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Caro Albertone

Come l'attore comico Alberto Sordi rappresentò non solo i Romani, ma tutti gli Italiani

“Hai rappresentato così perfettamente i tratti tipici di un popolo che sono diventati tuoi: una battuta irriverente è ora una battuta di Alberto Sordi, e anche una risata fragorosa e risuonante è tua.”

Un vassoio per la colazione con frittelle, salsa e una tazza su un letto disordinato in una stanza d'albergo a luce soffusa; lampada sul comodino, loghi a destra. Hotel d'Inghilterra Roma, Starhotels Collezione - Vassoio per la colazione con pancake, sciroppo e frutti di bosco su un letto stropicciato in una camera elegante.

Il suono della risata, il modo in cui gli occhi si muovono, ma anche quei gesti delle mani che valgono più di mille parole: ci vuole poco per sentirsi a casa. Questi sono elementi inconfondibili che ci appartengono e che troviamo nella vita di tutti i giorni, perché forse caratterizzano uno zio, un vicino o quell’uomo che sta gridando nel traffico. Ma c’è solo un attore che ha racchiuso tutti questi modi di fare – del romano quotidiano – sul grande schermo, e per questo Alberto Sordi è uno di famiglia. Non sai quanto ci hai fatto ridere, caro Alberto, ma non sai nemmeno quanto ci hai fatto bene. Ci hai sempre riportati a casa, e non lo dico solo come romano, ma anche come italiano. Hai preso il bene e il male di questo paese e lo hai trasformato in qualcosa di così potente che rimane inciso nella memoria di tutti. C’erano molte risate, ovviamente, ma con il tuo talento ci hai anche fatto piangere. Attraverso i tuoi personaggi, ci hai resi riconoscibili a tutti con le nostre forze e debolezze: così orgogliosi e profondamente buoni, così sfortunati e tragicomici, a volte anche duri e ambigui, pieni di valori o subdolamente malvagi come solo certe borghesie degli anni del boom, quel periodo economico e culturale che tu hai raccontato da ogni angolazione possibile.

Ci hai scoperti, ci hai messi davanti allo specchio e ci siamo divertiti mentre accadeva.

Nel corso della tua carriera di attore di 50 anni, hai interpretato italiani di ogni generazione. Hai interpretato mio nonno, mio padre e persino me, perché la storia si ripete e il sogno di Un americano a Roma (1954) ha toccato i bambini del periodo post-bellico come quelli del nuovo Millennio con sogni di essere più grandi e più cool come gli americani nei film. La rumorosità di Onofrio del Grillo non è mai completamente scomparsa, e i compromessi di Il boom (1963) non sono cambiati nel corso dei decenni. Il tuo Guido Tersilli ha cambiato per sempre l’immagine che tutti avevano del medico, mentre il tuo Remo e Augusta di Le vacanze intelligenti (1978) hanno dato voce ai pensieri più popolari degli italiani di fronte alle peculiarità e alle innovazioni dell’arte contemporanea, diffidenti e piuttosto increduli che quelle strane opere alla Biennale di Venezia potessero avere tanto valore. Hai raccontato storie moralmente corrotte come quella di Il Vedovo (1959), in cui un imprenditore spera di trarre profitto dalla morte della moglie, e esempi di zelo e pressioni politiche, come quelle che circondano Otello Celletti in Il Vigile (1960), forniscono ancora materiale per scoop e scandali oggi.

Hai raccontato le nostre storie alla perfezione perché ci conosci bene; conosci i nostri punti deboli e ce li hai dati come cibo, confezionato con una cura e un’ironia che non sono mai state eguagliate. Il nostro modo di essere, le nostre paure, i nostri tic sono tornati a noi nei film e in frasi indimenticabili. Hai rappresentato così perfettamente quei tratti tipici di un popolo che sono diventati tuoi: una battuta irriverente ora è una battuta di Alberto Sordi, e anche una risata tonante e squillante è tua. Quella vociona bella e piena che hai prestato come doppiatore anche a Oliver Hardy in tanti film di Stanlio e Ollio, e che ancora oggi viene imitata. 

