Nessuna città italiana è proprio come l’altra, e questo perché la storia dell’Italia è recente, mentre quella dei suoi comuni, regni e repubbliche è durata per secoli. Ma la biodiversità culturale della “Terra dei Mille Campanili” ne include una ancora più diversa delle altre: Genova, soprannominata La Superba, una città indipendente per definizione.
Non giriamoci intorno: la prima impressione di Genova quando arrivi dall’autostrada è quella di un groviglio di cavalcavia e palazzoni incastrati tra strade sopraelevate. Genova è una città disordinata cresciuta adattandosi a gole, promontori e pendii, lungo una stretta striscia costiera lunga un paio di chilometri. Siccome il capoluogo regionale si è sviluppato intorno a un porto naturale, senza terre o campagne alle spalle, si è espanso altrove, cioè oltremare. Fin dalla metà dell’XI secolo, Genova è stata una città autonoma, una potenza mercantile che ha esercitato un dominio incontrastato sulle coste liguri e su buona parte del Mediterraneo, estendendosi fino al Medio Oriente negli anni delle Crociate e diventando una delle più grandi potenze navali d’Europa. Prima per commerciare e poi per stabilire insediamenti, nel XIII secolo, le colonie genovesi si trovavano sull’isola di Cipro, a Creta, Rodi, Istanbul (l’attuale quartiere di Galata), lungo le coste della Turchia e persino sul Mar Nero. Genova è ancora gemellata con la città ucraina di Odessa, e non è un caso che un certo famigerato “esploratore” venisse da qui.
Genova: una città di mercanti, banchieri e tirchi
Con un centro storico che si snoda tra vicoli stretti chiamati carruggi e 113 ettari di superficie, Genova ha uno dei centri storici medievali più grandi d’Europa e con la più alta densità di popolazione. È un labirinto di strade oscurate da palazzi altissimi, che si alternano a piccole piazze, chiese e sontuosi palazzi appartenuti all’aristocrazia e alla borghesia mercantile. Questi ultimi sono residenze rinascimentali e barocche costruite nel XVI secolo per rappresentare la ricchezza delle famiglie della città; 42 sono visitabili (ti consiglio Palazzo Rosso, Palazzo Bianco e Palazzo Spinola), tra gli oltre 100 ancora esistenti, alcuni privati e altri trasformati in musei. Li sentirai chiamare Palazzi dei Rolli, perché queste famiglie avevano l’onore e il dovere di ospitare i registri della città, chiamati “rolli”, nonché illustri viaggiatori – principi, ambasciatori, prelati, ecc. – di passaggio a Genova. Facciate decorate, soffitti affrescati, ori e stucchi danno una buona idea del potere di alcune famiglie genovesi durante il “Siglo de Oro” (“Secolo d’Oro”) dal 1492 al 1600.

Photo by Gareth Paget
I banchieri genovesi finanziavano la corona spagnola e la costruzione dell’Invincibile Armada del paese, ricevendo in garanzia intere province della Sicilia. I mercanti controllavano il porto di Ripa Grande a Roma, e il quartiere di Trastevere era abitato da marinai liguri; il Senato della Repubblica Italiana ha sede in un palazzo costruito da famiglie genovesi, così come Palazzo Marino, sede del Comune di Milano. Il loro potere arrivava nell’Europa del Nord, e a Bruges esiste ancora l’edificio della “Loggia dei Genovesi”; un tempo casa consolare e ora il Frietmuseum dedicato alle patate e alle patatine fritte belghe.
La storia di Genova è quella di una città cosmopolita aperta, una tradizione che è continuata fino ai tempi moderni. Con l’apertura del Canale di Suez nel 1869, fu intorno al porto di Genova che si fermarono le navi e si stabilirono varie comunità straniere, tra cui una rappresentanza degli inglesi (che, da Ventimiglia a Portofino, hanno fatto la storia di molte città liguri). Nel XX secolo, molti genovesi emigrarono nel continente americano per affari, fondando sia il quartiere di La Boca a Buenos Aires, in Argentina, e il porto di Valparaiso in Cile, il più grande del Sud America e una tappa obbligata prima dell’apertura del Canale di Panama. I genovesi costruirono anche la ferrovia che collega le due città, e fu un genovese a fondare la Bank of America. Con la nascita dello Stato italiano nel 1861, Genova formò un punto del triangolo industriale insieme a Milano e Torino.
