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Attraverso l’Obiettivo di Cosimo Pastore: Tradizioni del Sud Italia in Analogico

fotografie di Cosimo Pastore

“La tradizione continua a esistere perché le persone scelgono di farne parte, di sostenerlo e di tramandarlo.”

 

È Carnevale, la tarda stagione dei festival invernali che annuncia il rinnovo della primavera. La neve cade lentamente ad Alessandria del Carretto, un borgo di case in pietra arroccato sulle montagne del Pollino, in Calabria. Il ronzio vivace delle zampogne e il ritmo netto del tamburello echeggiano tra le stradine del paese.

 

Il fotografo pugliese Cosimo Pastore ha viaggiato dalla sua casa in provincia di Taranto fino a un’area montuosa del “tacco” d’Italia, vicino al confine con la Basilicata, e sebbene conosca già il mondo colorato delle tradizioni locali del Sud, si sorprende di trovarsi in un festival così vivo.

 

Qui i Połëcënellë—la maschera storica del Carnevale di Alessandria del Carretto, in due varianti: Biellë e Brut’ (Bello e Brutto)—invadono le strade, in un rito che allude a una lotta catartica tra ordine e disordine, inverno e primavera. Riconoscibili per i loro volti lignei e le corone ornate di nastri, ciascuno porta un bastone ereditario con pompon, chiamato scriazzo, mentre si muove in una processione danzante attraverso il paese.

 

Mentre osserva il rito svolgersi davanti a sé, Cosimo sente lo scriazzo di un uomo mascherato, prima sulla spalla e poi sulla macchina fotografica.

 

“Quel giorno, tutto è sembrato trovare il suo posto. Ho sentito chiaramente di essere nel posto giusto”, racconta Cosimo. “E da lì non mi sono più fermato. È nato Analog_trad.”

I Polëcënëllë Biëllë, Alessandria del Carretto (CS), Calabria, Italia - Mamiya 645 _ Kodak Portra 400 VC (expired)

Madonna delle Galline, Pagani (SA), Campania, Italia - Fujifilm X-T4

 

Il progetto Analog_trad è dedicato a documentare le tradizioni “popolari” come questa: processioni religiose, feste legate ad antichi calendari e modi ancestrali di lavorare la terra. Cosimo ha creato un archivio fotografico di queste celebrazioni, concentrandosi principalmente sul Sud Italia e lavorando esclusivamente con la pellicola. Insieme ai suoi scatti, realizza registrazioni sul campo—canti della transumanza, inni processionali e altro—per costruire paesaggi sonori vivi.

 

Il progetto di Cosimo lo ha portato in giro per il Sud Italia, a documentare i riti dei paesi: dalla Madonna delle Galline di Pagani, dove si aprono gli altari toselli nei cortili e i devoti portano galline, uova e piatti rustici alla Madonna; alla Festa di San Rocco di Montescaglioso, dove decine di cavalieri precedono un Carro Trionfale addobbato e trainato da sette cavalli; fino alla transumanza di dicembre dei bovini Podolici lungo i tratturi Tito–Tolve in Basilicata. Nel Sud, dove i calendari devozionali ancora scandiscono la vita civile e sopravvivono sacche di cultura pastorale, queste pratiche restano un modo di comprendere “il cuore dell’identità di un popolo”, come dice Cosimo. La sua fotografia evoca il ritmo e la qualità della presenza che forse appartengono a questi antichi modi stessi.

Festa di Sant’Antonio Abate, Novoli (LE), Puglia, Italia - Leica R4 _ Ilford FP4 plus

Festa della Pita, Alessandria del Carretto (CS), Calabria, Italia - Leica M6 _ Kodak T-Max 400

 

Fin da piccolo, Cosimo conosce questi riti. “Mio nonno Angelo mi portava con sé a preparare le statue dei Misteri per la processione del Venerdì Santo,” ricorda. “Ascoltare le marce funebri che accompagnavano questi riti mi permetteva di immergermi in un mondo magico che probabilmente non comprendevo del tutto, ma che già a quell’età mi affascinava profondamente.”

 

Da bambino, Cosimo suonava musica tradizionale nella sua comunità e in gruppi organizzati, e oggi collabora con musicisti in tutto il Sud Italia. L’onnipresenza della musica lo ha portato a vedere la tradizione come “qualcosa di vivo e vissuto, più che un semplice interesse accademico o artistico.”

 

“Mentre la musica mi ha permesso di esplorare radici culturali e collettive, la fotografia è diventata il mio spazio più intimo e personale… è un dialogo con me stesso e con ciò che mi circonda,” spiega Cosimo.

