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Cena nella Torino degli anni ’30: Pollofiat e Carneplastico nel primo ristorante futurista del mondo

“Per Marinetti, ‘si pensa, si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia.’”

Un vassoio per la colazione con frittelle, salsa e una tazza su un letto disordinato in una stanza d'albergo a luce soffusa; lampada sul comodino, loghi a destra. Hotel d'Inghilterra Roma, Starhotels Collezione - Vassoio per la colazione con pancake, sciroppo e frutti di bosco su un letto stropicciato in una camera elegante.

Quando l’orologio segnò la mezzanotte dell’8 marzo 1931, nulla faceva presagire che quella data avrebbe segnato più di un nuovo giorno a Torino. La città dormiva, ignara di ciò che si stava preparando dietro le mura del numero 2 di via Vanchiglia. Lì, a pochi passi da Piazza Vittorio Veneto, stava per inaugurarsi la Taverna del Santopalato, il primo ristorante futurista d’Italia.

Una data che, come annunciato, “rimarrà impressa nella storia dell’arte cucinaria così come indelebilmente son rimaste fissate, nella Storia del mondo, le date della scoperta dell’America.”

Troppo presuntuoso per un ristorante? Beh, Filippo Tommaso Marinetti non è mai stato uomo di idee modeste.

Il Futurismo, il movimento avanguardista che lui stesso fondò nel 1909, proclamava il rifiuto assoluto della tradizione e invocava un mondo nuovo di velocità e modernità

Proprio in nome di questa visione, nessuna città sarebbe stata più adatta di Torino per portare avanti la loro rivoluzione. Ormai consacrata come la prima città industriale d’Italia e ribattezzata dai futuristi ‘Futuropoli’, era destinata, secondo loro, a diventare “la culla di un nuovo Risorgimento italiano, questa volta gastronomico.”

First pages of Marinetti's Manifesto of Futurist Cuisine

Perché questa loro visione radicale mirava a rivoluzionare non solo le arti, ma tutti gli aspetti della vita. E la cucina, ancorata in un passato che persevera in ogni ricetta, e pertanto l’antitesi dell’innovazione, non sarebbe rimasta immune alla loro offensiva. 

Così, quella notte, la posta in gioco era alta. I futuristi si erano prefissati “lo scopo alto, nobile ed utile a tutti di modificare radicalmente l’alimentazione della nostra razza, fortificandola, dinamizzandola e spiritualizzandola con nuovissime vivande.”

Quattordici di esse saranno servite a 30 distinti invitati, tra loro, futuristi da tutta Italia, giornalisti e “parecchie belle signore.” Tutti furono accolti da Fillìa, pseudonimo dell’artista Luigi Colombo e vicesegretario del movimento, che avrebbe fatto da maestro di cerimonia, guidando i commensali.

Perché sì, certamente, servivano istruzioni per decifrare quei piatti dai nomi evocativi come “Antipasto intuitivo” indecifrabili come “Pollofiat” o intriganti come “Carneplastico” e “Aerovivanda, tattile, con rumori e odori”.

L’Antipasto, l’unico dei quattordici ideato da una donna, la signora Colombo-Fillìa, di intuitivo aveva ben poco: consisteva in un’arancia farcita, tra l’altro, con salumi e peperoni, al cui interno si nascondevano biglietti con frasi come “Medici, farmacisti e becchini, con la cucina futurista rimarranno disoccupati.”

Un critico considerò questo piatto “una cosa finissima”, mentre il Pollofiat lasciò un’impressione meno piacevole sulla giornalista Clara Grifoni: “Stasera ho subito il terzo lavaggio gastrico; i cuscinetti a sfere del Pollofiat non vogliono assolutamente lasciare i miei intestini.” Magari perché quelle sfere erano fatte di acciaio dolce? Boh, chissà.

Ma furono l’Aerovivanda e il Carneplastico, nate direttamente dalla mente di Fillìa, a diventare le creazioni più iconiche della cucina futurista.  Con la sua estetica fallica, il Carneplastico potrebbe considerarsi un’opera d’ingegneria: una grande polpetta cilindrica di carne di vitello arrosto, ripiena di undici tipi di verdure cotte, ricoperta di miele e sorretta alla base da un anello di salsicce, appoggiate su tre sfere dorate di carne di pollo.

Sebbene la sua struttura possa intimidire, preparare il Carneplastico è più fattibile di quanto sembri. Invece, con l’Aerovivanda, conviene non lasciarsi ingannare dall’aspetto frugale e concentrarsi bene, poiché un minimo errore di coordinazione potrebbe avere conseguenze disastrose.

Nel piatto, l’Aerovivanda si presentava con un quarto di finocchio, un’oliva e un frutto candito, accompagnati da un vassoio con un pezzo di velluto, un altro di raso e un altro di carta vetrata. Prima, con la mano destra, si mangia l’oliva, poi il frutto candito e infine il finocchio, mentre con la sinistra si accarezzano i diversi materiali. L’esperienza non finisce qui: da una fonte nascosta si ascolta Wagner al tempo che il cameriere spruzza profumo tutt’intorno. 

Può darsi che le quattro ore di cena non siano state sempre gustose, ma sicuramente, non vi fu un secondo di noia, rispettosi della filosofia futurista di “rinnovare l’entusiasmo del mangiare, inventare vivande che diano allegria ed ottimismo, che moltiplichino all’infinito la gioia di vivere.”