Il passato di Genova è costellato di ricchezza e splendore, eppure la gente della città è nota in tutta Italia per essere introversa, poco ospitale e lamentosa; parsimoniosa, alcuni direbbero tirchia, con un “braccino corto” come dice un detto popolare, così corto che non riesce a raggiungere il portafoglio nelle tasche. E anche la cucina è così – locale e povera da un lato, ma dall’altro basata su ingredienti arrivati qui nel corso dei secoli, spesso per partire verso altre destinazioni.

Photo by Gareth Paget
La cucina dei genovesi, non di Genova
La cucina dei genovesi (2016) dell’autore locale Paolo Lingua racconta la storia “dei genovesi” e non “di Genova” proprio perché i genovesi hanno sviluppato un’economia gastronomica legata a commerci e mercati lontani. Loro stessi sono i principali ingredienti della loro cucina, poco dovuta al territorio e molto alla loro storia.
“Tutto ciò che i genovesi hanno messo in tavola nei secoli, ad eccezione di qualche erba e dell’olio prodotto dalle ripide vallate tra le case della periferia, viene da lontano e porta con sé il profumo di altri mondi: così è per la pasta, il baccalà, la pasticceria, persino il pesto”, scrive l’autore. La campagna offre scarsi frutti, il clima è mite, si cucina un po’ di tutto, e forse i piatti più tipici sono i ripieni, qualsiasi cosa dai ravioli alle verdure alle carni riempite con quello che c’è e quello che offre la stagione. Gli animali da cortile come conigli e polli sono le proteine preferite; servono pochi grassi perché non c’è un freddo pungente da sconfiggere. Le carni sono bianche, i sughi puri e il pomodoro è usato con parsimonia.
Come storici mercanti di grano, i genovesi mangiano pasta, non perché producessero grano ma perché lo lavoravano per spedirlo altrove via nave. Anche il riso, però, è comune, grazie agli incontri con mercanti arabi e turchi fin dal Medioevo. Il baccalà viene dai mari del nord, e il formaggio fresco dalla zona, soprattutto la prescinsöa, una cagliata di latte intero, cremosa e dal gusto leggermente acidulo, che probabilmente è di origine dell’Europa orientale. Persino la farinata, chiamata fainâ qui, ha origini mediorientali e condivide la farina di ceci con ricette siciliane come le panelle: si mangia per le strade del centro nei farinotti, forni che la preparano sul momento in grandi teglie di rame e rigorosamente a fuoco di legna.
Zucchero e spezie e tutto ciò che è bello hanno fatto di Genova la porta d’ingresso all’Europa
Il pesto genovese, una salsa famosa in tutto il mondo grazie alle rotte commerciali, è invece un fenomeno più recente, apparso nelle cronache culinarie alla fine del XIX secolo ma radicato in ricche preparazioni di aglio, un ingrediente usato per conservare il cibo in tutto il bacino del Mediterraneo. E poi ci sono le spezie, il cui commercio esplose dall’XI secolo in poi con le Crociate in Terra Santa. A Genova, nel cuore dei vicoli del centro storico, si può trovare il Vico dei Droghierichiamato così dalla corporazione che qui stoccava e vendeva pepe, chiodi di garofano, cannella e noce moscata. Queste spezie erano un simbolo di status delle classi benestanti, ma gradualmente assimilate nella cucina popolare: il pepe sulla farinata, anice nei biscotti del legaccio e pandolce (un dolce con l’uvetta simile a un panettone leggermente lievitato), o caffè nella panera, un tipico dessert semifreddo. Continua per il centro e ti imbatterai in eleganti pasticcerie che espongono nelle loro vetrine frutta candita, confetti
(mandorle confettate) e pasta di mandorle che sono il risultato dei contatti con il Medio Oriente. Sono venduti in belle scatole ordinate accanto a praline e cioccolatini, un altro vanto della città che pochi conoscono.
