In architettura, non c’è altra parola come Brutalismo che divide gli esperti: Cos’è? Cosa lo definisce? Qualcosa è Brutalista per la sua forma? O per il suo materiale? O forse è la funzione che lo rende Brutalista? E quando inizia? Il tardo Modernismo è già un proto-Brutalismo? E che dire del revival contemporaneo? È neo-brutalismo? E il Brutalismo italiano? È un approccio diverso? Queste e altre domande sono state oggetto di dibattito in un caldo venerdì di luglio tra me, un semplice appassionato di Brutalismo, aficionado, e la Dott.ssa Anna Positano, un’architetta e fotografa d’architettura di Genova, i cui lavori sui paesaggi alterati dall’uomo sono fondamentali e rinomati. Mi sono rivolto alla Dott.ssa Positano per scoprire come e perché il Brutalismo sia arrivato nella soleggiata penisola italiana, e perché ci sono così tanti edifici Brutalisti specificamente in Liguria.
Quando pensiamo al Brutalismo, pensiamo a edifici di cemento stagliati su drammatici paesaggi nordici, che trasmettono l’idea di un’architettura muscolosa che flirta con la monumentalità dell’Europa dell’Est/URSS nella ricerca dell’eternità e della severità. Dai primi anni ’40, quando la superstar dell’architettura franco-svizzera Le Corbusier iniziò a progettare edifici in cemento grezzo – o Beton brut in francese, da cui il nome Brutalismo – in tutto il mondo, questo stile architettonico ha imposto la sua visione solida e utilitaristica del mondo, grazie a materiali industriali audaci usati per le masse. L’idea che gli edifici in cemento offrissero soluzioni concrete per i cittadini era molto affascinante, soprattutto nel Regno Unito dove divenne molto popolare, tanto che il paese ospita il Barbican Estate, uno degli esempi più famosi di Brutalismo nel mondo occidentale.
La mia Fiat Punto del 1991 romba sotto un sole cocente sull’Autostrada Dei Fiori, una delle autostrade più belle d’Italia, con i suoi colorati cespugli di flora mediterranea, che dipingono quadri pittoreschi ad ogni angolo. File di oleandri bianchi, viola, rosa e gialli accompagnano dolcemente il nostro sguardo nel centro di Varazze, in provincia di Savona, mentre un delicato profumo di salsedine marina, pini marittimi e creme solari inebria i nostri sensi.
Prima di saltare tra le strutture brutaliste visito Vino & Farinata, un ristorante vecchia scuola nel centro storico di Savona, dove i vicoli stretti sono pieni di negozi affascinanti, antichi bar e musei – la classica Liguria in poche parole. Affascinanti forni a legna pieni di gustosa farinata – frittelle di farina di ceci – servite calde, con un’insalata fresca, formaggio di capra succulento e una manciata di olive locali super succose taggiasche – piccole ma deliziose. Alcuni ristoranti in Liguria hanno la magia di fermare il mondo che gira, congelare il tempo e offrire cibo eccellente e umile, perfetto per creare ricordi unici.
La Liguria è tipicamente legata a spiagge da cartolina, un mare turchese e diverse attrazioni turistiche, come la sua capitale, Genova, le famose Cinque Terre e la sognante Portofino; sono sorpreso di scoprire che la Liguria ospita anche una discreta quantità di edifici Brutalisti, che, si potrebbe dire, creano una curiosa giustapposizione tra la sua facciata e il suo nucleo.
Data la sua alta densità di popolazione, la Liguria ha sempre dovuto trovare soluzioni e progettare nuovi spazi per i suoi abitanti, generando notevoli risultati architettonici. Il Brutalismo, grazie alla sua funzionalità, è stato accolto positivamente in Liguria come dimostrato dai numerosi edifici in tutta la regione.

Palazzo Di Giustizia
Il nostro viaggio nel Brutalismo ligure inizia nel piccolo borgo di Varazze, con l’edificio del Municipio di Varazze (costruito tra il 1967 e il 1971 dall’architetto Nino Gaggero), un esempio perfetto per la nostra ricerca. L’edificio ha forme concrete, audaci, con angoli acuti e modelli modulari, e si distingue in una piazza che collega il Mediterraneo agli Appennini Liguri in un gioco di colori, cemento e riflessi luminosi. L’architettura brutalista trasmette un senso di efficienza, forse per le sue linee e forme nette. Proprio per questo motivo diversi edifici brutalisti nel mondo erano edifici governativi. La città di Savona, insieme a Genova, offre diversi esempi di Brutalismo mediterraneo; Il Palazzo di Giustizia è la nostra seconda tappa dopo una sosta fondamentale per un cappuccino e una focaccia (il top della Liguria). Il Palazzo è una costruzione monumentale, con una forma triangolare rettangola, il lato più lungo formato da finestre e intersezioni di cemento. Il famoso architetto Leonardo Ricci l’ha progettato nel 1987, e da allora, questo gioiello brutalista ha diviso i cittadini di Savona, tra sostenitori e detrattori. L’edificio sorge al confine del centro storico ottocentesco, vicino a un ex fiume, ora prosciugato e vuoto, trasmettendo un senso di gravità climatica, esasperata dal suo rigore geometrico e dagli angoli acuti. Di fronte al Palazzo, vediamo il progetto Le Ammiraglie dell’architetto Marco Dasso in Largo Folconi, realizzato tra il 1977 e il 1980, un altro esempio del rigore e dell’efficienza degli edifici brutalisti.
