Ci siamo fatti strada tra i pini, attraverso i cespugli e rami caduti, finché non abbiamo raggiunto una radura, illuminata d’argento dalla luce della luna delle fragole. Anche se eravamo le uniche persone per chilometri, non osavamo parlare più forte di un sussurro, per non disturbare la naturale tranquillità del bosco. Continuavo a pensare a quel detto: ‘Se un albero cade nel bosco e nessuno è lì per sentirlo, ha fatto rumore?’ Se ti innamori nel bosco e nessun altro è lì per vederlo, è successo davvero?
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Le estati dei miei primi anni da adolescente le passavo sempre al campo estivo – per me, l’estate era sinonimo di fitte foreste di conifere, lezioni di nuoto in laghi ghiacciati e lunghe notti a spettegolare alla luce del falò. Crescendo in Canada, di certo non mancava la natura, ma come per segnare il rito di passaggio dall’infanzia all’età adulta, l’estate dei miei diciotto anni io e alcuni amici abbiamo scambiato i dolci pendii dei Laurentians per le vette innevate e altissime delle Alpi italiane.
Sono rimasta subito affascinata dalle acque cristalline dei laghi; le acque in cui ero abituata a nuotare erano scure e fangose. Questi laghi, cullati da montagne così alte che riuscivo a malapena a vederle tutte insieme, sembravano un altro pianeta. Abbiamo montato il nostro campo nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, e mentre i miei amici si accontentavano di stare vicino alla base, io volevo assorbire il più possibile.
Una sera, sedotta dal modo in cui il sole al tramonto stava tingendo d’oro tutto il lago, ho deciso di prendere una canoa e uscire sull’acqua, da sola. Con ogni colpo di pagaia, sentivo l’acqua che tirava sotto di me, ogni immersione rompeva la superficie immobile mentre si increspava. Avvicinandomi alla riva, il mio stato di trance è stato interrotto da qualcuno che salutava con entusiasmo. Ho remato più vicino. Mi ha salutato con un ‘ciao’ e un sorriso birichino. È stata la mia prima lezione di ospitalità italiana: voleva invitarmi a un falò.
Ogni briciola di buon senso che avevo mi diceva di non seguire uno sconosciuto nel bosco, soprattutto non quando sei in un posto sconosciuto, da sola, con una ricezione cellulare pessima. Dagli la colpa all’invincibilità della gioventù, o allo stupore meditativo in cui mi trovavo, ma per qualche motivo, ci sono andata (mia madre mi avrebbe uccisa se l’avesse saputo).
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Abbiamo compresso tutte le fasi dell’innamoramento nelle due settimane che avevamo insieme; sguardi rubati e primi baci e condivisione di dolori e prime litigate e battute private ed esplorazione di questo angolo di mondo che sembrava estendersi all’infinito. Ci siamo innamorati alla follia e in fretta – o almeno, io l’ho fatto – e per la prima volta nella mia giovane vita, non mi sono trattenuta.
È diventato la mia guida della Valle d’Aosta, mostrandomi i posti che aveva esplorato crescendo con la sua famiglia. Abbiamo fatto un’escursione al Mont Avic, dove i fiori selvatici coprivano i pendii in technicolor. Mi ha portato agli antichi castelli di Fénis e Sarre, dove gli echi della storia sussurravano attraverso i muri di pietra. Sembrava sapere tutto di storia e arte e quali piante erano sicure da raccogliere e gettare sulla brace con il nostro cibo più tardi. Ogni cellula del mio corpo vibrava in un modo che non sapevo fosse possibile; mi sentivo ubriaca di bellezza e del brivido di un amore estivo. Non era solo l’altitudine a togliermi il fiato.
Anche se ci siamo conosciuti per meno di un mese, il nostro tempo insieme ha lasciato un segno indelebile, nel modo in cui l’intimità si forgia così rapidamente e profondamente quando il tuo cuore è nuovo di zecca, quando le lunghe giornate estive si allungano in notti ancora più lunghe, quando non ci sono aspettative e la vita reale sembra a anni luce di distanza.
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Sdraiati sulla schiena quella notte finale, abbiamo guardato la luna, piena e matura, proiettare un riflettore sull’acqua. Il lago era nero come l’inchiostro quanto il cielo notturno. Siamo rimasti lì, braccia e gambe intrecciate, per ore. Non ricordo di cosa abbiamo parlato ma non importa. Non abbiamo mai detto Ti amo, non abbiamo mai fatto piani per rivederci, e non l’abbiamo mai fatto. Ma anche adesso, dieci anni e diverse relazioni dopo, penso a lui nelle notti estive quando vedo la luna piena.