Venezia è famosa per le sue spezie e il suo caffè, Torino per il suo cioccolato, ma è dai moli del porto di Genova e su per i suoi vicoli che cacao, frutta candita e gelatine hanno fatto la loro strada verso le vetrine di queste città, così come Milano e la Svizzera. Genova è stata una porta verso l’Europa, e dobbiamo ringraziarla per aver dato così tanto al resto d’Italia… e per essere rimasta fermamente se stessa, anche quando si tratta di rituali che possono sembrare strani agli altri italiani. Per l’aperitivo, invece di uno spritz, i genovesi preferiscono l’Asinello, un vino bianco aromatizzato nello stile del vermouth, e per colazione intingono la focaccia nel cappuccino – unta, leggera, salata e tagliata a strisce larghe quanto una tazza. È un po’ come Genova: all’inizio non sembra un granché, ma poi ti fa cambiare idea.

Dove mangiare a Genova:
Antica Sciamadda – Da 200 anni, Sciamadda serve la classica farinata, cotta in forno a legna in grandi teglie di rame per un cibo da asporto veloce ma delizioso.
Il Marin – Questo ristorante stellato Michelin in cima all’Eataly serve una cucina di pesce ligure sperimentale e contemporanea per mano dello chef genovese Marco Visciola. Il menu degustazione è altamente raccomandato.
Trattoria delle Grazie – Questa tipica trattoria ha un’atmosfera autentica, prezzi onesti e sapori tradizionali in tavola. Il menu del giorno, scritto su una lavagna, cambia, ma puoi quasi sempre trovare il Cappon Magro e il baccalà ‘alla vecchia Genova’ – devi provarli entrambi.
Pasticceria Liquoreria Marescotti – Pannelli di legno, pavimenti di piastrelle e vetrine piene di tutti i classici dolci. Questa pasticceria vecchio stile è un ottimo posto per la colazione o una pausa caffè gourmet, meglio se accompagnata dagli amaretti di Voltaggio.
Pasticceria e Gelateria Profumo – Una volta deposito di ‘Droghe e Coloniali’, ora una pasticceria che è un pilastro di Genova, con, a pochi passi, una premiata gelateria. Qui il tipico Pandolce Antica Genova è disponibile tutto l’anno e, nel negozio in Vico Superiore del Ferro 14, puoi provare gusti di gelato superlativi come zabaione e chinotto.
Cosa fare a Genova:
Acquario di Genova – L’acquario più bello d’Italia e uno dei più grandi d’Europa, proprio sul porto antico di Genova. Il biglietto ti dà accesso anche alla Biosfera, una serra sferica progettata da Renzo Piano in cui puoi trovare alberi e uccelli tropicali.
Dove bere a Genova:
Les Rouges Cucina Cocktails – Per cocktail di alto livello in un’atmosfera vintage, vai da Les Rouges, il bar di riferimento della città per i cocktail. I cocktail sono maestosi quanto la location: il Palazzo Imperiale, che risale al 1560.
Dove fare shopping a Genova:
Romanengo 1780 – L’antica confetteria ‘Pietro Romanengo fu Stefano’ è nata a Genova nel 1780 lungo la via delle spezie che collegava il porto al resto del Piemonte e alla ricca Torino. La loro storia racconta di importazioni, scoperte, nuovi ingredienti esotici e la loro diffusione in Italia. Da non perdere le scatole di fondant, confetti, paste di frutta e fiori canditi.
Via Garibaldi 12 – Questo concept store è ospitato in uno dei palazzi storici del centro, dove artigianato contemporaneo, antichità e design si fondono sotto soffitti affrescati. Qualsiasi cosa qui sarà di grande qualità e di ottimo gusto.