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Alta Langa, il Nuovo Marchio del Territorio

“Se la Langa ‘bassa’ è terra di rossi sempre più caldi, sulle colline alte e più fresche si producono bollicine, ora più popolari nel consumo mondiale di vino.”

Un vassoio per la colazione con frittelle, salsa e una tazza su un letto disordinato in una stanza d'albergo a luce soffusa; lampada sul comodino, loghi a destra. Hotel d'Inghilterra Roma, Starhotels Collezione - Vassoio per la colazione con pancake, sciroppo e frutti di bosco su un letto stropicciato in una camera elegante.

Langa, in piemontese, significa “collina”; Langhe, in italiano, definisce uno dei territori più famosi al mondo quando si parla di vino e cucina. Oggi, però, “Le Langhe” è diventato un concetto plurale che comprende la storia del vino italiano, passata e presente, oltre ai marchi emergenti.

Guardando la mappa, stiamo parlando di una zona collinare tra le valli del Tanaro e della Bormida, tra le province di Asti e Cuneo. Per descriverla a uno straniero che pensa su altre scale, dovrei dire tra Courmayeur e Portofino; per entrare nel merito di questa storia tutta italiana invece, bisogna usare un microscopio e tenere una mappa in mano. Oggi, Le Langhe, insieme a Roero e Monferrato, sono spesso citate tutte insieme perché sono state riconosciute come Patrimonio dell’Umanità UNESCO per il loro particolare paesaggio viticolo e le tradizioni culturali legate alla viticoltura, ma hanno identità distinte tra loro, e persino al loro interno. È un gioco di matrioske e confini sovrapposti, difficile da capire anche da poche valli di distanza, ma dice molto sul vino e sull’economia di queste terre.

Le Langhe Made in the 90s

In totale, il territorio UNESCO ha poco più di 10.000 ettari di terreno, un terzo delle dimensioni della regione dello Champagne, ma se parliamo delle Langhe del Barolo, la zona più famosa, allora possiamo restringerci a poco più di 3.000 ettari. Le Langhe del Barolo, del Barbaresco e del Tartufo Bianco d’Alba (e Nutella), sono le più conosciute e sono diventate famose alla fine degli anni ’90 grazie ai grandi rossi storicamente vinificati tra queste colline. Sono la meta di pellegrinaggi enologici e tour gastronomici in eleganti ristoranti stellati o a bordo di pullman per cacce al tartufo organizzate. Nel corso degli anni, qui si è sviluppato uno dei più grandi esempi di turismo enogastronomico italiano: le cantine sono diventate centri di attrazione, l’alta cucina è stata valorizzata, i bed breakfast sono spuntati praticamente ovunque, i prezzi delle bottiglie sono schizzati alle stelle e i vigneti di prezioso Nebbiolo si sono diffusi occupando ogni angolo libero di terra. Hanno fatto da apripista. Il paesaggio intorno ai paesi di Barolo, La Morra, Monforte e Serralunga d’Alba è segnato da filari ordinati e preziosi di viti, e non hanno lasciato più spazio per nient’altro – né un orto, né un bosco. Queste sono solo “Le Langhe” che oggi potremmo chiamare ” basse” per la loro altitudine e perché sta emergendo un altro territorio che è, allo stesso tempo, una nuova toponimia: “alta“.

Il Nuovo Concetto di Alta Langa

Alta Langa è un bel concetto: suona bene, suggerisce altitudini e purezza. È una definizione che include, a seconda del punto di vista, un’area geografica, un vino, un marchio territoriale e una nuova prospettiva sullo sviluppo turistico. Guardando la mappa, l’Alta Langa è quella zona al confine con la Liguria che occupa le altitudini più elevate, generalmente oltre i 500 metri e fino a 900 metri, dove le colline sono ripide e il paesaggio è selvaggio e meno urbanizzato. Raggiunge altitudini che tradizionalmente non ospitavano vigneti ma boschi, capre e noccioleti, e dove, fino agli anni ’80, si poteva persino sciare. Oggi a Bussolasco, il paese delle rose, gli impianti di risalita non ci sono più, però, e invece si stanno costruendo nuovi resort, guardando all’esempio dei loro vicini di bassa langa vicini e stappando un nuovo vino con radici antiche, Alta Langa DOCG.

L’Autodeterminazione dell’Alta Langa DOCG

Non è rosso e non è fermo. L’Alta Langa DOCG è uno spumante che segue le specifiche dello champagne in termini di metodo di produzione e uve. Se la Langa ‘bassa’ è terra di rossi sempre più caldi, sulle colline alte e più fresche si producono bollicine, ora più popolari nel consumo globale di vino. Il clima cambia, i gusti cambiano e così la geografia dei territori.