Cosa aspettarsi, d’altronde, da una serata organizzata dall’esplosivo duo Marinetti, chiamato la “caffeina d’Europa” e Fillìa, soprannominato “bombarda alla nitro-glicerina”?

I banchetti futuristi rappresentavano un’esperienza artistica totale, dove la trasgressione di tutte le regole della convivialità era costitutiva del loro carattere provocatorio. 

Ogni senso veniva stimolato: la musica scandiva il ritmo della cena, gli aromi venivano diffusi strategicamente nell’aria per amplificare la percezione dei sapori e l’uso delle posate era proibito, obbligando ai commensali a prelevare il cibo con le mani, o includendo elementi tattili come parte integrante dell’esperienza culinaria. 

Le provocazioni riguardavano anche il gusto. I futuristi sfidavano apertamente le convenzioni culinarie proponendo combinazioni audaci e accostamenti insoliti, con piatti che rompevano con la rigida distinzione tra dolce e salato o tra carne e pesce. 

Sebbene all’epoca il movimento non avesse un impatto immediato sulla cucina italiana, molte delle sue intuizioni si sono riflesse, decenni dopo, in nuove tendenze gastronomiche. La nouvelle cuisine prima, e la cucina molecolare di Ferrán Adrià poi, incarnano l’eredità dello spirito futurista. 

Tuttavia, la loro rivoluzione sensoriale e simbolica ebbe vita breve: la Taverna Santopalato fu costretta a chiudere dopo pochi anni, incapace di superare le difficoltà economiche.

Infatti, il successo del Santopalato non era di grande interesse per loro. Fillìa chiarì che la sua apertura era un esperimento artistico, l’esecuzione di una teoria pubblicata pochi mesi prima, nel dicembre 1930, sulla torinese “Gazzetta del Popolo”: il Manifesto della Cucina Futurista.

Questo manifesto, polemico e divertentissimo, lanciava un attacco frontale a un nemico quasi sacro: la pastasciutta. L’abolizione di questa “assurda religione gastronomica italiana” apriva l’elenco degli undici punti del Manifesto, ed è stata senza dubbio quella che ha suscitato il maggiore scalpore tra i “passatisti,” difensori della tradizione.

Per Marinetti, “si pensa, si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia.” E come il buon fascista che era, per lui l’uomo nuovo di cui aveva bisogno la modernità non poteva essere uno assopito dai carboidrati, che li rendono “scettici, lenti, pessimisti.” No, i corpi italiani dovevano essere agili, leggeri e virili, pronti per il combattimento e adatti a “una vita sempre più aerea e veloce.”

Marinetti's Manifesto of Futurist Cuisine

La pubblicazione del Manifesto della Cucina Futurista suscitò uno scandalo di proporzioni internazionali. La stampa, sia italiana che estera, si fece eco di questa proposta radicale, generando un acceso dibattito tra “passatisti” e futuristi. 

Per evitare che l’impatto si disperdesse nelle pagine dei giornali, Marinetti e Fillìa decisero di fissare i loro principi in La cucina futurista, pubblicato un anno dopo l’apertura del Santopalato. Un libro, come prometteva la sua fascetta, “più drammatico e piccante di un romanzo poliziesco e di un romanzo erotico.”

Oltre a raccogliere le loro teorie gastronomiche, includeva 200 ricette per permettere a tutti di mangiare futuristicamente. 

Se pensi che anche per te sia arrivato il momento dell’“abolizione del quotidianismo mediocrista nei piaceri del palato,” ecco alcune pietanze per dare il via alla tua personale rivoluzione gastronomica.

Aeroporto piccante

Formula dell’aeropittore futurista Caviglioni

Un piano d’insalata russa alla maionese coperto di verde. All’intorno medaglioni variati composti di panini imbottiti d’arancio, bianco d’uovo e frutta mista. Con burro colorato in rosso ed acciughe o sardine formare nel campo verde sagome di aeroplani.

Terra di Pozzuoli e verde veronese

Formula del futurista Farfa Poeta-Record nazionale

Cedri canditi, ripieni di seppie fritte e tritate. Masticarli bene come se fossero critici antifuturisti.

Placafame

Formula del futurista Giachino, proprietario del Santopalato

Sopra una larga fetta di prosciutto mettere salame crudo, cetrioli, olive, tonno, funghi sott’aceto, carciofini. Unire lo due estremità del prosciutto e tenerlo chiuso con filetti di acciughe, fetta di ananas e burro.

Mammelle italiane al sole

Formula dell’aeropittrice futurista Marisa Mori

Si formano due mezze sfere colme di pasta candita di mandorle. Nel centro di ognuna si appoggia una fragola fresca. Indi si versa nel vassoio zabaione e zone di panna montata. Si può cospargere il tutto di pepe forte e guarnire con peperoncini rossi.

Filippo Tommaso Marinetti

Manfiesto della Cucina Futurista, published in the Gazzetta del Popolo of 1930

Elegante ristorante dalle pareti blu con sedie arancioni, tovaglie bianche, opere d'arte, specchio dorato e vista sul bar. Arredamento caldo e classico. Elegante sala da pranzo con pareti blu, specchio dorato e poster d'epoca. Sedie arancioni su tavoli rivestiti di bianco. Presenti i loghi Helvetia e Bristol.