Uno degli elementi fondamentali del Brutalismo è la sua funzionalità: edifici per le masse nelle aree economicamente depresse del Nord dell’Inghilterra o dell’Europa orientale. In Italia, ha aggiunto un altro livello, poiché sembrava aver avuto successo come forma per esprimere spiritualità. Savona e la vicina città di Vado Ligure ospitano due importanti, ma diverse, costruzioni: chiese in cemento. La Chiesa di San Paolo di Savona condivide una forma triangolare simile al Palazzo di Giustizia, con finestre che illuminano la navata centrale progettata nel 1972 dagli architetti Martinengo e Campora. Il La Chiesa di Nostra Regina Della Pace a Vado, costruita tra il 1973 e il 1978 dall’architetto Luciano Limonta, è formata da una costruzione circolare con guglie in cemento e una grande croce di ferro.

Chiesta Nostra Regina della Pace
Mancando di postulati chiari, il Brutalismo ha preso diverse direzioni a seconda della regione e, quindi, gli edifici brutalisti possono funzionare in modi diversi. Per esempio, l’Alexandra Estate a Londra, sebbene ascrivibile allo stesso movimento architettonico del Buffalo City Court Building, ha una funzione completamente diversa da quest’ultimo. In Italia, questa direzione è la spiritualità. Entrambe le chiese genovesi sono riuscite a rappresentare lo spirito del Brutalismo verso la pulizia delle forme, ben abbinandosi con l’intento della chiesa, creando una combinazione vincente di cemento e spiritualità.
Una tappa essenziale nella nostra ricerca del perfetto edificio brutalista ligure è il Centro Dei Liguri a Genova, un imponente complesso costruito tra il 1972 e il 1980 da Marco Dasso. Quest’area labirintica, piena di uffici, si erge nell’austerità di angoli retti in cemento, scale minimaliste, con quel fascino distopico anni ’70 che i Millennials trovano molto attraente. Genova è un bouquet di Brutalismo, e molti edifici sono stati sviluppati dall’architetto locale Aldo Luigi Rizzo, la cui capacità è ancora indiscussa. Forse l’opera più famosa è Pegli 3, conosciuto in Italia anche come Le Lavatrici , un complesso residenziale sulle colline di Genova; un progetto che, ancora una volta, ha diviso i cittadini tra amanti e odiatori. L’ultimo edificio del nostro viaggio brutalista è particolare in quanto è l’unico privato: è una casa residenziale in Via Sapeto: con scale in cemento, forme modulari e spazi vuoti.
Alla fine del nostro breve excursus sul Brutalismo ligure, c’è un’ultima esperienza da vivere. Abbiamo guidato la mia FIAT Punto del 1991 fino a Bergeggi, un angolo di paradiso nascosto e segreto sulla Terra, un luogo dove lo spirito della Liguria è profondamente radicato. È lì che io e il Dr. Positano scendiamo per un sentiero tortuoso, tra una vegetazione rigogliosa, per raggiungere acque cristalline verdi e spiagge bianche. Sopra le nostre teste, l’autostrada ligure è sostenuta da enormi pilastri di cemento, su cui le auto sfrecciano a tutta velocità. Lì, in quella combinazione di elementi costruiti dall’uomo e ambienti naturali, finalmente ci riposiamo dopo il lungo viaggio.
Fotografie di Anna Positano, fotografa e ricercatrice indipendente con un background in Architettura e Fotografia. Il suo lavoro esplora la relazione tra paesaggio, architettura e società. I suoi progetti sono stati esposti a livello internazionale, tra cui La Triennale di Milano, La Biennale di Architettura di Venezia, Unseen Photo Fair, Camera Torino e MAO Ljubljana. Nel 2019 ha ricevuto la borsa di produzione della Graham Foundation. Oltre alla sua pratica artistica e di ricerca, lavora su commissione per architetti e riviste, e insegna Fotografia allo IED di Firenze.