I film di Antonioni non sono mica facili, ci vuole pazienza e magari una bella bottiglia di vino. E come ogni buona bottiglia, più passa il tempo, più si aprono.
Formatosi inizialmente come artista e pittore, e poi critico cinematografico, era parte del movimento del Neorealismo italiano. Mentre l’Italia prosperava nel dopoguerra negli anni ’50, i film neorealisti si concentravano sulla vita quotidiana della gente comune, spesso usando attori non professionisti e focalizzandosi sui poveri, con temi politici sottostanti. All’inizio degli anni ’60 c’è stato un boom economico in Italia che ha portato Antonioni a spostare l’attenzione sulla classe medio-alta della società italiana. Il suo lavoro si è concentrato sul guadagno finanziario e materiale e sul conseguente malessere esistenziale e crisi spirituale che accompagnavano la rapida crescita dell’Italia.

I suoi tre film più famosi, L’avventura, La notte e L’eclisse, sono una trilogia non ufficiale che tratta temi di isolamento, alienazione e angoscia esistenziale. Riflettevano anche su un’Italia in rapido cambiamento. Tutti e tre i film sono incentrati su una protagonista femminile e il suo punto di vista, che era una scelta particolarmente audace per l’epoca. È attraverso la loro prospettiva che Antonioni sceglie di esplorare la complessità della vita umana e il nostro rapporto con il mondo. La sua sensibilità per la vita e l’empatia si sentono in ogni fotogramma.
Anche se i suoi film sono normalmente discussi per la loro attenzione all’alienazione, all’isolamento e all’angoscia esistenziale, al loro centro, tutti i suoi film parlano delle relazioni tra uomini e donne.
Antonioni era un artista modernista che lavorava visivamente con l’astrazione. Era un maestro della composizione e usava l’intero fotogramma del film per raccontare la storia e suscitare emozioni. I luoghi che sceglieva erano importanti tanto quanto gli attori. Usava l’architettura e i paesaggi urbani in modo prominente nei suoi film, spesso come giustapposizione tra nuovi complessi residenziali ed edifici industriali contro quelli antichi, soprattutto a Roma. Usa frequentemente cornici dentro cornici: finestre, porte, recinzioni e spazi aperti per separare i personaggi l’uno dall’altro o dal mondo.
Mentre tutti i personaggi vivevano una sorta di tormentato malessere esistenziale, lo facevano con stile. Il guardaroba chic di tutti i personaggi era profondamente considerato dal regista e sottolineava il nuovo status della classe alta italiana dell’epoca. Antonioni non si perdeva mai un’occasione per rivelare il carattere.
Antonioni aveva un modo distinto di giocare con il tempo, allungando la realtà e portando l’attenzione sui piccoli dettagli che altrimenti potrebbero essere trascurati. Usava lunghe riprese e movimenti di camera spostando l’inquadratura e gli angoli senza mai staccare. Mentre la maggior parte dei registi di Hollywood all’epoca avrebbe fatto un primo piano nel momento più emotivo di una scena, lui si allontanava per un’inquadratura ampia per esporre la dura realtà dei suoi personaggi.

Antonioni's Eclisse
E per fare esperienza di Antonioni, inizia con L’eclisse, la fine di una trilogia e il trampolino di lancio per un’altra. L’eclisse è stato il film che mi ha aperto gli occhi sul suo stile visivo davvero distintivo e sulle possibilità di usare il linguaggio cinematografico. Per i primi dieci minuti del film ci sono solo due personaggi, soli in una stanza di un appartamento moderno e sterile. Non c’è dialogo, non c’è musica – la realtà è allungata. E attraverso questo, i suoi personaggi e la loro relazione sono rivelati puramente attraverso le immagini. Posso dire con sicurezza che non sto svelando la trama qui, perché essenzialmente non c’è trama. I suoi film riguardano la pura esperienza del cinema e dell’emozione umana. I suoi film prosperano sull’ambiguità; invita lo spettatore nella conversazione, una conversazione che è ancora rilevante per tutti noi oggi.