Dai, raccontaci un po’ di più del tuo background e del tuo lavoro attuale.
Sono una sceneggiatrice e regista basata in Italia. Il mio primo film si chiama Amanda, e l’ho girato in Piemonte. Per Amanda, mi sono ispirata alle classiche eroine delle storie per bambini, soprattutto quelle europee, come Pippi Calzelunghe o Matilda, ma anche Eloise al Plaza. Mi piace metterle in situazioni completamente diverse – in questo caso, una già cresciuta, sui venticinque anni. Ho fatto lo stesso con Donya, la protagonista di Fremont, ma in questo caso sono partita dalle classiche eroine romantiche. Penso che ci sia sempre un po’ di sé nei personaggi principali, ma non così tanto nel mio caso.
Come vedi il futuro dell’industria cinematografica in Italia?
Non credo che il cinema italiano stia attraversando un momento di rinascita, ma di certo non sta morendo; credo che il cinema non morirà mai.
Quali sono i maggiori ostacoli e soddisfazioni che affrontate lavorando in questo paese?
Adoro girare in Italia in posti meno conosciuti, meno tradizionali e meno tradizionalmente belli, perché non sono spesso rappresentati al cinema. L’Italia sembra un paese visivamente ben documentato, ma i paesaggi sono estremamente vari, con alcuni abbastanza nascosti (come sai!), quindi puoi davvero ricreare qualsiasi tipo di nuova estetica pur rimanendo realistico. Per il mio primo film, cercavo luoghi che sembrassero sospesi nel tempo e nello spazio; per il film che sto preparando ora, stiamo cercando luoghi che sembrano disegnati dai bambini.
Quello che apprezzo anche del girare in Italia è l’approccio personale e artigianale delle persone che lavorano sul set e in altri reparti. Credo che questo derivi dalla nostra storia e tradizione del cinema d’autore. Secondo me è un modo unicamente italiano che si è conservato nel tempo e che non vogliamo cambiare.