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Culti calabresi: Un improbabile preservatore della cucina locale

Il morzello di Catanzaro è passato dall'oblio a una vera e propria moda

“Al grido di ‘in vino veritas, in morzello salus’ (‘Nel vino, la verità, nel morzello, la salvezza’), giurano solennemente fedeltà al morzello, firmando l’impegno con un mento imbrattato di sugo su carta da forno, quello della pitta, perché il morzello ‘t’a dde sculara gargi gargi’ (‘deve colare dalla bocca’).”

Un vassoio per la colazione con frittelle, salsa e una tazza su un letto disordinato in una stanza d'albergo a luce soffusa; lampada sul comodino, loghi a destra. Hotel d'Inghilterra Roma, Starhotels Collezione - Vassoio per la colazione con pancake, sciroppo e frutti di bosco su un letto stropicciato in una camera elegante.

Probabilmente saprete già che il cibo in Italia è una questione seria, quasi una religione, ma forse non sapevate che in tutto il Paese esistono veri e propri culti, dedicati non solo ai santi, ma anche alla cucina. Qui in Italia esistono confraternite dedicate al culto di specifiche ricette o ingredienti, con tanto di riti di iniziazione, giuramenti e abiti da cerimonia. Accademici del baccalà, fratelli della polenta, devoti dell’ossobuco, strenui difensori della rosticceria: tra bagordi e conservazione del patrimonio gastronomico nazionale, dalle Alpi alla Sicilia, ogni regione vanta le sue confederazioni di appassionati di cucina. 

Una delle più “antiche” è la Dotta Confraternita del Tortellino, nata a Bologna nel 1965, mentre la più famosa è la Venerabile Confraternita del Baccalà alla Vicentina, con sede in Veneto, dove i nuovi cavalieri vengono iniziati con un tocco sulle spalle da una “spada” fatta di baccalà. Ce ne sono decine e decine, dalla confraternita della pizza a quella del cotechino caldo, dalle organizzazioni per la polenta o il bollito misto alle fazioni a favore della focaccia pugliese, tutte dedicate a famosi piatti italiani, o a volte solo a prodotti praticamente sconosciuti al di fuori della propria provincia. Esiste persino un’associazione, la F.I.C.E. (Federazione Italiana Circoli Enogastronomici), che li riunisce a livello nazionale.

La Calabria ne ha quattro: Bergamotto a Reggio Calabria, Baccalà a Cosenza, Frittola calabrese (piatto a base di frattaglie e cotenne di maiale) a San Fili e Antica Congregazione “Tre Colli” a Catanzaro, che venera il morzello. Queste associazioni locali – estremamente locali – vogliono preservare il senso di appartenenza al territorio, le radici storiche e le ricette che rischiano di scomparire con la globalizzazione. Abiti, stemmi e stendardi possono essere solo una facciata giocosa per un impegno che accomuna professori e notabili di ogni città, ma portano a convegni, eventi e incontri di storici, gastronomi e chef. A Reggio Calabria, grazie a questo impegno, è nato un museo dedicato al bergamotto e gli incontri con agronomi e istituzioni sono proficui. Nel borgo di San Fili, attorno alla frittola si organizzano attività di inclusione sociale e di beneficenza, mentre a Catanzaro il morzello è diventato il simbolo della rinascita dell’identità locale.

Il morzello, o meglio “u morzeddhu catanzarisa”, è un piatto identificativo del capoluogo calabrese: non troverete certo altrove questo stufato di trippa, milza, cuore, polmone, esofago, pomodoro concentrato, peperoncino piccante, sale, alloro e origano, consumato nel tipico pane catanzarese chiamato “pitta”. Con radici nella cucina operaia – la carne di vitello era l’unica che potevano permettersi – il morzello è spesso definito il piatto “più illustre” della città. Pur essendo un piatto povero fatto di interiora, non è puzzolente, ma gommoso e confortevole grazie alla grande quantità di ricca salsa di pomodoro che cola dal pane.

Il centro storico della città di Catanzaro, che conta 86.000 abitanti, fino a pochi anni fa era pieno di morzeddhari che, nelle loro caratteristiche osterie chiamate “putiche”, iniziavano a vendere panini di pitta ripieni di morzello a operai, braccianti e manovali alle 10 del mattino, durante la pausa dalle dure ore di lavoro. 

Se il “quinto quarto” (frattaglie) è stato storicamente disprezzato dalle classi più abbienti della società, nel corso degli anni ha conquistato il palato di un intero popolo, compresa la nobiltà, diventando il piatto simbolo di Catanzaro. Tuttavia, con la prosperità economica del dopoguerra, le putiche iniziarono a chiudere e il morzello cominciò a scomparire dalle abitudini culinarie della città. Questo fino a quando una confraternita decise di invertire il corso della storia impegnandosi nella sua difesa e valorizzazione. Al grido di “In vino veritas, in morzello salus” (“Nel vino, la verità, nel morzello, la salvezza”), giurano solennemente fedeltà al morzello, firmando l’impegno con un mento imbrattato di sugo su carta da forno, quello della pitta, perché il morzello “t’a dde sculara gargi gargi” (“deve colare dalla bocca”).

Morzello

Tutto ebbe inizio il 28 dicembre 1984, quando quattro amici, compagni di scuola, si riunirono per le feste davanti a un piatto di morzello. Anno dopo anno, la tradizione è cresciuta e la baldoria ha lasciato il posto a una vera e propria associazione, a un progetto di valorizzazione e a un’accademia, giunta alla seconda edizione, nata per insegnare a fare il morzello in modo artigianale e per educare alla sua storia e alle sue potenzialità economiche. Oggi i soci sono circa ottanta e far parte della congregazione è diventato prestigioso, un vanto. L’associazione, che riunisce professionisti, politici e alti funzionari comunali, oltre a ristoratori, ammette ogni anno nuovi membri il 28 dicembre durante un esclusivo evento privato. I soci indossano grembiuli rossi ricamati con l’aquila simbolo di Catanzaro, votano il loro presidente, selezionano le new entry e, naturalmente, mangiano insieme pentole e pentole del famoso piatto. Un posto nel club è certamente molto richiesto, ma non solo: il morzello è tornato di moda, le trattorie hanno ripreso a prepararlo e nuovi locali che lo propongono sono sorti in tutta la città. Oltre alla classica Trattoria Talarico, l’ultima putica storica rimasta (tappa obbligata per gli appassionati del genere), hanno aperto la Morzelleria de’ Baracchi, un fast-food che propone variazioni sul tema, e la Pizzeria Artigiana, dove lo spezzatino viene infilato in un calzone. I cartelli che pubblicizzano il morzello sono tornati in città e, grazie alla confraternita, Catanzaro può ora vantare alcune apparizioni televisive e un nuovo afflusso di turismo gastronomico.

Grazie a una congregazione che non ha nulla di antico, gli italiani scoprono per la prima volta le tradizioni locali e i calabresi tornano a mangiare i loro piatti dimenticati. Esattamente come una volta? Niente affatto, anzi, è ancora meglio.

Trattoria Talarico

Morzelleria de' Baracchi

Pizzeria Artigiana