Sul finire dell’estate, ad Amalfi i pergolati di limoni sbrilluccicano nell’alba appena svaporata. Con quella lentezza tipica di certi borghi del Sud, nell’aria meno indulgente foriera della stagione che giunge, si spalancano le persiane e le prime botteghe sollevano le serrande: nel giro di un istante il via vai di turisti invade già i vicoli del centro.
Antica repubblica marinara, Amalfi sfruttò massimamente il contatto con l’Oriente da cui apprese una tradizione antichissima che ancora oggi, a distanza di secoli, riscuote un fascino smisurato e la rende celebre dappertutto: la produzione della carta. Quella di Amalfi è stata una delle prime carte prodotte in Europa grazie agli innumerevoli traffici commerciali con gli Arabi, che a loro volta appresero la tecnica dai Cinesi. Gli Amalfitani impararono a sfruttare nuove risorse, l’acqua in particolar modo, e furono tra i primi a intuire l’importanza che il prodotto cartaceo avrebbe potuto riscuotere.
L’ultima e unica cartiera ancora attiva ad Amalfi appartiene alla famiglia Amatruda che dal XV secolo porta avanti la tradizione del fabbricare carta. Nella valle dei Mulini, la parte più interna della città, la cartiera si sviluppa su più livelli lungo il fiume Canneto, in una struttura antichissima alla fine di una viottola in salita che la collega alla piazza del Duomo. In seguito a un’alluvione, che colpì la città nel 1954, quasi tutte le cartiere furono distrutte. Grazie all’intervento di Luigi Amatruda, che reinventò un prodotto destinato a un settore di nicchia e all’editoria di lusso, la cartiera sopravvisse e oggi Amatruda è l’unica famiglia residente ad Amalfi che continua a produrre la carta nella stessa città. E per Amalfi la carta è, letteralmente, un biglietto da visita: la pregiata produzione della cartiera dialoga perfettamente con una cittadina che tra i propri vicoli ospita artigiani e botteghe in cui, appunto, è possibile acquistare i prodotti marchiati Amatruda.

Tra le eccellenze del made in Italy, quello del cartaro è un mestiere storico sopravvissuto nei secoli: ad Amalfi e lungo la Costiera, sin dal XIII secolo si fabbricava la carta di cenci, detta bambagina. Gli stracci, generalmente panni di cotone o di lino, venivano sbiancati, sminuzzati e impastati con l’acqua; macinati, si riducevano in una poltiglia in cui si immergeva la forma, ossia una tela con una bordatura in legno e al centro una filigrana. La filigrana è fondamentale per contraddistinguere i cartari e la tipologia di carta prodotta: quella di Amatrulo raffigura uno stemma con tre gigli angioini, il che attesta che la famiglia fabbricasse carta già durante la dominazione angioina nel Regno delle Due Sicilie (1282-1442). Questo dato testimonierebbe che gli Amatruda siano Amalfitani da diversi secoli e che la loro storia nel settore della fabbricazione della carta sia strettamente connessa a quella della città.
Dalla forma la poltiglia veniva quindi trasferita su dei panni in feltro, realizzando una catasta in cui i fogli di carta si alternavano al feltro, poi pressata da un torchio per consentire la fuoriuscita dell’acqua. La fase dell’asciugatura, prima che i fogli venissero lisciati e controllati accuratamente uno a uno, avveniva nello spandituro, la parte più alta della cartiera: qui la presenza di grandi finestre, dunque di correnti d’aria, garantisce l’asciugatura dei fogli di carta appesi su lunghi fili di ferro che corrono lungo il soffitto.

È uno degli artigiani, Michele, che mi accoglie nella cartiera e spiega dettagliatamente tutte le fasi di lavorazione della carta conducendomi, stanza dopo stanza, in un viaggio fuori dal tempo. Michele si fa largo tra pile altissime di fogli, taccuini, biglietti e carta da lettera, indicando macchinari di cinquecento anni fa tuttora funzionanti. «Qui non esistono i computer», dice, «è tutto fatto dalle persone. Siamo pochi, ed è come se fossimo in famiglia».
Quella degli Amatruda è infatti l’ultima famiglia rimasta ad Amalfi ad alimentare una tradizione artigiana e secolare che non smette di ammaliare e sedurre, con una produzione a cui quotidianamente si presta con dedizione e tanto, tantissimo amore e che oggi è condotta da Giuseppe, giovanissimo, a capo dell’ultima generazione della storica famiglia. Presso la cartiera la lavorazione a mano prosegue da oltre settecento anni: al di là dell’aura fatata che lo avvolge, assistere allo straordinario processo che porta alla creazione di un singolo foglio di carta consente di avere ancora più contezza del valore e dell’eccellenza di un lavoro artigiano che è ormai un vanto nazionale, oltre che di apprezzare un prodotto di pregio unico, bellissimo. Una volta immersa la tela nell’impasto, il resto del lavoro lo fanno infatti il movimento dei polsi, il tocco, l’abilità manuale. Qualità, manodopera e bellezza: dagli Stati Uniti al Medio Oriente, fino ad arrivare in Giappone e in Indonesia, la cartiera Amatruda ha ormai sviluppato collaborazioni con numerosi paesi, esportando ormai ovunque un prodotto di cui è impossibile non innamorarsi, dalle partecipazioni di matrimonio ai segnalibri, dai biglietti da visita, alla carta per dipingere. Particolarissima la carta con i fiori, che si realizza immergendo i fiori freschi, raccolti nelle valli attorno alla cartiera, nella vasca contenente la poltiglia in cui si intinge la forma.
È un lavoro che richiede una cura e un’attenzione amorevoli, quello del cartaro; spostandomi da una stanza all’altra la sensazione è quella di assistere alla creazione di una piccola poesia che a tratti commuove, che ogni giorno si ripete e inorgoglisce chi vi partecipa.
Il silenzio, quando le macchine non sono in funzione, scandisce i gesti degli operai ed è riempito dall’odore umidiccio e difficilissimo da dire di un foglio di carta appena nato.
Tra colonne di fogli che reinventano i principi architettonici il tempo è immobile, e del mondo fuori si perde ogni traccia. Nella stanza più in alto, quella adibita all’asciugatura, una sorta di stendibiancheria d’altri tempi corre lungo il soffitto, sebbene qui la luce non riesca a insinuarsi: non vestiti che asciugano al sole, ma carta da lettera. Il principio di un Caro diario…