Federico Fellini, Aldo Tonti, Valentina Cortese, Franco Interlenghi, Franca Marzi, Giulietta Masina, Alberto Sordi

Forse la frase più iconica di tutte è l’avvertimento che Sordi dà in Un americano a Roma a un piatto di pasta (che inizialmente evita di mangiare per apparire più come un americano):

“Maccherone, mi hai provocato e ora ti distruggerò”.

Ci hai trattato bene con la tua capacità di scherzare su tutto. Come ha detto il tuo Marchese del Grillo (1983), “Quando si scherza, bisogna essere seri“. E così hai raccontato anche della guerra, o meglio, delle due guerre mondiali, da punti di vista altrettanto profondi in La Grande Guerra (1959) e in Polvere di Stelle (1973).Sei stato una figura a tutto tondo anche in TV: penso al Tuca-Tuca con Raffaella Carrà a Canzonissima (1971), e anche alla tua bonaria partecipazione al Festival di Sanremo 1981 con la canzone E va’, e va’, veloci flash di una personalità complessa e straripante.

E poi sei stato un punto di riferimento per tutti i Romani, che hai reso famosi con il tuo parlare rumoroso e un accento inconfondibile esportato in tutto il mondo. Amavi tanto Roma da non voler mai lasciarla: ti sei schierato apertamente per la squadra di calcio che porta il suo nome, e sei stato sindaco per un giorno – il giorno del tuo 80º compleanno (15 giugno 2000). Non hai mai voluto sposarti e sei partito senza figli biologici, ma con molti figli d’arte. Ce n’è uno sopra tutti: l’attore Carlo Verdone, che hai incoronato tuo erede in diverse occasioni, forgiando con lui un legame umano e artistico di grande valore. Indimenticabile è stato il film In viaggio con papà (1982) in cui eri veramente padre e figlio.

Caro Albertone, quando ti chiedevano perché avessi deciso di non sposarti, rispondevi ironicamente che non volevi estranei in casa, eppure sei entrato nelle case di tutti. Eri sia amico che attore preferito di immensi registi come Ettore Scola, Vittorio De Sica, Federico Fellini, Mario Monicelli e molti altri, ma eri anche regista per circa 20 film. Hai recitato con molte star, da Monica Vitti a Nino Manfredi; hai eseguito in teatro e in radio, e hai suonato nella banda dell’esercito durante la guerra, quando la chiamata alle armi avrebbe potuto interrompere la tua nascente carriera. Hai vissuto più vite, ma sempre con la pigra ironia romana che non hai mai nascosto. Molti ti hanno imitato, ma solo per renderti omaggio e mai per prenderti in giro. Dopo tutto, come potrebbero prenderti in giro un maestro dello scherzo come te? Ci hai lasciati 20 anni fa, ma gli artisti veri non lasciano mai un vuoto se hanno creato tanto quanto hai fatto tu. C’è sempre qualcosa da guardare, rivedere o discutere. Anche oggi è facile amare il tuo cinema: non sono mai fuori moda, perché le sottili critiche implicite nei tuoi film si adattano perfettamente agli italiani del Nuovo Millennio.

Contrariamente alla tua immagine pubblica, eri un uomo molto riservato, che sapeva elegantemente tenere la sfera privata separata da quella professionale. Eri quasi misterioso in alcuni modi, ma sempre rispettoso e rispettato da tutti. Con calma e un sorriso dicevi quello che pensavi senza mai arretrare. Anche quando era necessario portare la bassezza sullo schermo, l’hai fatto con classe. Quindi ti ringraziamo Albertone, per i tuoi film, per le tue battute, per le tue maniere di fare le cose e per quello che ci hai detto dallo schermo grande e piccolo. Da ragazzo, ti dissero che non potevi essere un attore con quella “grande faccia”, e invece sei stato uno dei più grandi. E quella faccia? Non la dimenticheremo mai.