa reggere il confronto con il Campari e conservalo in frigo dopo l’apertura; il vermouth ossidato è il fantasma dei cocktail cattivi del passato.

DA NON FARE: Servirlo nel Bicchiere Sbagliato
Lascia perdere il bicchiere alto. Il Negroni va servito in un bicchiere rocks, con un unico grande cubetto di ghiaccio o un paio di cubetti di medie dimensioni.

DA FARE: Mescola, Non Agitare – Non Sei James Bond
Scusa, 007, ma qui hai proprio sbagliato. Agitare ossigena troppo il drink, creando bolle d’aria indesiderate e smorzando la texture setosa che rende un Negroni così liscio. Peggio ancora, accelera la diluizione, annacquando l’equilibrio audace e agrodolce. Mescolare su un unico grande cubetto di ghiaccio o un paio di cubetti di medie dimensioni garantisce un raffreddamento controllato e la giusta diluizione, mantenendo ogni sorso fresco e vellutato.

DA FARE: Guarnire con una Scorza d’Arancia
Quella scorza d’arancia mica è solo per fare scena – affila i contorni dell’amaro del Negroni e lega tutto insieme. Spremi gli oli sopra il drink per liberare il suo aroma brillante e agrumato, passa la scorza sul bordo del bicchiere per un tocco in più, poi buttacela dentro. E mettiamolo in chiaro: niente ciliegie, niente limoni, niente teatrini esagerati con le guarnizioni.

DA FARE: Prenditi il Tuo Tempo
Il Negroni è un drink da sorseggiare lentamente, mica una gara a chi lo finisce prima. Altrimenti ti perdi tutta la complessità dei sapori. Lascia che l’amaro ti colpisca per primo, poi goditi come il vermouth lo ammorbidisce, e alla fine apprezza il finale botanico del gin.

DA NON FARE: Aver Paura di Provare Varianti
Il Negroni sarà pure un classico per un motivo, ma questo non vuol dire che non possa evolversi. Prendi il Negroni Sbagliato, un errore fortunato del Bar Basso di Milano negli anni ’70, dove un barista ha usato per sbaglio vino frizzante al posto del gin – risultato? Una versione più leggera e frizzante del classico. O fai il coraggioso con il Negroni Oaxacan, che scambia il gin col mezcal, aggiungendo una profondità affumicata che si sposa alla grande con l’amaro del Campari. Queste variazioni dimostrano che mentre il Negroni non segue le mode, di sicuro sa come crearle.
