

La sua passione per la fotografia è nata – come tutte le cose migliori – durante un’estate italiana da adolescente. “Mio padre mi regalò una macchina fotografica a pellicola da 35 mm per il mio primo viaggio da solo in Sicilia”, ricorda. “È stato allora che ho scattato le mie prime foto, per lo più in bianco e nero. Poi, quando sono tornato a casa [a Pisa], sono andato a svilupparle nella camera oscura di un amico di famiglia. È stato allora che mi sono innamorato perdutamente della fotografia. È stato magico”.
Piro è poi andato a studiare questa forma d’arte a Firenze, dove, invece di concentrarsi troppo sulla fotografia commerciale, ha avuto un approccio più “filosofico”, approfondendo la storia, gli artisti e le tecniche.
Questo, insieme a un talento innato per la composizione e l’armonia, ha dato a Piro un approccio unico alla fotografia, più reattivo che di preconcetto: piuttosto che rintanarsi in uno studio o seguire rigidi brief commerciali, le sue immagini preferite nascono da momenti di totale libertà, segno di un vero artista, con un approccio indiscutibilmente italiano e senza vincoli.
“Direi che la mia fotografia è contemplativa. La cosa che mi piace di più è fare una passeggiata, assorbire tutto ciò che mi circonda, con la mia macchina fotografica al fianco. È molto semplice: se vedo qualcosa che mi piace, lo fotografo. È qualcosa di completamente inconsapevole: non sono lì a pensare troppo a come scattare la foto o a qualcosa di specifico che voglio comunicare”.


E come chiunque abbia visitato l’Italia saprà bene, anche la passeggiata più banale vi porterà di fronte a qualcosa di sorprendente bellezza e, attraverso l’obiettivo di Piro, ancora di più. Qualsiasi cosa – da un gruppo di vecchie barche da pesca sgangherate a Palermo, a un tratto di strada alberata sull’Etna, a un paio di limoni maturi appesi a un albero, a un angolo di una villa abbandonata in una giornata di nebbia – diventano, nelle sue mani, immagini degne di essere incorniciate.
La Sicilia, in particolare, ha fornito a Piro un’ispirazione infinita nel corso degli anni. “Ho un legame molto personale con la Sicilia perché mia madre è di Palermo e la visito regolarmente da quando sono nato. Gran parte della mia formazione visiva viene da lì; è un luogo di forti contraddizioni, che trovo affascinante. Mi piace che si possa vedere la complessità della storia della Sicilia solo guardando la sua architettura: ci sono così tanti stili diversi uno accanto all’altro, e case fatiscenti accanto a bellissimi edifici moderni”.
Piro continua: “Uno dei miei luoghi preferiti è Gibellina, una città distrutta da un terremoto e ricostruita negli anni ’70 con l’obiettivo di diventare una sorta di casa per gli artisti. Ma non è mai stata ripopolata e da allora è rimasta desolata. Ora ci sono solo questi edifici un po’ folli che giacciono vuoti, circondati dalla natura. Il risultato è assolutamente magico e non ho potuto fare a meno di scattare alcune foto straordinarie”.


Il suo talento sta nell’individuare i dettagli che altrimenti potrebbero passare facilmente inosservati. “Non cerco la scena da classica cartolina italiana di monumenti classici o le cose che sono cool e alla moda”, spiega, “mi piace ciò che è più silenzioso e immobile, cose che nessun altro guarderebbe. Voglio che l’attenzione di qualcuno si concentri su ciò che altrimenti non avrebbe notato. Sono i dettagli e le piccole cose che, per me, raccontano una storia e sono più affascinanti di tutte”. A Como, per esempio, dove la maggior parte dei fotografi si concentrerebbe sui palazzi sul lago in stile Bond, Piro coglie invece le forme sorprendenti dell’architettura razionalista; in una città sull’Etna, cattura i cavi elettrici che incorniciano magnificamente il vulcano fumante; e mentre è in vacanza in Puglia, fotografa la schiena di un amico modellata con le ombre del fogliame.


Ma se l’immagine di uno splendido campo di campagna o di una spiaggia nebbiosa al sorgere del sole potrebbe essere stata scattata in qualsiasi angolo d’Europa, è la luce che rende ogni scena così inconfondibilmente italiana. “Vedo la fotografia come un modo di scrivere con la luce, ed è qualcosa che mi affascina fin da quando ero bambino”, dice Piro, “sono cresciuto in Toscana, dove la luce è particolarmente speciale. Ricordo che passavo ore e ore a guardare gli alberi, osservando come la luce cambiava e trasformava le sagome con il passare del giorno”.
La luce che Piro ama di più catturare, a quanto pare, è quella dei mesi estivi in Italia, e a buona ragione: sia in Toscana che altrove, infatti, il calore e l’umidità conferiscono alla luce una certa morbidezza, offuscandone i contorni e creando una serie di “mezzi colori” tenui che conferiscono alle immagini un aspetto particolarmente onirico e nebuloso.
In effetti, molte delle immagini di Piro hanno un che di nostalgico e stranamente riconoscibile. L’ombra su un muro a Cefalù; un groviglio di fiori di campo sul ciglio della strada; un tramonto a Mondello; due Martini sbiaditi dal sole su un tavolino rotondo all’Harry’s Bar di Venezia; un’insegna in stile vintage in spiaggia; la vista attraverso la persiana di una finestra di città… Ognuna di esse è in qualche modo assolutamente specifica e del tutto a-specifica allo stesso tempo.
Che abbiamo visitato o meno quei luoghi esatti, conosciamo fin troppo bene le sensazioni, la luce e la bellezza che evocano. Nelle sue foto riaffiorano vaghi ricordi di estati italiane passate, di vite vissute (o immaginate) e di sogni lontani. Ed è nella loro immobilità e nel loro silenzio che le fotografie di Piro hanno il potere più grande di tutte.