L’idea è relativamente recente: il ‘Progetto Spumante Metodo Classico in Piemonte’ e le prime viti sperimentali di chardonnay e pinot nero nella zona risalgono, infatti, ai primi anni ’90, la prima bottiglia di Alta Langa al 1999. Oggi la DOCG si produce in 149 comuni delle province di Asti, Alessandria e Cuneo, a partire da 250 metri sul livello del mare e (per ora) in meno di 600 ettari di vigneti. Lo so, è complicato: l’Alta Langa è un territorio e l’Alta Langa DOCG è un vino, ma il vino si produce anche altrove, su alcune colline di un territorio più ampio non lontano. La cosa interessante è che il ‘marchio’ Alta Langa si sta facendo strada come destinazione e idea di viaggio, fuori dai sentieri battuti, oltre i paesaggi monoculturali di Barolo e Barbaresco. Nuovi indirizzi hanno abbracciato la promessa, capitalizzando sul nome. C’è stata una fioritura di residenze appena aperte, ristoranti, caseifici e piccole strutture ricettive, tutte etichettate ‘Alta Langa’ perché hanno colto l’opportunità in termini di marketing. Dopotutto, il principio di autodeterminazione dei popoli si applica anche nelle scelte di branding.

Riddling is the process of gradually rotating and tilting bottles of sparkling wine, typically at a 45-degree angle, to move sediment towards the neck for removal during disgorging, and a key part of the Champenoise method

Bollicine, Tra Tradizione e Innovazione

L’idea dell’Alta Langa (vino) si è rivelata una strategia lungimirante che 40 anni dopo sta premiando i produttori che ci hanno creduto per primi. Le cantine fondatrici del progetto, ‘le sette sorelle’, includono nomi come Cinzano, Contratto, Gancia e Riccadonna – giganti specializzati nel Moscato d’Asti, il primo spumante italiano, nato a pochi chilometri di distanza intorno alla città di Canelli. Ora bisogna fare un altro salto indietro nel tempo, all’inizio del XIX secolo. La storia delle bollicine italiane ha le sue radici proprio tra le colline del Piemonte e deve la sua origine a Carlo Gancia, che nel 1848 andò a studiare in Francia e successivamente nel 1865 perfezionò la produzione di spumante italiano utilizzando il metodo ‘champenoise’; piantò il primo pinot noir della zona. Ancora oggi, questi preziosi spumanti riposano per anni nei pupitres delle scenografiche cattedrali sotterranee Patrimonio dell’UNESCO scavate nelle colline di tufo di Canelli, una tradizione a cui hanno attinto più di un secolo dopo per la produzione del brut Alta Langa.

Rilanciare il Moscato d’Asti

La storia sarebbe filologicamente impeccabile se non fosse per una storia recente che molto spesso viene tralasciata nel racconto del vino italiano… Tra gli spumanti del passato e quelli di oggi, c’è tutta una parentesi che ha dettato per anni il destino della vinificazione locale in termini di bianchi: quella del già citato Moscato d’Asti. Le stesse cantine storiche che hanno fatto la storia antica e moderna delle bollicine sono anche quelle che hanno gettato le basi per la produzione industriale di questo vino, che dagli anni ’60 in poi è diventato estremamente popolare in tutto il mondo. Grazie ai miglioramenti tecnici, la produzione di questo vino spumante dolce e aromatico (non un brut come l’Alta Langa) cresce fino a inondare il mondo intero e gli scaffali dei supermercati, con picchi durante le festività quando viene stappato per accompagnare l’anch’esso industriale panettone. (Anche se questo pane dolce non è il suo abbinamento ideale – sono meglio i dessert leggeri e a base di frutta.)

Ma i gusti stanno cambiando, i vini secchi sono i preferiti del mercato e la produzione massiccia non è più sostenibile. All’alba del terzo millennio, 100 milioni di bottiglie di Moscato D’Asti richiedevano una diversificazione, con l’obiettivo di valorizzare un vino che rischia di essere associato esclusivamente a bottiglie popolari a basso prezzo. Sono iniziati gli esperimenti, vinificazioni secche e non dolci, la ricerca di una maggiore qualità, un rilancio del posizionamento del marchio. Alla ricerca di nuove strade, quella dell’Alta Langa sembra essere quella che sta avendo successo.

Gemma inside of Osteria Da Gemma

Ecco una lista breve di posti dove mangiare, bere e dormire in Alta Langa:

F.lli Gancia – Dove tutto è iniziato e dove puoi esplorare la storia delle bollicine piemontesi. La visita alle cantine, una delle Cattedrali Sotterranee Patrimonio dell’UNESCO, è bellissima.

Borgo Maragliano – Questa cantina a conduzione familiare è stata tra le prime a iniziare a sperimentare con il pinot noir. Sorseggerai ammirando le colline dalla sala degustazione panoramica.

Casa di Langa – Questo eco-resort di design è dove puoi immergerti in 42 ettari di vigneti e capire il nuovo corso del territorio dal punto di vista dell’ospitalità.

Le due matote relais – Trova cucina in stile campano in questo resort con poche camere a Bussolasco, il Paese delle Rose. È il punto di partenza perfetto per un road trip con tanto di picnic.

Trattoria Madonna della Neve – Fondata nel 1952, questo ristorante è una cosa mitica nella zona. I locali vengono qui per mangiare agnolotti del plin serviti senza sugo, su un tovagliolo di lino, e ottimi secondi a base di carne.

Osteria da Gemma – Questo menù fisso a €34 presenta la ormai famosa pasta fatta in casa dalla signora Gemma. È un’istituzione della gastronomia piemontese e perfetta per pranzo. È praticamente sempre prenotato con quattro mesi di anticipo. (Trova l’articolo di Italy Segreta su Gemma qui.)

F.lli Gancia

Borgo Maragliano

Casa di Langa

Le Due Matote Relais

Trattoria Madonna della Neve

Osteria da Gemma