Madonna delle Galline, Pagani (SA), Campania, Italia - Leica M6 _ Fujifilm Acros II 100

Madonna delle Galline, Pagani (SA), Campania, Italia - Fujifilm X-T4

 

Kate Causbie: Perché hai scelto di lavorare esclusivamente in analogico per questo progetto?
Cosimo Pastore: La scelta di scattare in analogico è dettata non solo dalla sua resa estetica, ma soprattutto dalla sua capacità di restituire il valore del tempo, dell’attesa e dell’artigianalità del processo fotografico. Ho scelto la lentezza e la concretezza della pellicola, restituendo alle immagini il loro valore di oggetti vivi, capaci di invecchiare, trasformarsi e raccontare storie che restano impresse non solo sulla carta, ma anche nella coscienza di chi osserva. Col tempo, questo approccio è diventato parte di me, andando oltre il semplice mezzo fotografico.

 

KC: Come ti avvicini a un evento e alla comunità che lo circonda?
CP: Il mio primo approccio è quello di un ospite. Non estraggo subito la macchina fotografica, ma osservo, ascolto, parlo con le persone. Cerco di capire cosa sta accadendo, di immergermi nel significato dell’evento prima di documentarlo. Questo atteggiamento cambia anche il modo in cui vengo percepito: non sono solo un fotografo venuto a “prendere” immagini, ma qualcuno che desidera comprendere e partecipare. 

 

KC: C’è stato un incontro che ha cristallizzato questa filosofia?
CP: Ho trascorso una giornata al pascolo con Vito Nigro, pastore di Villa Castelli conosciuto come Zi’ Vituccio: abbiamo parlato a lungo e ho avuto la fortuna di ascoltarlo cantare, accompagnato dall’organetto di Matteo Scatigna, un giovane che ha saputo fare suo il patrimonio orale e musicale di Vituccio. Quelle melodie dal sapore antico oggi vivono in Matteo, ora che Vituccio purtroppo non c’è più. 

 

KC: E in quell’incontro, cosa ti è rimasto impresso?
CP: Due momenti in particolare mi sono rimasti impressi. Il primo fu che tornò a cantare, dopo tanto tempo—un gesto che sentii come un grande dono. Il secondo fu una frase che mi disse, commosso, quando prima di salutarci gli regalai alcune Polaroid che lo ritraevano:

“Sono venuti da tutto il mondo a fotografarmi e intervistarmi, ma mai nessuno mi ha lasciato niente.” 

In quelle parole, in quella lacrima che attraversava le rughe del suo volto, ho riconosciuto il vero senso di quell’incontro.

Vituccio Nigro, Villa Castelli (BR), Puglia, Italia - Leica R4 _ Ilford FP4 plus

Vito Nigro e Matteo Scatigna, Villa Castelli (BR), Puglia, Italia - Leica R4 _ Ilford FP4 plus

 

KC: Cosa diresti a chi è interessato a fotografare queste feste e tradizioni?
CP: Se qualcuno vuole portare la macchina fotografica a un evento, il consiglio più importante è quello di farlo con consapevolezza e rispetto. Fotografare non dovrebbe significare interrompere, alterare o trasformare l’evento in uno spettacolo per l’obiettivo. Dovrebbe essere un atto di testimonianza e di ascolto, un modo per restituire qualcosa alla comunità e non solo per prelevare immagini da essa.

 

KC: Le tradizioni rurali come quella di Vito Nigro sono tra quelle più a rischio. Quali altre tradizioni pastorali ti hanno lasciato il segno?
CP: Sì, nel dicembre del 2023 ho avuto l’opportunità di partecipare a una transumanza di vacche podoliche in Basilicata, lungo il percorso che va da Tito a Tolve (PZ). A guidare la transumanza c’era un giovane pastore, Gerardo, accompagnato dall’amico Fabrizio, dal padre Luigi e dal fratello. Insieme conducono la mandria attraverso un tragitto tanto suggestivo quanto inusuale, che alterna paesaggi montani e boschivi a scorci quasi surreali nel cuore della città di Potenza.

 

KC: Hai ripreso contatti con loro in seguito?
CP: Proprio oggi, mi trovo di nuovo con Gerardo e Fabrizio a Pignola, dove hanno organizzato un festival cinematografico. Ho avuto modo di regalare loro alcune stampe delle fotografie da quella transumanza. È un grande dono assistere alle reazioni delle persone che fotografo, quando si ritrovano nei miei scatti: è come se quelle immagini restituissero loro un frammento di vita, di memoria, di verità.

Transumanza, Potenza, Basilicata, Italia - Leica M6 _ Kodak T-Max 400

Transumanza, Potenza, Basilicata, Italia - Leica M6 _ Kodak T-Max 400

Transumanza, Potenza, Basilicata, Italia - Leica M6 _ Kodak T-Max 400

 

KC: La parola “popolare” si riferisce al fatto che queste tradizioni sono nelle mani del popolo. Come affronti questi incontri personali?
CP: La cultura “popolare” che si trasmette oralmente, trasformandosi in patrimonio collettivo da proteggere di generazione in generazione. Questo scambio umano è alla base del mio approccio. Quando qualcuno sceglie di raccontarsi, ti dona inevitabilmente un frammento del proprio vissuto e della propria anima. È un gesto che genera gratitudine, ma anche un forte senso del dovere.

 

KC: Hai parlato di esperienze legate ai riti religiosi. Come vedi la presenza della devozione e della Chiesa nelle tradizioni che fotografi?
CP: La fede è l’elemento propulsore di molte di queste manifestazioni, ma si esprime in forme diverse a seconda del contesto.  

Nelle celebrazioni mariane, come quelle della Madonna del Pollino o della Madonna di Montevergine, ho notato come il sentimento di devozione sia profondamente radicato in un legame ancestrale con la figura materna. Alla Madonna delle Galline ciò che mi ha colpito maggiormente è stata la fusione tra il sacro e il profano: dai balconi stracolmi cadevano coriandoli e festoni mentre la processione avanzava lentamente tra la folla. I genitori sollevavano i neonati verso la Madonna, in un gesto carico di fede e speranza, mentre i canti e le danze si mescolavano in un vortice di suoni e movimento.

 

KC: E negli altri casi?

CP: D’altra parte, nei riti penitenziali come quelli della Settimana Santa o dei Riti Settennali di Guardia Sanframondi, la dimensione religiosa si fonde con pratiche che spesso travalicano l’ortodossia ecclesiastica. Qui il dolore fisico diventa un linguaggio di espiazione, un atto di redenzione individuale.

Molte celebrazioni religiose sono diventate mescola con elementi di spettacolarizzazione: le processioni si accompagnano a bancarelle, luci e una dimensione più festaiola. Tuttavia, l’intensità con cui certe persone vivono questi eventi dimostra che, al di là delle trasformazioni, la fede e la devozione restano ancora elementi fondamentali nell’identità di molte comunità.

 

KC: Sei anche musicista. Che ruolo ha la musica in queste tradizioni?
CP: La musica ha un ruolo fondamentale nelle tradizioni, che affondano le loro radici nei ritmi ancestrali e nelle voci dei portatori di tradizione, persone che custodiscono saperi orali attraverso canti, strumenti antichi e melodie appartenenti alla memoria collettiva.

 

KC: E in che modo le registrazioni audio completano le tue fotografie?
CP: Attraverso la raccolta di suoni ambientali, ricostruendo un quadro più ampio della cultura. La fotografia cattura un istante, ma il suono restituisce la profondità del tempo: il battito del tamburo in una notte di festa, la voce spezzata dall’emozione durante un lamento funebre, il coro spontaneo di una comunità che canta per sentirsi unita.

Madonna del Pollino, San Severino Lucano (PZ), Basilicata, Italia - Leica M6 _ Kodak Portra 400

Madonna delle Galline, Pagani (SA), Campania, Italia - Nikon F4s _ Kodak T-Max 400

Madonna di Montevergine, Mercogliano (AV), Campania, Italia - Hasselblad 500c - Kodak T-Max 400

 

KC: Quali sono le tue speranze per il futuro delle tradizioni popolari?
CP: Credo che le tradizioni siano il cuore dell’identità di un popolo, il filo invisibile che lega le generazioni e racconta chi siamo. Non basta conservarle: bisogna permettere loro di adattarsi ai tempi senza però snaturarsi.

Durante la residenza finanziata dal programma Culture Moves Europe dell’Unione Europea, ho avuto l’occasione di approfondire questo concetto studiando i Castells in Catalogna [in questa pratica culturale, squadre chiamate colles castelleres costruiscono imponenti strutture di persone]. Vedere queste torri umane prendere forma davanti ai miei occhi è stato incredibile: ogni persona ha un ruolo preciso, tutto si regge sulla fiducia reciproca e sulla forza del gruppo. 

La tradizione continua a esistere perché le persone scelgono di farne parte, di sostenerlo e di tramandarlo.

 

KC: E per il futuro di Analog_trad?

CP: Voglio continuare a documentare, condividere e creare connessioni tra tradizioni lontane nello spazio, ma vicine nel loro spirito. Perché, in fondo, la tradizione è proprio questo: un ponte tra passato e futuro, un’eredità che continua a rinnovarsi nelle mani di chi la vive.

Festa di Sant’Ursula, Valls, Catalogna, Spagna - Nikon F4s _ Kodak Portra 400

Concurs de Castells, Tarragona, Catalogna, Spagna - Nikon F4s _ Kodak Portra 400